Coscibianca la mitica e il re Trappadè

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di Anna Demuro

I gabbiani in volo sul centro abitato annunciano pioggia. Li vedi là, sopra i tetti? Sembrano in visita sulla nostra città. Prova ad esprimere un desiderio e loro lo porteranno dove tu lo vorrai. Ora però, mentre pensi, mi preparo a fare la solita cosa. Per ritagliarmi qualche scampolo di tintarella, nelle calde ore del primo pomeriggio, mi espongo come vedi, ai raggi del sole in questo quadrato lontano da occhi indiscreti.

Guarda, indosso il costume come fossi in spiaggia, così posso far cambiare colore a quelle parti del corpo che, per ovvie ragioni, si tengono sempre nell’ombra.
Dal ginocchio in su sono di un biancore che ricorda tanto quello di una donnina della Sassari antica, che amava la vita di strada; una sorta di barbona dell’epoca che, su questo o quell’altro gradino, non badava alla compostezza dello stare seduta e mostrava senza volerlo, l’alta gamba bianchissima tanto da farsi attribuire un nomignolo tutto speciale.

L’hai conosciuta anche tu; ed entrambi abbiamo conosciuto l’amico. Non ricordi? Erano Coscibianca la mitica e il re Trappadè.

Che tempi! Lei indossava gonne scure lunghe al polpaccio, calze nere fino al ginocchio e un ampio scialle con frange che l’avvolgeva tutta fino alle chiappe. Non ho mai visto i capelli, inghiottiti da un fazzoletto sbiadito annodato sotto il mento, che le cocche nascondevano fino a metà.

Non ricordo le scarpe, ma il colore non era certamente diverso né diverso poteva essere il pregio. Teneva in mano una specie di piccolo sacco a mo’ di borsetta. Non ho mai saputo che ci fosse là dentro.

Associavo la sua immagine a quella della mamma del sole, che andava in giro nelle ore di punta a rastrellare i bambini che non volevano fare il riposino del pomeriggio.

Le passavo lontano e, forse per soggezione o forse per oscura paura, mai ho pensato di darle fastidio, cosa che invece facevano in tanti.

Trappadè era tutto un poema! Ricordo i piedoni intrappolati in una bolgia di pezze di vari colori, misure e spessore che finivano poi in scarponi di barche coi lacci pendenti che fungevano da frusta agli insetti. Il primo pastrano con lembi di varia lunghezza, ne nascondeva altri più corti e di foggia diversa, che si intuivano dalle sdruciture di quello a cappotto.

Ho il vago ricordo di un borsalino scuro e variamente “ammaccato” che gli nascondeva buona parte del viso. L’andatura da ventre pesante aveva bisogno di gambe allargate, e qualche occhio di grossa pernice doveva fargli vedere le stelle. La camminata era lenta e l’alta statura, col suo ondeggiare, faceva pensare ad un rovescio sicuro.

Coscibianca la mitica e il re Trappadè forse, per vivere in pace, hanno scelto la strada perché amavano la luce del sole invece delle stanze segrete; e le brutture degli uomini si nascondono là, dietro i muri di pietra.

Forse sotto gli stracci si nascondeva una sensibilità mai conosciuta e, sia pure in modo così sconvolgente, hanno voluto celarla perché non ci fosse chi si curasse di loro. Nessuno doveva sapere chi fossero quei due che, rifiutando una normalità di sostanza e d’immagine, amavano tanto la vita da volerla vivere nella libertà più totale.

Valgono forse di più i sepolcri imbiancati? Forse entrambi hanno sofferto pene d’amore e il sentimento negato ha giocato il suo jolly trasformandoli in menestrelli senza mandolino né canto.

Bastava l’intesa e la comune scelta di vita a guidarli per i vicoli della vecchia città, dove ritrovavano nella penombra e negli angoli bui quella pace altrove negata; e insieme parlavano di storie passate, di affetti perduti, di giochi d’infanzia, di corse e risate.

Coi ciottoli di porfido e nero basalto dividevano confidenze fatte di sogni di bimbi di giovani amori, di lacrime e sangue, di indifferenza e abbandono; e sotto gli archi dei vicoli antichi sognavano fate leggiadre che carezzavano i loro capelli e tanti folletti che, nascosti sotto i pastrani, li scaldavano nelle notti di gelo.

Sui gradini di sempre, tra la gente che passa e non vede, lo sfavillio delle luci e i lampioni di vecchie strade complici e amiche, parlavano di Natale e stelle comete, di pastori e capanne.

E forse anche di Dio.

Coscibianca la mitica e il re Trappadèultima modifica: 2023-12-13T06:18:02+01:00da piero-murineddu
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