di Piero Murineddu
Non solo ciabattino ma anche costruttore di scarpe
La bottega di calzolaio l’aveva in Carrèra Longa masthru Mattèu, l’attuale via Umberto, poco più giu della casa dove son nati e cresciuti i quattro fratelli Tanda, Nicola, Giampaolo, Francesco e Ausonio, quest’ultimi pittori di dichiarata fama. Arrivava da Martis il giovane e affascinante Matteo. Il mestiere di calzolaio l’aveva ereditato dal padre e lui l’ha lasciato in eredità a Paolino, uno dei suoi figli.
Finiva il lavoro a tardissima sera, masthru Mattèu. Dalla mattina presto tic e tac tic e tac col preziosissimo martelletto tenuto dalle sue espertissime mani.
Andavano i poveri pastori: “Mattè, soggu a l’ischuzza…cumenti fozzu..” e lui non esitava ad accontentarli, rimanendo spesso oltre la mezzanotte col suo tic e tac tic e tac e con il lume a petrolio sul banco di lavoro.
Teneva un pietrone bello liscio masthru Mattèu, sopra il quale pestava la pelle, per poi cucirla con la cordicella impeciata. Per rifinire i bordi delle solette usava pezzetti di vetro.
Al tempo vi erano a Sorso parecchi ciabattini, ma conoscendone la bravura e la precisione, molte promesse sposine andavano da lui per ordinarsi le scarpette, e nel giorno tanto atteso, grazie anche a queste luccicanti scarpettine, la bella figura la facevano sicuramente. E col vestito bianco poi! Almeno in origine, il candido colore del vestito richiamava la verginità (allora frequente, oggi molto, molto, ma molto meno!) che ancora si preservava fino alla prima notte di nozze, “infuocata” per certuni pazienti neo mariti, “cileccante” per altri…..
Cantadori…..
Certo, cantadori. E anche bravo. Che se la cantasse durante le lunghe ore di lavoro non è dato saperlo, ma sicuramente se la fischiettava per ritmare meglio il suo tic e tac tic e tac mattiniero.
Cantarsela però nei festivi palchi paesani è cosa certa. Eccome se lo è ! E dov’è che non lo hanno chiamato a masthru Mattèu, chissu di Razzu? Gli “sfidanti” nel canto variavano, ma Aldo Cabitza e la sua magica chitarra non mancavano quasi mai.
Senza pinsà ghi a cantà l’hani giamaddu puru a la radio. Ma gosa “Radio Nova”! Quella non era ancora neanche nei pensieri dei fondatori. Radio come radio italiana, caspiterina! Non ci credete? E allora questa è la prova. Il compenso di tremila lire per il rimborso del viaggio a Cagliari…
…..sunadori……
Eia, sunadori, e di iesgia buru. Lui non mancava mai ad animare la tredicina in onore di Santa Luzia nella chiesetta di Sant’Anna, scorrendo dolcemente le dita sulla tastiera dell’armonium e muovendo forsennatamente i piedi per pompare aria ai mantici dello scassato strumento. E allo stesso tempo se la cantava masthru Mattèu lu cazzuraggiu, con la sua potente e melodiosa voce: “Tròppu rasgioni b’hai, me surè…. da gandu è mancaddu masthru Mattèu, ghissa iesgia è dibintadda un musthoggiu...”
Ma non solo suonatore in chiesa.Masthru Mattèu Se la cavava anche con la chitarra e addirittura con la fisarmonica, ghi a fall’andà no è gussì fazziri.
Molto impegnato col lavoro masthru Mattèu, ma vuoi che non andasse almeno qualche volta i li buttighini di Sossu e di Sassari a ralligrá la cumpagnia col suo canto e la sua musica, tra una tazzita di binu bonu, un piattu di faba a la ribisari e un poggu di munzetta beddha gundidda cun agliu e pebaroni? Cussí è, eddhu buru abìa dirittu di dibisthissi un poggu, dabboi ghi sthazia tutta la santa chedda triburendi cun ghissu tic e tac tic e tac chi z’intrazìa i Lu zeibeddhu di li vizini!
….e organizzadori di viaggi
Anche questo ha fatto. E i partecipanti non mancavano al suo richiamo. Ha fatto girare li sussinchi pa mèzza Sardhigna. In pullman, si capisce…
La muglieri
Era di Martis masthru Mattèu, e a portarlo a Sorso è stata l’affascinantissima Lorenzina, al cui sguardo ammagliante il fascinoso Matteo non ha potuto resistere. Un giorno la bella giovinetta, di sei anni più grandetta del giovanotto, è andata a stare un po’ da una conoscente, amica o parente, nei dintorni di quel paesino di qualche centinaio di abitanti e …paffette! Il destino ha seguito il suo corso. il giovincello conosce la giovincella, scatta la molla, ed ecco la promessa di matrimonio, avvenuto non molto tempo dopo. Per essere più completi, c’è da dire che il babbo del giovane Matteo aveva perso la moglie e si era risposato, e, come capita, il giovinetto non vedeva molto bene che il posto della propria mamma fosse stato preso da una “bidrigga” (matrigna), con la quale evidentemente non andava molto d’accordo. Sta di fatto che il futuro masthru Mattèu, ovvero quell’uomo sempre elegante, imbrillantinato e ben educato che abbiamo conosciuto a Sorso, non vedeva l’ora di …..smamare dalla casa paterna. E fu così che, presi gli attrezzi del mestiere, il Matteo martese si trasferisce a Sossu. Per viverci, rallegrarlo ed arricchirlo con la sua gradita presenza.
Lorenzina aveva un negozietto d’alimentari, uno dei tanti, proprio lì vicino, sempre in Carrèra Longa. Col tempo hanno dato al mondo dei figli. Uno di questi, Paolino, n’ha tiraddu tuttu a lu babbu, cazzuraggiu e sunadori. Un’altra, Lucia, che ringrazio, mi ha dato gli spunti per ricostruire in breve la vita del ben voluto e stimato da tutti masthru Mattèu Razzu, calzolaio, cantadori, sunadori e chissà quante altre cose ancora.
Lunga e “canterina” vita la sua, scivolata letteralmente …su una buccia di banana. La caduta provocata,pian pianino lo ha portato ad intraprendere quell’ultimo Viaggio che lo ha introdotto nel Misterioso Infinito.
Ah, dimenticavo di dire che l’occasione di andare a casa di Lucia per sentirla raccontare del babbo, mi ha fatto conoscere suo figlio, Mario Serra, appassionato di pennelli e tavolozza. Ma di lui parlerò volentieri in altra occasione.
Per correttezza nella foto sul palco a Martis si riconoscono da sinistra: Degortes, Razzu, Porqueddu, Nicolino Cabizza e Luigino Cossu.
Grazie per la precisazione