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“Vietato l’ingresso agli zingari”

 

Intervista a Piero Terracina

 

Il cartello “Vietato l’ingresso agli zingari” non può non richiamarmi alla mente ciò che accadde allora: era una infamia allora e lo è anche oggi (P.Terracina)

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Piero Terracina, nasce a Roma in una famiglia ebraica, ultimo dei quattro figli di Giovanni Terracina e Lidia Ascoli. Nell’autunno del 1938 gli viene vietata la prosecuzione della scuola pubblica dalla promulgazione delle Leggi razziali fasciste in Italia. Nonostante il divieto il padre, un professionista, lo manda ugualmente a scuola, dove la maestra gli dice di restare fuori, perché ebreo, tra l’indifferenza dei suoi compagni. Terracina proseguì gli studi nelle scuole ebraiche fino a che, dopo essere sfuggito all’arresto durante il rastrellamento del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943, venne arrestato a Roma il 7 aprile 1944, su segnalazione di un delatore, con tutta la famiglia: i genitori, la sorella Anna, i fratelli Cesare e Leo, lo zio Amedeo, il nonno Leone David. Detenuti alle carceri di Roma, dopo un breve soggiorno nel campo di Fossoli, nella notte del 17 maggio del ’44 comincia il viaggio di deportazione in un treno di prigionieri italiani di origine ebraica.

Degli otto componenti della sua famiglia, Piero Terracina sarà l’unico a fare ritorno in Italia. Il dramma si consuma il giorno stesso dell’arrivo a Auschwitz: immatricolato con il n. A-5506, per Terracina comincia la quotidiana lotta per la sopravvivenza. Finalmente, il 27 gennaio 1945, arriva la liberazione, che Terracina può condividere con l’amico Modiano e pochi altri italiani sopravvissuti, tra cui Primo Levi.Ma il ritorno alla
vita fu per tutti lungo e difficile. Piero Terracina, dopo il ritorno dall’internamento, venne accolto ed integrato dalla comunità ebraica romana. Da allora Terracina vive a Roma, dove ha svolto l’attività di dirigente d’azienda.

Che reazione produce in lei la notizia della affissione del cartello “Vietato l’ingresso agli zingari”?

«Ritengo che questa sia una infamia. Ricordo quando furono emanate le leggi razziali contro gli ebrei in Italia. Erano leggi rivolte esclusivamente
agli ebrei, le altre minoranze, qui in Italia quantomeno, non erano a rischio, non erano perseguitate. Bisogna pensare che all’epoca gli italiani erano per la stragrande maggioranza fascisti e questo facilitò la promulgazione di queste leggi razziste, anch’esse un’infamia.
Gli ebrei – da cittadini che vivevano ormai da oltre ventidue secoli in questi territori – cittadini italiani a pieno titolo che, né più né meno
degli altri, avevano contribuito al progresso e alla civiltà del nostro Paese, si trovarono ad essere perseguitati. Furono emanate queste leggi
e la gente si adeguò immediatamente, andando forse oltre anche quelle che erano già provvedimenti vessatori. Non esistevano leggi che vietavano agli ebrei di frequentare i negozi, però, qualche commerciante fascista, di propria iniziativa, decise di affiggere su alcune vetrine cartelli con su scritto il divieto d’ingresso rivolto “Ai cani e agli ebrei”. È stata
per noi una cosa assolutamente scioccante, per  noi che avevamo vissuto in pace e in amicizia con tutti quanti fino ad allora. È difficile spiegare come possa accadere una cosa del genere. Di sicuro la maggioranza dei cittadini non ragionava più in maniera autonoma, ma con la testa del duce. Una frase allora ricorrente era «Il duce ha sempre ragione». Oggi in Italia non c’è un duce e ci auguriamo che non ci sia mai più in futuro. Questo fatto del cartello “Vietato l’ingresso agli zingari” non può non richiamarmi alla mente ciò che accadde allora, quindi posso dire che era una infamia allora e lo è anche oggi».

Perché secondo lei questo accade ai rom? Quali possono essere le ragioni che motivano un gesto come questo?

«Credo che esistano dei motivi che non sono certo delle giustificazioni.
Oggi in Italia abbiamo tante difficoltà, lo sappiamo. Difficoltà economiche e culturali: siamo rimasti indietro un po’ in tutti i campi e, quando ci sono queste fasi, la maggioranza sente il bisogno di addossare le colpe di queste difficoltà ad una minoranza. Lo fa perché, in quanto minoranza, non ha la possibilità di difendersi. Gli ebrei allora erano raffigurati come i portatori di tutti i mali e oggi, nel caso del cartello in questione, seppure si sia trattato dell’iniziativa di una singola persona,
ciò che temo è che si formi un gruppo sociale che porti avanti queste idee infami. È facile addossare le colpe ad una minoranza. L’unica cosa che si può fare, a mio avviso, è organizzare una protesta non soltanto da parte di chi è stato offeso, ma da parte di  simile. Quindi tutte le organizzazioni che difendono i diritti delle minoranze sarebbe bene che si unissero e
che portassero avanti una lotta comune, poiché il loro scopo fondativo è quello di difendere i deboli, attivare delle iniziative, lavorando con i  mezzi di comunicazione, che oggi hanno la possibilità di raggiungere molte più persone che in passato. È fondamentale bloccare ogni
iniziativa discriminatoria prima che essa si sviluppi ancor di più di quanto non lo sia già».

Uno dei commenti più significativi alla notizia del cartello è stata: «Gli ebrei hanno subito una persecuzione razzista e non si possono paragonare ai rom, che invece se lo meritano…». Perché questa differenza?

