Pregiudizio

Parte prima (*)

di Antonio Galdo

Il pregiudizio sta vincendo il braccio di ferro con il suo contrario, il giudizio. Nel secondo, infatti, si esercita il senso critico, si guardano tutti gli angoli e gli spigoli di una cosa prima di provare a dare una valutazione, si respira profondamente e non si parla per slogan. Il pregiudizio, invece, si alimenta con la semplificazione, anche di cose per loro natura complesse, e con l’idea di fare battute a effetto, dando risposte più emotive che reali. Il giudizio, se pacato e convinto, avvicina. Il pregiudizio allontana, e dunque separa.

Già l’etimologia della parola ci aiuta a capire quanto sia labile il confine tra il pregiudizio e la realtà. E quindi tra la bugia e la verità. La parola deriva dal latino prae, che di fatto significa prima, e iudicium, ovvero giudizio. Insomma: il pregiudizio in qualche modo è una sorta di giudizio anticipato, costruito su basi non veritiere, e quindi come tale non attendibile. Ma è pur sempre a un passo dal suo contrario, quel giudizio che invece ha bisogno di riflessione, conoscenza e senso critico. Perfino Albert Einstein, di fronte al pregiudizio tendeva ad alzare le mani e diceva: «È più facile scindere un atomo che abolire un pregiudizio». Io penso invece che il pregiudizio si possa sconfiggere, e ci sono anche degli antidoti molto efficaci, come provo a dimostrare in questo articolo. A condizione però che innanzitutto siamo in grado di riconoscerlo.

Il pregiudizio è come un virus. Meno funzionano gli anticorpi e più si espande, fino ad assumere sembianze tali da renderlo endemico. D’altra parte, tutti, nessuno escluso, siamo soggetti a rischio, specie in un tempo contemporaneo scandito dalla fretta e\o dalla velocità e da quella assoluta mancanza di tempo e\o di voglia di approfondire, verificare, confrontare. Tutti antidoti del pregiudizio.

Il meccanismo di demolizione funziona bene quando i pregiudizi analizzati rasentano l’assurdo o il ridicolo. Tipo: Gli africani sono pigri, Le biblioteche sono luoghi noiosi, La donna è mobile, Gli uomini sotto tutti uguali, I clandestini sono tutti delinquenti. Diverso, invece, il discorso che tocca pregiudizi altrettanto radicati ma che in questo libro vengono smontati con argomenti troppo liquidatori, contrapponendo, ovviamente in modo involontario ma con un effetto paradosso, un pregiudizio a un altro pregiudizio. Faccio due esempi. Un capitolo è dedicato a provare, con argomentazioni forti, quanto sia infondata l’idea, pure condivisa da tanti, di un Nord che ha colonizzato il Sud. Dalla nascita dello Stato unitario. Inutile dire che stiamo parlando di un tema complesso, e come tale difficile da sintetizzare in poche pagine, ma nel libro si mettono in fila alcune considerazioni che dovrebbero, da sole, smontare il pregiudizio. Il sistema agricolo del Nord era più evoluto, l’alfabetizzazione era più alta, le infrastrutture erano migliori, il credito più accessibile. E allora? Bastano questi punti di osservazione, tra i quali ne manca uno che non è proprio un dettaglio (l’alto livello di industrializzazione di alcune zone del Sud) per negare che il Mezzogiorno abbia subito una forma di colonizzazione, e quindi di separazione, della quale, poi, non si è mai più liberato?

Il secondo esempio riguarda l’idea, qui bollata come un pregiudizio-luogo comune, che Leggere i libri rende migliori. L’autore del capitolo nega la possibilità che il libro possa, in qualche modo, modificarci, in un senso o nell’altro. Considera la lettura quasi un fatto neutrale nella nostra formazione (questa idea non rischia di essere un pregiudizio?). E senza scivolare nella retorica del piacere della lettura, del libro che «rende liberi», forse è il caso di ricordare la quantità di ricerche scientifiche che dimostrano miglioramenti concreti, molto concreti, nell’uomo grazie ai libri. Leggere fa bene al cervello, potenzia i neuroni, migliora la memoria, incentiva le relazioni umane, può incidere perfino sulla felicità. Non si tratta di cose tali da poter dire, senza scivolare nel luogo comune, che Leggere libri rende migliori?

COME SUPERARE I PREGIUDIZI

Da qui, tornando alla genesi del pregiudizio, vale la pena riflettere sulle cause, sulla genesi del pregiudizio, sui motivi per i quali siamo così circondati, quasi assediati, da un dibattito pubblico e da mini-conversazioni private infarciti di luoghi comuni. Senza neanche renderci conto di come questo meccanismo alimenti effetti collaterali, tipici di un virus: le generalizzazioni, la superficialità abbinata alle semplificazioni, l’assenza di senso critico. Non solo. Il pregiudizio, impacchettato nel luogo comune, esclude il dubbio, considerato un segnale di debolezza: e invece si tratta di una leva essenziale per essere forti, solidi, efficaci e convincenti di fronte alla complessità che ci accompagna come una protesi del corpo.

