“Io da oggi mi chiamo anche Peppino”

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di Piero Murineddu

Nella notte tra l’otto e il nove maggio 1978, un eroico giovane  siciliano fu barbaramente e vigliaccamente fatto fuori da mani mafiose. Giusto trent’otto anni fa.

“Buongiorno a te e grazie del pensiero. Ieri ho avuto una giornataccia ed oggi mi sento uno straccio. Purtroppo non mi sento di venire. Lode a Sennori”.

E’ quanto ieri mattina ha risposto un’amica di Sorso al mio invito di partecipare alla commemorazione in memoria di Peppino Impastato. Da quel lontano giorno, per non far cadere nell’oblìo il suo sacrificio, a questo giovane che non ha voluto sottostare alle leggi della mafia e che è voluto rimanere nella sua cittadina per lottare coraggiosamente contro di essa, in diverse località italiane son state dedicate biblioteche e associazioni culturali si rifanno a lui. E’ chiaro che col suo “lode a Sennori” quest’ amica ha voluto dare un riconoscimento a chi, 5 anni fa, ha ritenuto giusto e doveroso dedicare una via cittadina, seppur periferica, a questo giovane che ha creduto e lottato tenacemente perché la barbarie non prevalesse sulla legalità e sul rispetto delle regole di convivenza civile. Giustamente “lode a Sennori” quindi, o meglio, a quelle persone che, di Sennori e di altrove, continuano a credere e a praticare la legalità, andando spesso controcorrente in questa società dell’ognuno per sè e del  “si salvi chi può”, dove spesso il potere politico e colluso col potere delle organizzazioni criminali  e che per questo nei cittadini sta’ sempre più venendo a mancare la fiducia nelle istituzioni.

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La Mafia è una montagna di merda“, gridava Peppino, che abitava nella stessa strada dove viveva il boss mafioso locale. “La Mafia uccide, il silenzio pure“, diceva, e per questo usava tutti i modi e i mezzi per gridare ovunque la sua ribellione alla rassegnazione e a quell’atteggiamento  di passività della gente che porta a far diventare normali le peggiori nefandezze. Il silenzio diventa così complice, e complice Peppino non lo voleva essere. Credeva che la Giustizia bisognava costruirla giorno per giorno con le scelte di ciascuno, e spesso bisogna avere forza per non scegliere l’illegalità o per non voler ottenere i propri diritti diventando servili e debitori verso chi gestisce il potere. La Giustizia non può rimanere un valore solo per gli ingenui e gli illusi. Sappiamo benissimo che la tentazione dell’illegalità è a portata di tutti, seppur a diversi livelli di gravità, e spesso l’esempio che viene dall’alto non incoraggia a vivere onestamente. In Peppino sin da giovanissimo avevano messo radici valori civili di convivenza pacifica e di rispetto per tutti, partecipando anche alle lotte nonviolente contro la mafia e per i diritti ed il lavoro promosse in Sicilia da Danilo Dolci.

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In questa foto lo si vede alla sinistra del “Gandhi” siciliano, come veniva nominato l’Educatore arrivato dalla Lombardia che ha dato un grosso contributo per il progresso e la responsabilizzazione civile dell’isola.

Per  fare memoria di questo giovane, a Sennori, paese della Romangia non distante dal capoluogo Sassari, ci si ritrova nei pressi di una significativa scultura realizzata durante uno dei tanti Simposium di scultura, voluto anni fa dal grande artista e compianto Giampiero Pazzola, che si svolgono in questa cittadina collinare. Una scultura preesistente, quindi, scelta in mezzo ad altre per il suo riferimento alla Vita, sotto la quale è stata apposta una targa.

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Quando ieri sono arrivato insieme a mia moglie, a Musta e a Souleymane, due amici profughi africani ospiti in un ex albergo a Lu Bagnu (Castelsardo), nel posto non c’era ancora nessuno, ma da lì a poco  le persone  hanno iniziato a giungere alla spicciolata.

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Alla fine ci si è ritrovati un bel gruppetto. L’atmosfera era quasi familiare e con molto piacere ho salutato amici che non vedevo da qualche tempo. Il presentarsi spontaneamente e conversare anche con altri che non ci si conosceva è stata un cosa naturale per tutti. Si sentiva forte in ciascuno la motivazione per cui si era deciso di aderire all’evento. Dopo essersi disposti in cerchio, oltre che ricordare brevemente la figura e l’azione di Peppino, chi ha voluto ne ha evidenziato e attualizzato l’impegno, dopodichè è stato proposto ai due amici immigrati di sistemare un mazzo di fiori di campo nel palo che indica la targhetta col nome della via.