«È difficile da spiegare, e per fortuna queste non sono iniziative, oggi, perpetrate dallo Stato. Lo Stato, certamente, avrebbe il dovere di fare qualcosa per proteggere queste minoranze, perché sono esseri umani come tutti gli altri. Bisognerebbe che lo Stato sostenesse il progresso, anche culturale, di queste minoranze. Io frequento molto le scuole e mi capita spesso di incontrare ragazzi di etnia rom o sinti. Mi preoccupo sempre di conoscere la loro condizione all’interno della scuola, a
volte le insegnanti ne sottolineano le difficoltà legate ai disagi esistenziali che essi sono costretti a vivere e che hanno riflessi sul percorso scolastico, mentre ne ho incontrati altri che non hanno difficoltà e che affrontano con successo la loro formazione e spesso mi capita di
incontrarli alle scuole superiori. Come me ne accorgo? Perché nella mia attività di testimone che va ovunque ci sia qualcuno disposto ad ascoltarmi, e in particolar modo nelle scuole, io racconto sempre quello che ho vissuto in prima persona. Io non posso dire di aver assistito, ma sono certamente un testimone dello sterminio di rom e sinti avvenuto ad
Auschwitz il 2 agosto del 1944. Io ero là, era notte, e naturalmente nessuno di noi poteva uscire dalle baracche in ragione del coprifuoco. Mi trovavo nel campo D di Birkenau, che era diviso in vari settori, il settore A – era quello di quarantena – e il settore B. Nel settore B, al mio arrivo, vi erano i cecoslovacchi che, non so perc hé, erano stati ancora risparmiati dalla soluzione finale. Li avevano lasciati in quel settore, probabilmente per tentare uno scambio con dei prigionieri di guerra
tedeschi. Venivano dal campo di Theresienstadt, ma evidentemente
quell’accordo non fu raggiunto. La notte del 2 agosto del 1944 furono assassinati tutti i rom e sinti presenti nel settore E, che vivevano a pochi
metri da dove mi trovavo, separati soltanto da filo spinato della alta tensione. Non ho visto niente ma ho sentito tutto: la confusione terribile che ci fu all’arrivo delle SS, poiché evidentemente si era ormai compreso
cosa stesse per succedere. Fino a quel momento lo Zigeunerlager, come veniva chiamato, a me sembrava un’oasi felice, soprattutto perché c’erano tanti bambini e certamente molti di questi erano nati là dentro poiché uomini e donne erano rinchiusi assieme. E dove ci sono
bambini c’è speranza, c’è futuro.A me sembrava che fosse davvero un luogo felice. Invece quella notte del 2 agosto 1944 si levò una grande
confusione seguita da un profondo silenzio. Al mattino successivo, appena svegli, andammo subito a guardare dall’altra parte del filo spinato. Non c’era più nessuno, c’era solo silenzio, un silenzio doloroso, un silenzio agghiacciante. Siccome non erano arrivati trasporti di prigionieri il giorno prima, e si vedevano le ciminiere dei fori crematori
che andavano alla massima potenza, si capì che quella notte furono tutti mandati a morire. Quindi il ricordo è atroce. Ma non si tratta solo di questo. Io mi sono sempre sentito vicino ai rom, anche culturalmente,
poiché non possiamo dimenticare l’origine dell’ebraismo. Mi riferisco al tempo dei patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe, e pure in seguito, è caratterizzato da una  vita nomade. Soltanto dopo la schiavitù d’Egitto divennero stanziali, quando trovarono quella terra, la Palestina, o Israele a seconda. Quindi vi è un nomadismo delle origini nella storia ebraica. C’è una vicinanza indubbia quindi, dentro di me, con i popoli rom e sinti. E mi ripeto, per contrastare il fenomeno della discriminazione è necessario che le organizzazioni rom e le associazioni di non-rom lavorino assieme. La discriminazione indubbiamente esiste: si sentono molte persone che innanzitutto chiamano i rom zingari, e mi sembra che i rom percepiscano questo termine come dispregiativo, e soprattutto affermano il classico stereotipo che essi rubino. Allora io rispondo sempre a questa affermazione dicendo che  non è vero che tutti i rom rubano, e aggiungo la domanda: «Non è che siamo noi a metterli nella condizione di dover andare a rubare?».

Quando un padre e una madre non hanno da mangiare per i propri figli è naturale che vadano a chiedere la carità. Quindi dovremmo fare qualche cosa noi, e non soltanto impedire che ci sia l’accattonaggio o che si
dedichino al furto. Posso dire questo: io sono stato ad Auschwitz e Birkenau, e non c’era odio tra i prigionieri, però c’era la lotta per l’esistenza e, anche ad Auschwitz e a Birkenau, si rubava. Si rubava, che cosa poi? Non avevamo niente, ma se qualcuno per caso si metteva in tasca un pezzetto di pane, per mangiarlo poi in un secondo momento, rischiava che gli venisse rubato! I beni erano la ciotola, il cucchiaio, le scarpe, un pezzo di pane. Erano quelle le cose che si potevano rubare. Non c’era odio tra i prigionieri, ma si doveva trovare ogni modo possibile per andare avanti, e quindi anche rubare, per sopravvivere. E credo che questo accada anche oggi per molte persone tra cui anche molti rom e sinti, seppur mi sembra che qualcosa si stia muovendo».

A che cosa si riferisce, quali sensazioni ha?

«Mi sembra che oggi molti rom siano emancipati e dovrebbero essere queste persone più capaci ad organizzare gruppi di rappresentanza per far valere la loro presenza e la loro opinione, per far conoscere la loro cultura che esiste, per tentare di risolvere i problemi che conosciamo,
che dovrebbero essere risolti dallo Stato. Ma questo deve essere stimolato fortemente dalle richieste dei gruppi di minoranza. Altrimenti è molto difficile che cambi qualcosa».

Tutti conoscono il significato della parola ebraica Shoah, mentre credo che solo una piccola minoranza conosca il nome dell’olocausto dei rom, il Porajmos, e che si sia verificato. A questo proposito c’è qualcosa che un testimone come lei potrebbe suggerire alle comunità rom?

«Bisogna evitare reazioni violente. È necessario informare, far conoscere la reale situazione, e sfruttare i vari mezzi. Soprattutto bisogna insistere sul fatto che rom, sinti, o qualsiasi altra etnia, sono esseri umani e quindi devono essere protetti ed emancipati, devono essere aiutati. Questo è il compito: far capire che si tratta di esseri umani che vivono in condizioni spesso di grande disagio e perciò debbono essere aiutati e non vessati.
Penso che anche le differenti istituzioni religiose potrebbero fare tanto, e non parlo solo della religione cattolica che rappresenta la maggioranza. Ci sono altre organizzazioni religiose che si possono adoperare per far
capire alla gente, attraverso la loro influenza, che i rom non sono cittadini di seconda categoria, ma sono persone che vanno aiutate e lo ripeto perché è la cosa più importante!».
(*) tratto dal dossier-ricerca “VIETATO L’INGRESSO”
curato dalla “Associazione 21 luglio”

 

Articolo tratto dal periodico “Tempi di Fraternità”                                   Giugno – Luglio 2015

Il Ciuffo….parlante

 

 

 

