Sempre onore a Peppino, figlio di Felicia

di Piero Murineddu

Sono ormai trascorsi sei anni da quella bellissima mattinata di maggio (leggi qui) in cui a Sennori un gruppo di persone ci riunimmo in una zona periferica del paese per fare memoria del giovane Giuseppe Impastato, conosciuto come Peppino, ucciso in modo efferato perché aveva la  coraggiosa abitudine di denunciare le malefatte della mafia locale, facendolo con tutti i mezzi possibili, non escluso l’impegno diretto in politica. Una memoria necessariamente da fare ogni anno considerando l’ esistenza veramente eroica vissuta da questo giovane siciliano.

Oggi diamo spazio principalmente alle parole che la mamma espresse davanti alla bara che conteneva i poveri resti del corpo che si era riusciti a recuperare dopo la tremenda deflagazione che uccise il figlio.

Grazie Felicia e Peppino per l’ esempio che ci avete lasciato.

Chistu unn’è me figghiu

di Felicia Bartolotta Impastato
(24/5/1916 – 7/12/2004)

Chistu unn’è me figghiu.
Chisti un su li so manu
chista unn’è la so facci.
Sti quattro pizzudda di carni
un li fici iu.

Me figghiu era la vuci
chi gridava ’nta chiazza
eru lu rasolu ammulatu
di li so paroli
era la rabbia
era l’amuri
chi vulia nasciri
chi vulia crisciri.

Chistu era me figghiu
quannu era vivu,
quannu luttava cu tutti:
mafiusi, fascisti,
omini di panza
ca un vannu mancu un suordu,
patri senza figghi
lupi senza pietà.

Parru cu iddu vivu
un sacciu parrari
cu li morti.

L’aspettu iornu e notti,
ora si grapi la porta,
trasi, m’abbrazza,
lu chiamu, è nna so stanza
chi studìa, ora nesci,
ora torna, la facci
niura come la notti,
ma si ridi è lu suli
chi spunta pi la prima vota,
lu suli picciriddu.

Chistu unn’è me figghiu.
Stu tabbutu chinu
di pizzudda di carni
unn’è di Pippinu.
Cca dintra ci sunnu
tutti li figghi
chi un puottiru nasciri
di n’autra Sicilia.

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Quel dolore straziante

(da “libreriamo.it”)

Con queste parole, Felicia dà voce all’immenso dolore che la attanaglia nell’assistere alle esequie del figlio.

Sopravvivere ai propri figli è sempre una tragedia, e se si tratta di un omicidio di mafia efferato come quello di cui è stato vittima Peppino Impastato, il trauma e la sofferenza sono incommensurabili. Lo si percepisce bene leggendo questi versi strazianti, pregni di amore, dispiacere e rabbia.

Nel testo si distinguono due “Peppino” diversi: uno è il Peppino in vita, che ha un suo volto, una sua fisionomia e un carattere ribelle e battagliero; l’altro è il Peppino morto, fatto a pezzi, sfigurato e irriconoscibile agli occhi della madre.

Traspare immediatamente l’immagine vivida di un ragazzo con le idee chiare, che voleva debellare la mafia e rendere il mondo in cui viveva un posto migliore, che “lottava contro tutti”, che era “la voce/che gridava nella piazza” e tentava faticosamente di risvegliare le coscienze per sconfiggere la mafia con tutti i mezzi a sua disposizione.

La biografia di quest’uomo parla chiaro, si tratta di una descrizione più che fedele, perché da sempre Peppino ha fatto di tutto pur di lottare contro la mafia, sin da quando, da ragazzino, è stato cacciato di casa dal padre – mafioso e complice del boss Marcello Badalamenti – per via delle sue idee antimafiose.

Fondatore de “L’idea socialista”, firma autorevole del “Manifesto” e di “Lotta continua”, Peppino Impastato non si è mai fermato, neanche dinanzi alle numerose minacce ricevute. Ha promosso attività culturali come il gruppo “Musica e cultura”, perché convinto del potere della cultura per sconfiggere il malaffare, e ha fondato una radio libera, la famosa “Radio Aut”, in cui venivano denunciati tutti gli atti criminosi della mafia di Cinisi e di Terrasini, deridendo mafiosi e politici.

“Chistu unn’è me figghiu” è un grido con cui Felicia Impastato vuole raggiungere tutti coloro che hanno perso qualcuno per mano della mafia. Lo si capisce dall’ultima strofa, in cui la bara del figlio giunge a rappresentare “tutti i figli/non nati/di un’altra Sicilia”, una Sicilia libera dalle associazioni mafiose, una Sicilia di legalità e pace, la Sicilia per cui Peppino Impastato, così come numerose altre persone prima e dopo di lui, hanno lottato fino alla fine contro la mafia.

Nessuno poteva fermare la forza di libertà e legalità che muoveva le azioni di Peppino. E anche dopo il suo assassinio, le sue idee hanno continuato a diffondersi grazie ad altri uomini che hanno compreso il suo messaggio. Perché è vero ciò che diceva Giovanni Falcone: “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.

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Sempre onore a Peppino, figlio di Feliciaultima modifica: 2022-05-09T07:29:27+02:00da piero-murineddu
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