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Il giovane Musta è stato talmente colpito da questo significativo raduno e dalla figura della persona di cui si faceva memoria, che ha deciso di aggiungere anche il nome di Peppino al suo, e a quanto mi ha detto più tardi, lui da’ molta importanza a questa decisione. Musta è originario della Costa D’Avorio, arrivato in Sardegna dopo un viaggio per mare nel modo che ormai ci stiamo tristemente abituando a conoscere, proveniente dalla Libia. Musta ad appena cinque anni aveva dovuto abbandonare il suo Paese  col fratello Aziz e con sua madre Hausa per la guerra civile che v’imperversava, e prima che arrivassero ad Accra, nel Ghana, ricevettero la tremenda notizia che il padre Joula, attivista politico, era stato sepolto vivo da membri del suo stesso partito a cui  evidentemente dava fastidio.In un primo momento mamma Hausa coi suoi due figli piccoli, nel Ghana aveva cercato di prendere contatto coi familiari del marito assassinato, ma loro non ne avevano voluto sapere. In questo Paese Musta frequenta una scuola gestita da una ONG di sostegno all’infanzia. Durante i tre anni di permanenza, oltre a dimostrare l’attaccamento allo studio, il ragazzo sicuramente è riuscito a distinguersi durante le partitelle a calcio, passione che è andata man mano aumentando. Negli anni seguenti inizia a giocare con qualche squadra, fin quando un certo Aliu gli prospetta la possibilità di trovargli una buona squadra in Libia, che sicuramente, viste le capacità, gli avrebbe permesso un buon guadagno e magari essere inserito nella formazione nazionale. L’amico che l’ospitava desistette, anche per la sua famiglia che non vedeva molto bene la cosa, mentre Musta, sapendo che la madre era contraria, decise da solo di accettare la proposta.

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Del lungo e disagiato viaggio verso la Libia e di tutte le cose subìte prima di presentarsi l’opportunità di raggiungere l’Europa, Musta mi ha parlato molto. Ha sofferto tantissimi soprusi ma la fiducia di poter raggiungere condizioni di vita dignitose non l’hanno mai abbandonato.

Trascorrendo l’intera giornata insieme, gli ho raccontato molto delle lotte portate avanti da Peppino, specialmente quando con una radio  che aveva messo su con un gruppo di amici, senza paura denunciava lo spadroneggiamento da parte del capo mafioso, in seguito condannato all’ergastolo come mandante del suo assassinio,  e la sottomissione a lui della politica locale. Gli ho detto del padre di Peppino, anche lui appartenente al clan mafioso, col quale era entrato in contrasto e per cui era stato costretto a lasciare la casa familiare. Del centro culturale e musicale creato coi suoi giovani coetanei, per stare insieme in modo creativo e impegnati socialmente. Gli ho detto che nell’imminenza delle elezioni amministrative in cui si era candidato con l’intenzione di porre un freno alla mala politica portata avanti a Cinisi, era stato vigliaccamente ammazzato e fatto saltare in aria con l’esplosivo, volendo far credere si trattasse di un suicidio e che volesse compiere un attentato. Ho detto a Musta che i suoi concittadini non hanno voluto credere a questa messinscena e che lo hanno simbolicamente votato. A Musta ho detto sopratutto  che Peppino è diventato un esempio per coloro che ancora credono nella Giustizia e nella Legalità, nonostante molti politici siano purtroppo corrotti e non sempre operano per il bene di una società migliore. Ho detto a Musta che oggi c’erano poche persone a questo raduno perchè i partiti politici sono molto divisi e  forse la gente pensa che sia una manifestazione che interessa solo i “comunisti”. Musta mi ha risposto che quando ci sono  esempi positivi di persone coraggiose che perdono la vita in nome di grandi ideali, non ci dovrebbero essere divisioni. Qui abbiamo cambiato discorso. Sarebbe stato troppo difficile per me spiegare.

Musta mi dice che leggerà con attenzione il testo della Costituzione Italiana che ieri è stata distribuita ai presenti, quella stessa Costituzione che certuni vorrebbero cambiare, invece di impegnarsi seriamente a metterla in pratica, sopratutto  quelli che hanno in mano le leve del potere politico.

In ogni caso, da oggi in Musta ci sarà un Peppino in più, e probabilmente si è rafforzato quel Peppino presente in ciascuno di quelle persone che ieri mattina si son trovate insieme, principalmente per onorare la memoria di un giovane e allegro poeta “rivoluzionario” siciliano, ma anche perchè credono ancora che un mondo diverso sia ancora possibile.

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Alcune  foto presenti nell’articolo sono di Francesco Falchi

“Io da oggi mi chiamo anche Peppino”ultima modifica: 2016-05-09T06:43:54+02:00da piero-murineddu
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