Di tanto in tanto, ma tanto…tanto….taaaaanto, “babbo” Piero, il capobranco della famiglia di umani che mi ospita, mi porta a fare una passeggiata nello stranissimo paesotto in cui viviamo. Le poche volte che è di buon umore, s’intende. Generalmente, a fine passeggiata, “babbo” Piero mi chiede le impressioni che ho avuto, sui luoghi e umani incontrati. Difficile per voi crederlo, ma con mi babbo riesco a comunicare per benino. Siccome non sono tutti gli umani che riescono a capire il linguaggio di noi…..bestie, anzi, sono ben pochi, ho chiesto a “babbo” Piero di tradurre in linguaggio a voi comprensibile quanto a lui ho raccontato. Mi auguro che lo faccia nel modo più “umano” possibile. Di seguito, attraverso le sue parole, ecco quanto visto e vissuto da me quest’oggi. (Ciuffo)

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Le passeggiate di Ciuffo

 

di  Piero Murineddu (mi babbo)

 

Oggi babbo Piero si è svegliato con la luna di traverso, e invece di andare a lavorare all’Asl, si è messo a riordinare il piccolo cortile dove solitamente trascorro le mie giornate, inseguendo gatti e distruggendo piante. Si è dato proprio da fare, specialmente rimettendo la terra nei vasi che avevo capovolto e raccogliendo le puzzolenti cicche sparse qua e là da “mamma” Giovanna&amiche delle lunghe chiacchierate notturne. Comprensibilmente, mi babbo si dev’essere stancato molto, perchè, quando aveva finito ed io distrattamente ho rovesciato l’ennesimo vasetto col suo contenuto, mi ha inseguito per tutta la casa e quando è riuscito a prendermi mi ha dato due “ischaffiotti” che mi hanno tutto suddronato, dopo di chè mi ha preso in malo modo e mi ha buttato fuori di casa. Io non me l’ho presa più di tanto, perchè so che mi babbo mi vuol bene e le cose che fa, sono sempre a fin di bene. Infatti, dopo una buona mezz’oretta che si è stravaccato sul divano ansimante e mezzo infartuato, ha ripreso energia e buon umore e, messo il guinzaglio, mi ha portato a spasso con lui. Oggi, venerdì, in paese era giorno di mercato, per cui potete immaginare quanta gente vi era in giro alla ricerca di qualche acquisto di pochi centesimi, meglio se regalato. “Ih, che bellino” qua  “Ih, che bellino” là, finalmente siamo usciti fuori dalla bolgia di casalinghe umane con in mano una spesuccia di pochi citi , ma una parlantina veloce e ad alto volume che non si capiva lu babbu cu ru vigliòru. 

Mentre trotterellavo in zona Cappuccini, mi babbo si ferma a guardare in terra dove, in mezzo ad un mucchietto di foglie secche, bucce di caramelle e i soliti  mozziconi puzzolenti di sigarette, si vedeva anche il sorriso (evidentemente forzato) di un candidato alle ultime elezioni sussinche, avvenute non proprio qualche giorno fa. Mi babbo avrà pensato che qualche casalinga si era finalmente liberata di questo ridicolo e ipocrita “santino” elettorale, e che ora, a distanza di tempo, il volto di quel candidato non era affatto illuminato dal sorriso, anzi. Arrivati dal medico, giustamente babbo Piero mi lascia fuori, legandomi col guinzaglio al cancelletto d’entrata. Stando in attesa, nella strada hanno transitato molte persone ( “Ih, che bellino!“, ma vaff……) e diversi macchinoni,  “suv” mi sembra che si chiamino, che neanche fossimo nelle foreste africane per la caccia grossa. Ho visto una giovanissima coppia d’innamorati che se le davano di santa ragione e un’altra coppia di vecchietti che camminavano mano nella mano. “UUUhhhh, che tenereeeezzaaaaa che mi hanno fatto !“. Quando finalmente il mi babbo è uscito dall’ambulatorio dove sicuramente ha fatto sorbire al povero medico baffuto tutto il lungo elenco di acciacchi, ci siamo diretti verso la biblioteca comunale, dove non abbiamo visto entrare molte persone. Ri-anzi. Ci siamo avvicinati anche ad un cancello chiuso, dietro il quale s’intravedeva una strada scoscesa delimitata da alte piante, alcune delle quali mozzate alla base.

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I pochi gradini che portano al cancello erano coperti da spazzatura di diverso genere, compresa una bella piantina cresciuta spontaneamente, sopra la quale ho potuto liberare la mia vescichetta. Poco  in là, acciaraddi alla ringhiera, c’era un gruppo di turisti che, da quello che ho capito, stavano imprecando in norvegese per l’impossibilità di scendere giù per vedere la fontana che ha reso famosi in tutto il mondo gli abitanti di questo paesotto per le loro stravaganze, ben rappresentati dai loro governanti locali, i quali, invece di ammettere la loro sconfitta amministrativa e dare dignitosamente le dimissioni, continuano imperterriti a far scoppiare di rabbia i propri concittadini, facendo pagar loro tasse esorbitanti – probabilmente per cercare di supplire ai loro errori – orrori amministrativi e offrendo servizi di scarsissimo valore. Parola di Ciuffo.

Alla prossima. Bau bau ba

L’ultimo “viaggio” di Albino

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di Piero Murineddu

E così per il caro vecchio Albino questo pomeriggio c’è stato l’ultimo viaggio. “Senti, Piero, è da ieri che mi fa male qui” – “Non ti preoccupare, Albì, vedrai che domani non sentirai più nulla”. E la risposta è stata azzeccata, perchè l’indomani Albino, il mio carissimo amico Albino, ha finito veramente di penare, di trascinarsi dietro un corpo ormai troppo malandato. Un corpo che per novantadue anni ha ospitato uno spirito tenace e avventuriero. Era da giovane infatti che aveva deciso di imbarcarsi nelle navi mercantili, dopo che durante la guerra aveva preso dimestichezza col mare e col navigarci sopra. Praticamente, col suo lavoro aveva girato e rigirato il mondo, imparando anche diverse lingue. Durante gli ultimi anni che lo andavo a trovare, spesso lo trovavo intento a leggere qualche libro scritto in inglese o addirittura in greco. Il mio caro Albino! Quando era ancora in vita Liana, la moglie genovese, di tanto in tanto li sorprendevo mentre amabilmente “leticavano”. Due caratteri completamente diversi, e si sà, la vecchiaia coi suoi acciacchi, dopo una vita vissuta insieme, porta a insofferenze reciproche, per cui Liana, quando mi trovavo a conversare con lei, borbottava “contro” il marito, mentre conversando con lui, faceva altrettanto. Due persone che con mia moglie Giovanna abbiamo voluto bene, e il voler bene era naturalmente ricambiato dalla simpatica coppia. Hanno visto crescere i nostri due figli, Giuseppe e Marta. Per il nostro matrimonio, erano stati i primi a portarci il regalo. pur non sentendosela di partecipare. Forse temevano di …….non fare in tempo? Chissà! E chissà cosa penserà ora la cara Liana, ritrovandosi di fronte il suo amato Albino, naturalmente sempre ….borbottante.

