Quando i “bravi” s’incacchiano…… grazieaddiopocopotente !!

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di Piero Murineddu

 

Poni caso che, in mezzo ai tantissimi immigrati dal Sud del mondo che si trovano “ospiti” nel nostro territorio, con qualcuno di loro s’instauri un rapporto d’amicizia e ci si consideri quasi un secondo padre, quello che non ha più o che ha dovuto lasciare nel Paese d’origine.

Poni caso che, in attesa del riconoscimento di rifugiato, questo “qualcuno” facci un’alzata di testa, evidentemente poco riflettuta, e senza conoscerne le  conseguenze decida di partire alla volta di un Paese del Nord, nel senso di ricco, sperando di trovare situazioni di vita migliori di quanto possano esserci nel nostro malandato Stivalone mediterraneo.

Poni caso che, dopo mesi di illusa permanenza oltrealpina, all’una di notte questo “qualcuno” venga svegliato da cinque poliziotti che gli danno un’orettina per prepararsi ed essere “rimpatriato” nel territorio che lo ha accolto inizialmente, nello specifico il campo profughi de Lu Bagnu, presso Castelsardo, dove finalmente trova visi umani e sorridenti, al contrario delle facce nordiche.

Poni caso che il ritrovarselo davanti dopo diverso tempo, al “padre” putativo provochi un misto di dispiacere nel sapere che il “figliolo” non ha raggiunto l’obiettivo sperato, ma nello stesso tempo di  gioia nel rivederlo integro e, nonostante tutto, ancora sorridente.

Poni caso che, avendo un foglio in mano che lo obbliga a presentarsi in Questura il giorno dopo, ci si offra senza indugio alcuno ad accompagnarlo, per evitare che il figliolo aggravi ulteriormente la propria posizione.

Poni caso che, arrivati puntualmente, entrambi con l’ansia che l’appuntamento non porti a malaugurate decisioni (quello di essere impacchettato e rispedito nel Paese d’origine), il poliziotto all’entrata, letto frettolosamente il foglio, ti mandi in un ufficio sbagliato dove fai inutilmente la fila per poi essere indirizzato nell’ufficio competente.

Poni caso che, per essere certi che si tratti effettivamente dell’ufficio giusto, ci si alzi per chiedere conferma ad una dipendente vista uscire con passo veloce.

Poni caso che, il “figliolo”, non conoscendo perfettamente l’italiano, usi un termine che fa maledettamente e inaspettatamente infuriare la dipendente&dirigente&poliziotta, e che tu, “padre” seppur putativo cerchi quasi inutilmente di giustificare il figliol che del termine non conosce neanche il significato, ma che poco importa alla dipendente ecc ecc.

Poni caso che, uscendo ancora coi colleghi per pausa caffè si fermi  questa volta lei per chiedere il documento e che lo sprovveduto figliolo risponda di averlo dovuto lasciare presso un’amica in quel di Milano per poter proseguire il viaggio d’andata (non chiedetemi  nè il come nè il perchè), ancora una volta la dipendente&dirigente&poliziotta dia una risposta talmente alterata che fa tremare l’impaurito figliolo e tutte le pareti del grande androne, e che al “padre” venga impedito di dare spiegazioni giustificative dell’imbranato&sprovveduto figliolo con la pelle più scura che chiara.

Poni caso che, dopo aver fatto tutta la fila, la dipendente ecc ecc, rivolgendosi verso il già impaurito e ancora tremante giovanotto con la pelle scura, lo faccia ancora in modo irriguardoso ecc ecc ecc

Tranquilli,sto per finire.

Ecco, poni caso che a questo punto il “padre” non riesca più a trattenersi e dica, con assoluta fermezza&senzapauraalcuna&contonoprobabilmentealtino da far girare tutti gli astanti nel troppo grande androne, che la dipendente&dirigente&poliziotta dal primo momento sta intimidendo il figliol con assolutissima mancanza di rispetto nei  confronti del giovane, immigrato per necessità e per sfuggire da un Paese africano dove quasi tutta la popolazione è armata e della Legge come concepita da noi non se ne conosce manco l’esistenza, a cui ancora non era stata data ancora possibilità di dare spiegazioni (nè al figliolo nè al “padre”) e che come unica reazione, la suddetta dipendente ecc ecc si rechi verso il gruppetto di poliziotti là in fondo, facendo subito ritorno con due di essi (probabilmente con le manette pronte), e che il “padre” non si faccia intimorire e che anche davanti agli accompagnatori ribadisca quanto testé detto, ancora con assolutissima fermezza, e che come risultato  la dipendente&dirigente&poliziotta chieda il documento d’identità del “padre” per niente impaurito, mentre i due accompagnatori tornano indietro a testa china (!).

Poni caso che, subito dopo il “padre” putativo venga convocato nell’ufficio di un collega della dipendente ecc ecc (umbè alterata, credeteci), col quale finalmente si può parlare con tutta tranquillità e dando (venuto finalmente ascoltato!) tutte le spiegazioni, dopo la restituzione del documento d’identità, senza …. conseguenze.

Finisco, tranquilli.

Poni caso che il “padre”, prima di andar via, chieda di volersi “riconciliare” con la dipendente&dirigente&poliziotta, con non poca sorpresa del dipendente&dirigente&poliziotto calmo e disposto al dialogo.

Che fa il”padre” quando si trova al cospetto della dipendente ecc ecc meno imbufalita?

 

 L’abbraccia! Si, l’aaabbraaacciaaa !!

 

A questo punto, la signora poliziotta, tornata calma, come del resto …. l’abbracciatore, dice che ogni giorno devono avere a che fare con situazioni di ogni genere, per cui è facile perdere la pazienza ecc ecc………

Che dire?

       Torniamo umani, santiddio benedetto !!!

 

 

Tutto questo mi è accaduto stamattina, lunedì 29 agosto 2016, nella Questura di Sassari.

 

 

Quando i “bravi” s’incacchiano…… grazieaddiopocopotente !!ultima modifica: 2016-08-29T20:33:55+02:00da piero-murineddu
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