A sorpresa, alla fine della Messa funebre, mi si presenta questo vecchietto, che dopo scopro essere il fratello di Albino che vive in Corsica da 57 anni: “Senti, posso fare un canto?“. Ascoltatolo brevemente, vedo che la cosa si può fare, per cui rinunciamo noi a fare il canto finale, lasciando la “scena” tutta per lui. Una sorprendente “Salve Regina” cantata in sardo. Sicuramente Albino, il fratello maggiore ormai liberato dal variare degli umori e dai troppi acciacchi del corpo, avrà sorriso e annuito piacevolmente, andandosene piacevolmente a passeggio, a braccetto con la sua Liana.

 

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E’ vero: sono “razzista”….al contrario

 

non mi trovo nella città multietnica

di Piero Murineddu

Questa è una delle lettere che giornalmente il quotidiano cartaceo pubblica, e se non vado errato, si possono recuperare nel sito dello  stesso giornale sassarese, La Nuova Sardegna. Personalmente, spesso le trovo interessanti, anche se l’autore deve comprensibilmente tagliare, tagliare  e ancora tagliare per riassumere il più possibile il proprio pensiero  che vuole porre all’attenzione pubblica. Per esperienza  diretta, è una regola che t’insegna ad essere sintetico il più possibile, ma spesso quei  800 – 1000 caratteri non ti permettono di sviluppare l’argomento come magari si vorrebbe.

Credo che il signor Tore Manca avrebbe voluto spiegarsi meglio, ma l’obbligo di rientrare nel numero di caratteri consentiti rimane, fatta eccezione per qualcuno, secondo discrezione del direttore o del suo delegato. Eppoi c’è il problema del titolo, che non sempre rispecchia fedelmente il contenuto del testo. Ma questo è un vecchio problema ancora non risolto. D’altra parte, anche se il lettore che manda la lettera l”introduce col titolo che lui ritiene più adatto, spesso e volentieri non se lo ritrova  quando apre il giornale.

Di questo testo su riportato, mi rimane che l’autore non è solo schizzinoso davanti al cibo e ai suoi odori che si spargono nei vicoli dell’antica città, ma lo è sopratutto  nei confronti delle ormai tantissime etnie, naturalmente precipitandosi sul finale a dire che lui no, non è assolutamente  “razzista”. Chiaro che la schizzinosità si esprime verso chi proviene dal Sud del mondo, non certamente verso i bianchi e indenariti turisti nordici. Embè – potrebbe obiettare la maggior parte delle persone “civili” e ben inseriti nel Pensiero Comunecosa c’è di strano? E’ logico che coloro che ci portano soldi sono più graditi di coloro che ce li “rubano!“. Ma certo, perfettamente logico, perfettamente e scontatamente lo-gi-co. Ormai il Cervello Ammucchiato è ben sincronizzato sulla Mentalità Comune. Strani sono quegli altri che si ostinano a pensare con un cervello indipendente, che si ribella e a volte tira calcioni decisi ma nonviolenti al Cervellone Centralizzato e collegato al Pensiero Ammassato.

Vi condivido un aspetto personale. Specialmente nel periodo passato, mia moglie e mia figlia quasi mi rimproveravano, considerandoni (*) un “razzista” al contrario, in quanto mi buttavo a capofitto per sostenere le tante situazioni disagevoli di zingari ed immagrati, tossicodipendenti o sbandati ch’essi siano, impippandomene quasi dei bisogni delle persone “come noi”, bianche e sussinche. Ebbene, ammetto che un pochetto lo sono, perchè il più delle volte vedo queste persone vittime di soprusi, incomprensioni, marginazione, prive di cultura, sprovveduti, spesso costretti al crimine per sopravvivere. E poi mi fanno sentire utile, il loro grazie non è per niente formale, con loro non mi aspetto il contracambio, il nostro rapporto non è all’insegna del do ut das. E non per ultimo, il loro contatto mi arricchisce, mi fanno sentire non parolaio ma fratello, o addirittura “babbo”.

Che c’è di strano se, a differenza di noi borghesucci, loro trascorrono nottate a danzare “ben vestiti”? Siamo per caso invidiosi? Rimango affascinato dalle loro lingue, mentre io parlo solo l’italiano e a malapena lu sussincu. Quando mi capita di passare nei vicoli sassaresi e oltre l’odore forte del piscio di animali e di umani, sento l’odore di spezie varie, sono a mio agio, anche perchè non mangio fritti e sono anche…fabico. Sono contentissimo quando per le strade vedo individui e gruppi di varie nazionalità. Sono affascinato dallo sforzo che fanno per imparare a parlare in italiano, mentre io non mi sono impegnato mai nè ad imparare l’inglese, nè tantomeno le tante lingue dei tanti che hanno deciso di migliorare la loro vita vivendoci accanto. Il più delle volte constato la loro lealtà e fedeltà alla parola data, mentre conosco molti miei conterranei truffaldini ed inaffidabili.

Per concludere, lo ammetto: sono un “razzista” al contrario

 

 (*)

Dicevo dei miei familiari che obiettavano al mio maggior coinvolgimento con le problematiche degli atranieri. Ultimamente però, sembra quasi che li stia contagiando, e di questo ne sono felice, anche perchè un piccolo occhio attento lo abbiamo anche sempre avuto per chi “vicino” patisce difficoltà, facendo quel che si può.

 

Il mio mare 2016

di Piero Murineddu

E quindi, qualcuno dei miei pochi lettori pensava che io fossi un extrasussincu, anomalo e per lo più viaggiante tra le nuvole. Cioè, forse è meglio puntualizzare con qualche esempietto.

1. Se il non frequentare regolarmente e giornalmente, mattina e sera, i bar a Sorso è una cosa anomala, beh, anomalo lo sono sicuramente.

2. Se il non tenersi le proprie opinioni per se, a volte e spesso costretto a pestare i piedi sensibili di qualche personaggio, specialmente  di quelli che posseggono particolari cariche è una cosa anomala, beh,anomalo lo sono sicuramente.

3. Se non avere un gruppo di amici fissi e sempre quelli coi quali fare bisboccia nei fine settimana con le proprie famiglie e all’occorrenza sentirsi protetti, forti e in assicurata compagnia, ma preferire  piuttosto curare diversificate relazioni con persone dai 2 ai 105 anni, qua, là  e ancora più in là è una cosa anomala, beh, anomalo lo sono sicuramente.

4. Se dal non sopportare per niente gli animali in casa, ora mi ritrovo a doverli e volerli coccolare mentre sono sdraiato in terra per far fronte alla calura notturna è una cosa anomala, beh,anomalo lo sono sicuramente.

5. Se non sono ossessionato dal far attenzione ad accontentare tutti e a non dispiacere  nessuno, siano essi familiari, parenti, vicini di casa, graduati con o senza stellette, impiegati pubblici e privati, fruttivendole, capoufficio e colleghe/i di lavoro……Ecco, se non essere così è una forma di anomalìa, beh,anomalo lo sono sicuramente………..

6. Se la maggior parte degli umani che abitano vicini al mare, già dal mese di maggio iniziano a fare i bagni e non la smettono fino a settembre inoltrato, ed invece io, quando va bene ne faccio uno-due per stagione è una cosa anomala, beh,anomalo lo sono sicuramente.

Boh, e qui mi blocco. Il primo e per adesso l’ultimo bagnettino nell’acqua salata l’ho fatto proprio domenica scorsa, insieme al mio amico Marseldo e a Marimelò. Uno spasso, uno- spa-sso – che –  non – vi -di – co. Ed ecco, puntualmente, il rimpianto di aver dovuto aspettare la fine stagione per decidermi. Si, c’è stato un precedente lo scorso 28 agosto, ma pur essendo in spiaggia, il mare è stato l’ultimo mio interesse. Ho fatto di tutto, salvo cedere alla tentazione di fare il  tuffettino. Agsiu ne aveva mia moglie “Piè, fattti il bagno che l’acqua è calda!” – “Giovà, fatti tutti i bagni che vuoi, almeno mi fai riposare un po’ le orecchie ed eviti di farmi scoppiare i …palloni da spiaggia!”. Credetemi, il giorno ho fatto di tu-tto:

1. caffettino e pastina consumati sulla sdraio e sfogliamento di giornale

2. lotta senza esito positivo per me con un gruppone di giovinotti e giovinette, che  arrivati comodamente sul tardi, hanno occupato il “nostro” fresco territorio. Sangue non se n’è versato, ma in compenso abbiamo fatto un regolamento di rispetto reciproco, con offerta di melone, susine e bicchieri per mettere i mozziconcelli puzzolenti di sigaretta

3. Abbiamo simpatizzato col vecchio bassista del “Banco del Mutuo Soccorso” che ci ha parlato delle sue due vite e di altro ancora, instaurando in una giornata una relazione d’amicizia e di confidenza che per costruirne un’altra di pari valore, non basta una vita

4. A sera abbiamo fatto tappa in un’antica chiesetta monastica, la cui penombra e fresco interni erano tutti per noi e per il nostro spirito orante

5.Siamo stati a casa del parroco artista di spirito monacale, insieme al suo caffè, aranciata, acqua fresca, quadri da lui creati e Riccardo barbun, diventato ormai anche lui nostro amico

Per evitare di allungare troppo il brodo, vi lascio, con la prova fotografica che nella stagione estiva 2016, il bagno l’ho realmente fatto, e mi è anche piaciuto,per Dinci e per Sossu!

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Iiiiihhh, che tenera e simpatica …..bestiolona!!

Se ti và, se ti garba, se ne hai voglia e non hai di meglio da fare,  t’invito a leggere queste articoletto che segue. Faccio poi qualche considerazione riguardante il paesotto dove abito, Sorso, chiamato Sossu dagli indigeni, (Bandiera Blu 2015 e rinnovata  – chissà come e perchè – nell’anno corrente ……….clap clap clap ….olè ! )

Metto  il seguente collage di foto per preannunciarti il punto  su cui mi soffermerò. (Pi.Mu.)

 

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“Unione delle Famiglie” salva i cani randagi e trova loro una casa

di Eros Bonomo

Castellammare del Golfo – “Duecentoventi cani raccolti dalla strada dal mese di luglio. Centosessanta cani fatti adottare e il dato è in aumento”. La cooperativa “Unione delle famiglie”  soccorre cani randagi o malati e li affida, un impegno importante per risolvere un problema di difficile soluzione e costoso, aggravato dalla mancanza di un canile. Il Comune di Castellammare del Golfo dal canto suo a proprie spese assicura la microchippatura. Il Sindaco in un comunicato ha voluto ringraziare “il presidente della cooperativa Unione delle Famiglie ed il suo vice, per la disponibilità ed il grande servizio svolto”. Alla cooperativa l’amministrazione comunale ha affidato un terreno sequestrato alla mafia  che sarà bonificato dai soci e reso utilizzabile. “Vogliamo creare un rifugio momentaneo dove dare un primo soccorso ai randagi più bisognosi – spiega il sindaco – . Stiamo lavorando ad un progetto che riguarda un altro terreno sequestrato dove creare il ricovero che si trova in una zona distante dalle abitazioni. Il lavoro svolto  dall’Unione delle famiglie porta avanti il concetto di solidarietà tanto caro alla mia amministrazione: la cooperativa che è sorta a Castellammare è formata da circa cento famiglie di concittadini che hanno serie difficoltà economiche e che stanno collaborando attivamente in più attività tra le quali quelle di rendere risorse terreni improduttivi sequestrati alla mafia che si trasformano in un’occasione di riscatto per persone in situazioni di svantaggio sociale”.

 

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Non sempre il “sentimento” porta a positive conseguenze

di Piero Murineddu

I punti da rilevare, evidenziati col grassetto, sarebbero diversi. In questa occasione  mi limito a concentrare l’attenzione  sulla vicenda del “randagismo”. Canino, naturalmente, non …umano.

Il fatto raccontato dal Bonomo merita attenzione ed è degno di lode per gli artéfici, ma voglio rilevare un fatterello accaduto a Sossu, di cui dicevo all’ inizio.

Già da qualche tempo nella zona di li Gonchi, qualcuno, particolarmente premuroso verso un esemplare del più grande amico dell’uomo, che mi dicono non proprio di taglia piccola, aveva costruito a margine di una pubblica strada una bella e spaziosa cucciona per dare asilo notturno e invernale ad un cane, appunto. Col tempo, il cagnettone si è ambientato allo spirito d’accoglienza (!) degli abitanti della zona, in quanto oltre alla generosa “animalista” che ha iniziato con tutte le buone intenzioni di sostegno verso l’animalità abbandonata, diversi  nel vicinato si curavano di lasciare qualcosetta da mangiare presso l’inaspettato ospite della nuova “casetta”, con molta evidenza sorta abusivamente e senza alcuna autorizzazione dell’ufficio Tecnico Comunale, né tanto meno di chi è preposto a rilasciare licenze edilizie, troppo impegnato a darne a iosa agli umani, magari non sempre in modo del tutto regolamentare.

Trascorrendo i mesi, l’animale diventa talmente “giocoso” che non esita ad inseguire i motorizzati e biciclettati transitanti, oltre che giocare con eccessiva irruenza con chi si trovava a passare nei paraggi. Alcune volte, l’irruenza è stata tale da far cadere l’inerme e comprensibilmente impaurita passante, in un caso arrivando  a mordicchiarle amabilmente l’orecchio, o costringere qualche babbo e mamma a frapporsi con tutto il coraggio genitoriale possibile tra la dolce bestiolona e il/la  terrorizzato/a  pargoletto/a.

Inevitabilmente, e giustamente aggiungo io, il fatto o i fatti sono stati denunciati all’Autorità Costituita, che invece d’intervenire prontamente, sembra aver fatto orecchie da mercante.

Ohibò! E che, si aspettava forse che succedesse l’irrimediabile, per un pronto e opportuno intervento?

Ah, queste Autorità Costituite (di seguito A.C.)!

Dopo che questi poco piacevoli fatterelli si son ripetuti, ad un certo punto all’ A.C. le si son aperte miracolosamente l’arècci e all’animale  vivacerello è stata assegnata una nuova residenza a spese della collettività.

Quando in giro non si è più vista la simpatica e tenera bestiolina, a seguito di un’approfondita indagine porta a porta (non quella di Bruno Vespa, pa cariddai!), i cosiddetti “amanti degli animali” son venuti a conoscenza di chi si era “permesso” di salvaguardare la propria incolumità facendo corretta,civile e doverosa denuncia.

Da quel momento e per qualche giorno, sulla moderna piazza virtuale dove son pochi a conoscersi (facebook), son piovute accuse verso, appunto, chi si era “permesso” di fare tale legittima azione di denuncia all’A.C.

“Che coraggio che ha avuto di far “imprigionare” una così bella e simpatica bestiolona,  da tutti così ben voluta, nel canile!”.

Cioè, da vittima, la denunciante è passata ad essere la colpevole.

Ma dai, un poggu di zeibbeddhu, SantiIddioSantissimo&Impotente !!!!

Nel mio piccolo, uno spirito “animalista” lo sto acquisendo in questi ultimi anni,tenendo e curando in casa il cagnetto Ciuffo, quattro gattini, la mamma Pallina e  nonna Willy, mentre – udite udite !! – quest’oggi ho riportato in campagna la mia dolce signorina Lia, una cagnetta chissà di quali incroci che per qualche giorno si è vista triste e sconsolata  randagiare nel centro del paesotto sorsinco.

Bentornata a sorridere, cara Lia

 

vvvvvvvvvvvvvvvvv

Per gli altri spunti dati dall’articolo di Eros Bonomo, le occasioni non mancheranno, sempre col massimo rispetto per l’A.C., naturalmente.

Saluti e…bau bau

I giardini di via Mazzini a Sossu? Miràguru! Miràguru!!

di Piero Murineddu

Cosa è oggi…ha, si: mercoledì 31 agosto. Se andate  a ritroso di qualche giorno in questa pagina, se non l’avete ancora fatto  leggete tutta la mia indignazione per le condizioni del giardinetto di via Mazzini a Sorso. Stamattina ci son ripassato; ma sapete che non ho trovato neanche un pezzo di carta o una lattina vuota? Ma che succede!? Non è che mi devo ricredere sul menefreghismo dei nostri giovani adolescenti?! Oh caspiterina, neanche un pezzetto di carta !! Si c’è la possibilità che gli eroi sussinchi del Servizio Civico vi abbiano fatto ritorno, oppure – ma questa è meno probabile – che il sindaco e tutti gli amministratori che ieri non ho trovato in Comune (*) fossero impegnati con guanti e sacchetti a ripulire il sito dall’indecenza vista qualche giorno addietro. Sapete però cosa credo, o perlomeno, voglio credere? Che siano stati gli stessi ragazzi a ripulire il loro operato, dimostrando coi fatti che da zozzoni e imbecillotti ci si possa trasformare in persone responsabili e coscienziose. Lasciatemelo credere, vi prego. Sarebbe un piccolo segno che le cose non sono andate completamente in malora, che ancora si può immaginare  un presente e un futuro migliori. Ma ci pensate? Giusto cinque giorni fa, cioè quando ne ho documentato le pietose condizioni, tutto il giardino era cosparso di cartacce, lattine, buste di spazzatura, probabilmente qualche preservativo usato….. Passo oggi e trovo tutto lindo e quasi profumato (di finocchietto selvatico, intendo). Ma non è che mi devo ricredere sui nostri ragazzi? Se così fosse, sarei lietissimo di farlo, ve l’assicuro,

Comunque, se gli artefici di tale  “alto” atto siete voi ragazzi, e non gli eroi del Servizio Civico nè tanto meno lu sindaggu Peppone & compagnia s-governante sussinca,

complimenti !

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(*)

Non ve l’ho detto perchè ieri mi sono recato in Comune? Rimedio subito.

Passando davanti all’ingresso della Billellera, ho visto appoggiati alle ringhiere che vi si affacciano, una quindicina di turisti, evidentemente delusi e frustrati di non poter scendere i gradoni  e ammirare la famosa fontana le cui acque  ci hanno reso nel tempo  irrimediabilmente ….sussinchi macchi. Mi son fermato per parlottare con loro sull’argomento, ma visto che non parlavano nè italiano nè ancor meno sussincu, ci ho rinunciato, ho ingranato la marcia dell’auto, con direzione appunto lu Gomune di Sossu, per chiedere conto di persona all’assessore alla Cultura che, pur impegnandosi pubblicamente che a giorni la Billellera sarebbe stata aperta, il sito continua a rimanere incazzatamente (noi e la Billellera) chiuso. Questo lo scorso 15 luglio, come potete leggere qui

Imminente apertura de La Billellera. Parola di assessore

Quando i “bravi” s’incacchiano…… grazieaddiopocopotente !!

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di Piero Murineddu

 

Poni caso che, in mezzo ai tantissimi immigrati dal Sud del mondo che si trovano “ospiti” nel nostro territorio, con qualcuno di loro s’instauri un rapporto d’amicizia e ci si consideri quasi un secondo padre, quello che non ha più o che ha dovuto lasciare nel Paese d’origine.

Poni caso che, in attesa del riconoscimento di rifugiato, questo “qualcuno” facci un’alzata di testa, evidentemente poco riflettuta, e senza conoscerne le  conseguenze decida di partire alla volta di un Paese del Nord, nel senso di ricco, sperando di trovare situazioni di vita migliori di quanto possano esserci nel nostro malandato Stivalone mediterraneo.

Poni caso che, dopo mesi di illusa permanenza oltrealpina, all’una di notte questo “qualcuno” venga svegliato da cinque poliziotti che gli danno un’orettina per prepararsi ed essere “rimpatriato” nel territorio che lo ha accolto inizialmente, nello specifico il campo profughi de Lu Bagnu, presso Castelsardo, dove finalmente trova visi umani e sorridenti, al contrario delle facce nordiche.

Poni caso che il ritrovarselo davanti dopo diverso tempo, al “padre” putativo provochi un misto di dispiacere nel sapere che il “figliolo” non ha raggiunto l’obiettivo sperato, ma nello stesso tempo di  gioia nel rivederlo integro e, nonostante tutto, ancora sorridente.

Poni caso che, avendo un foglio in mano che lo obbliga a presentarsi in Questura il giorno dopo, ci si offra senza indugio alcuno ad accompagnarlo, per evitare che il figliolo aggravi ulteriormente la propria posizione.

Poni caso che, arrivati puntualmente, entrambi con l’ansia che l’appuntamento non porti a malaugurate decisioni (quello di essere impacchettato e rispedito nel Paese d’origine), il poliziotto all’entrata, letto frettolosamente il foglio, ti mandi in un ufficio sbagliato dove fai inutilmente la fila per poi essere indirizzato nell’ufficio competente.

Poni caso che, per essere certi che si tratti effettivamente dell’ufficio giusto, ci si alzi per chiedere conferma ad una dipendente vista uscire con passo veloce.

Poni caso che, il “figliolo”, non conoscendo perfettamente l’italiano, usi un termine che fa maledettamente e inaspettatamente infuriare la dipendente&dirigente&poliziotta, e che tu, “padre” seppur putativo cerchi quasi inutilmente di giustificare il figliol che del termine non conosce neanche il significato, ma che poco importa alla dipendente ecc ecc.

Poni caso che, uscendo ancora coi colleghi per pausa caffè si fermi  questa volta lei per chiedere il documento e che lo sprovveduto figliolo risponda di averlo dovuto lasciare presso un’amica in quel di Milano per poter proseguire il viaggio d’andata (non chiedetemi  nè il come nè il perchè), ancora una volta la dipendente&dirigente&poliziotta dia una risposta talmente alterata che fa tremare l’impaurito figliolo e tutte le pareti del grande androne, e che al “padre” venga impedito di dare spiegazioni giustificative dell’imbranato&sprovveduto figliolo con la pelle più scura che chiara.

Poni caso che, dopo aver fatto tutta la fila, la dipendente ecc ecc, rivolgendosi verso il già impaurito e ancora tremante giovanotto con la pelle scura, lo faccia ancora in modo irriguardoso ecc ecc ecc

Tranquilli,sto per finire.

Ecco, poni caso che a questo punto il “padre” non riesca più a trattenersi e dica, con assoluta fermezza&senzapauraalcuna&contonoprobabilmentealtino da far girare tutti gli astanti nel troppo grande androne, che la dipendente&dirigente&poliziotta dal primo momento sta intimidendo il figliol con assolutissima mancanza di rispetto nei  confronti del giovane, immigrato per necessità e per sfuggire da un Paese africano dove quasi tutta la popolazione è armata e della Legge come concepita da noi non se ne conosce manco l’esistenza, a cui ancora non era stata data ancora possibilità di dare spiegazioni (nè al figliolo nè al “padre”) e che come unica reazione, la suddetta dipendente ecc ecc si rechi verso il gruppetto di poliziotti là in fondo, facendo subito ritorno con due di essi (probabilmente con le manette pronte), e che il “padre” non si faccia intimorire e che anche davanti agli accompagnatori ribadisca quanto testé detto, ancora con assolutissima fermezza, e che come risultato  la dipendente&dirigente&poliziotta chieda il documento d’identità del “padre” per niente impaurito, mentre i due accompagnatori tornano indietro a testa china (!).

Poni caso che, subito dopo il “padre” putativo venga convocato nell’ufficio di un collega della dipendente ecc ecc (umbè alterata, credeteci), col quale finalmente si può parlare con tutta tranquillità e dando (venuto finalmente ascoltato!) tutte le spiegazioni, dopo la restituzione del documento d’identità, senza …. conseguenze.

Finisco, tranquilli.

Poni caso che il “padre”, prima di andar via, chieda di volersi “riconciliare” con la dipendente&dirigente&poliziotta, con non poca sorpresa del dipendente&dirigente&poliziotto calmo e disposto al dialogo.

Che fa il”padre” quando si trova al cospetto della dipendente ecc ecc meno imbufalita?

 

 L’abbraccia! Si, l’aaabbraaacciaaa !!

 

A questo punto, la signora poliziotta, tornata calma, come del resto …. l’abbracciatore, dice che ogni giorno devono avere a che fare con situazioni di ogni genere, per cui è facile perdere la pazienza ecc ecc………

Che dire?

       Torniamo umani, santiddio benedetto !!!

 

 

Tutto questo mi è accaduto stamattina, lunedì 29 agosto 2016, nella Questura di Sassari.

 

 

Non tutti, ma a Sossu diversi ragazzini&ragazzoni sono parecchio…….. zozzoni, oltre che imbecilloni

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di Piero Murineddu

Riconosciuta l’immagine? Dai, non è difficile. Ancora no? E va bene. Si tratta del giardinetto di via Mazzini a Sorso.Il click l’ho fatto dalla mia stanza da letto, dalla quale godo e a volte patisco tutta la visuale. Godo perchè si vede il mare, buona parte del paese e perchè non rischio che qualche alluvione mi inondi la parte inferiore della casa.

 

 

vallata

 

Mentre patisco perchè tutte i suoni che arrivano dalla vallata vengono amplificati, siano essi cani che abbaiano, coniugi che litigano e si strappano i capelli, ragazzi che urlano, il sìbilo invernale del vento e sopratutto bulli che strisciano o accelerano  a macchìni con le loro motorette e motone di grossa cilindrata, di quelli che verrebbe la voglia d’inseguirli, e dopo averli presi, fargli togliere il minuscolo e insignificante pistolotto che hanno penzolante fra le gambe, farglielo appoggiare sul marciapiede e pestarglielo con una grossa pietra fin quando non giurano e gridano solennemente che d’ora in poi andranno a piedi o in bicicletta da passeggio, fischiettandosela.

Come succede a tutto il verde sorsinco, escluse le rotatorie che prendono acqua a gogò, fino a poco tempo fa questo spazio era stato stupidamente fatto ingiunglare per tutto l’inverno e buona parte della primavera, fin quando gli eroi del Servizio Civico, quelli retribuiti con due citi, sono intervenuti ed hanno posto rimedio.

 

         Queste erano le condizioni in cui si trovava fino a poco tempo fa

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Dopo che è stato ripulito al meglio, sempre dai nostri eroi del Servizio Civico, con le belle serate estive il giardino è stato preso d’assalto dai nostri amati figlioli, specialmente quelli più imbecillotti, e questo è il risultato

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E poi c’è uno dei cerchi magici, specialmente quello più ombreggiato, segno che anche di giorno il posto è ….vissuto

 

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Qualche considerazione? E facciamola, va.

Come spesso succede a Sossu, per quanto riguarda il verde intendo, ogni tanto viene fatto qualche interventuccio e poi si lascia tutto a sè, specialmente le zone periferiche. Nessun controllo, nessuna manutenzione, nessuna pulizia. Responsabilità di chi? Mah, vedete voi

Insufficienza dell’unico porta rifiuti? Sicuramente e quindi uno inizia a buttare dove capita, e gli altri pecoroni intelligentemente seguono, si sa.Responsabilità di chi? Mah, vedete voi

Immaginarsi che una bella sera, a qualcuno salti in mente di dire: “Cosa diddi, a purimmu tutt’impari?” è difficile sperarlo, e purtroppo i dubbi che arrivi questa particolare illuminazione sono tanti. Responsabilità dichi? Mah, vedete voi

E i vecchi e cari spazzini? Quei pochi rimasti sono probabilmente impegnati a pulire le strade e le piazze degli adulti votanti, quelli che se la sbevazzano tutto il poco santo giorno nei “salotti” esterni dei vari bar, certamente non parlando di come è andato quest’anno il raccolto. Responsabilità di chi? Mah, vedete voi

Forse rimane solo la bontà di quel Santo Iddio Benedetto invocato nell’ultima foto, che mandi il Suo Spirito a Soffiare e a ripulire d’un botto tutta la sporcizia umana. Il fatto è che abbiamo avuto i Profeti, e difficilmente crederemmo a qualcuno che risorge. Lo so, è un pò difficile quest’ultima. Responsabilità di chi? Mah, vedete voi

 

Intanto aspettiamo anche che i governanti di Sossu facciano qualcosa di buono, magari copiando i vicini sennoresi in questa bella idea:

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FIBROMIALGIA: UN TEMPO PER PATIRE E UN TEMPO PER RINASCERE

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di Giovanna Stella

Già da 3 settimane seguo il protocollo alimentare del dr Antonio Di Carlo. Sto molto bene. Ho fatto qualche trasgressione e ne ho subito risentito negativamente!
Mi sembra di sognare. Di tanto in tanto incredula cerco i miei dolori,
la stanchezza che fino a qualche settimana fa abitavano prepotenti in me,prima che iniziassi il protocollo i dolori mi facevano impazzire ,e la stanchezza cronica mi annientavano. Andavo avanti con fatica, grazie al mio carattere brillante e alla capacità di non arrendermi nonostante tutto; so solo io e le persone care vicine come stavo alla sera quando sopraggiungevano dolori e astenia intensa con conseguente malumore e scoramento. Andare a dormire diventava un incubo,la notte piu’ o meno insonne e i dolori muscolari nel silenzio iniziavano in coro a farsi sentire e il maestro impazziva impossibilitato a riarmonizzarli. Il risveglio faticoso e i movimenti legnosi mi impedivano quasi di alzarmi. Spesso mi ricoricavo con sensi di colpa immani per non riuscire a essere la persona efficiente che sono sempre stata.questa strana malattia la FIBROMIALGIA che sicuramente avevo già da bambina ,oggi grazie alla conoscenza vado a ritroso e ripercorrendo tutto il percorso di malattie credo di esserne stata affetta dalla fanciullezza.il mio povero intestino già da diversi anni sanguinava , la diagnosi effettuata “proctite atipica , occhi appannati con conseguente nausea e vomiti, e tanti altri sintomi ancora che non sto ad elencare in quanto sono in tutto un centinaio e io nell’arco della mia vita penso di averli avuti tutti..Finalmente in un bellissimo giorno di pioggia in una fattoria molto accogliente a Li Punti denominata “la Zebra” incontrai Antonio Di Carlo e conobbi anche Massimiliano Secchi, grande maestro di vita che in quel’occasione mi ha dato una botta di vitalità tale che non riesco più a togliermela di dosso. Fidandomi subito della combinazione di dottor Di Carlo e il grande Massimiliano, ho iniziato il mio nuovo percorso!
Ora sto bene,sto dormendo bene ho riacquistato l’energia quanto basta e anche di più,non ho più dolori ( appena sgarro si riaffacciano anche se mangio una sola pasta con la crema) sto riassaporando al vita,che peraltro ho sempre valorizzato in tutti i suoi aspetti. Mi sento più che mai viva, mi sto relazionando con me stessa e con le persone che incontro in maniera positiva e accogliente. Non che non lo facessi prima, ma già da qualche anno mi sentivo sempre più stanca e demotivata e rischiavo di chiudermi,in concomitanza anche altre situazioni mi hanno portato ad una riacutizzazione della malattia,la perdita del lavoro e la morte di una persona a me tanto cara.
Sto vivendo una nuova dimensione,ho riiniziato a sognare sia ad occhi chiusi e sopratutto ad occhi aperti, sta prendendo spazio una nuova e sfrenata creatività .Mi sento ancor più una piccolissima particella ,unica e irripetibile del grande universo,mi sento un piccolo strumento nelle mani del Cristo attraverso il quale mi sento veramente libera.Ringrazio Dio di aver incontrato Antonio e Massimiliano, fratelli universali. Grazie per ciò che siete e per quello che fate..Caro Antonio ti auguro di lasciarti sempre trasportare nella vita dalla brezza leggera del vento verso la vita più piena e feconda. Grazie Massimiliano perchè anche senza le gambe corri veloce verso gli altri per inondarli di vita pura. Grazie Massimiliano perchè anche senza braccia riesci ad abbracciare e a incoraggiare chiunque incontri! Grazie a tutti coloro che con fatica riescono a ridare colore alla vita spesso ridotta in bianco e nero da malattie devastanti,da guerre insensate,da prepotenze inaudite. Grazie a tutti per l’ impegno. Credo fermamente che ancora si possa sognare un mondo a colori e come cantava Sergio Endrigo, “se tutti gli uomini del mondo ci dessimo la mano allora ci sarebbe un grande girotondo intorno al mondo …… naturalmente colorato !