COME LIBERARSI DEI PREGIUDIZI

C’è però un elemento che può modellare il pregiudizio fino a farlo diventare qualcosa che ci consente altre, preziose scoperte. Lo aveva capito bene Anton Cechov quando scriveva: «I pregiudizi, come tutte le brutture della vita, sono utili, perché con il tempo si trasformano in qualcosa di utile, come il letame in humus». In pratica: dal pregiudizio può nascere una discussione, un’analisi, che porta a dubbi e quindi a giudizi più che a nuovi pregiudizi. Con il tempo, dice Cechov. Peccato che noi purtroppo ne abbiamo davvero poco, e spesso lo utilizziamo male o lo sprechiamo: anche per questo, come dei naufraghi in un mare in tempesta, ci appoggiamo, anima e corpo, alla zattera del pregiudizio-luogo comune.

RIMEDI NATURALI CONTRO
IL PREGIUDIZIO

Ci sono alcuni rimedi naturali, molto semplici, per tenere lontano il rischio del pregiudizio. Si tratta di piccoli comportamenti, talvolta banali, ma molto efficaci specie quando diventano abitudini, stili di vita. Per esempio: il perciolo del pregiudizio si azzera quando si ha la capacità di mettere in discussione innanzitutto la propria opinione e se stessi, dandosi uno sguardo autocritico e non autoreferenziale. Così come il pregiudizio si smonta da solo, quasi non riesce a comparire, quando la mente e il cuore si aprono, non fuggono dai contatti, non si spaventano della diversità con gli altri. Anche in amore si varca spesso la linea di confine tra il giudizio e il pregiudizio. Non ti amo più, è il giudizio che diventa una presa d’atto della realtà. Siamo troppo diversi, è una forma sottile, un tantino eduolcorata, di pregiudizio. Nel tentativo di non scivolare nella palude del pregiudizio, esercitando continuamente il dubbio, scoprirete una particolare creatività e anche un desiderio di abbandonarvi all’incontro, a non restare chiusi nella solitudine. A vivere respirando l’ossigeno che arriva dalla relazione con gli altri.

(*) L’ articolo, tratto dal sito “nonsprecare.it”, nasce dalla lettura del volume “Il Pregiudizio universale”, edizioni Laterza, a cura di Giuseppe Antonelli

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Parte seconda

di Antonio Meleleo

In tempi di Coronavirus diventa molto attuale osservare quali trappole mentali caratterizzano la comunicazione delle persone e minacciano le loro decisioni. Il pregiudizio è una di quelle più diffuse.

Sento e osservo le persone comunicare basandosi su opinioni sommarie non formate con dovizia di particolari. L’Italia in questi tempi è vittima non solo del virus ma anche dei difetti tipici del funzionamento cerebrale, e ciò rende la situazione ancora più difficile. In momenti come questi in cui bisognerebbe essere il più razionali possibile, le emozioni e gli istinti non gestiti a dovere – l’intelligenza emotiva in Italia è ai minimi termini – prendono il sopravvento a fanno commettere atti incomprensibili.

La storia, si sa, non insegna. Ci vantiamo del nostro sviluppo e dell’essere diversi dalle bestie, ma forse dovremmo rivalutare la maggiore onestà del mondo animale. Lì il pregiudizio non alloggia, non c’è posto per giudicare senza le prove; non si perde tempo pensando di risparmiare tempo (il pregiudizio abbrevia il processo decisionale, ma alla fine dà la risposta sbagliata e bisogna ripartire da capo). Le bestie sono schiette, gli umani un po’ meno.

Sospendere il giudizio. Questa è una delle regole più importanti anche per vivere una vita più felice. Cioè, nella vita di tutti i giorni prova a non giudicare troppo in fretta perchè se si pensa di aver capito tutto è perchè manca qualche informazione.

Se desideri stare meglio tu ed essere più persuasivo, applica l’epochè greco: cioè la sospensione del giudizio. Sii cauto nel giudicare i comportamenti, le situazioni e soprattutto le persone. Prima di giudicare osserva attentamente.

La sospensione del giudizio fa sentire l’altro accolto, o come si direbbe con un termine di moda oggi, incluso. Sentirsi accettati per ciò che si è anziché rifiutati per ciò che non si è, è uno dei trucchi principali per essere più convincenti e persuasivi.

Non confondere il pregiudizio con la prima impressione. Non è un processo facile quello che porta all’applicazione quasi automatica dell’epochè, perché ci sembra innaturale e invece è solo questione di abitudine.

Per istinto il nostro cervello valuta le situazioni e le persone. Lo fa velocemente soprattutto per capire se per noi sono una minaccia oppure no, ma proprio qui nasce il problema. Spesso confondiamo il pregiudizio con la prima impressione. La prima impressione è quella sensazione istintiva elaborata dal cervello rettile nel giro di qualche frazione di secondo. Il pregiudizio invece è un’elemento di disturbo che mina la portata informativa della percezione che i nostri sistemi antichi, rettile e libico, ci stanno restituendo alla velocità di 720 km all’ora. Il pregiudizio è un po’ più lento della prima impressione ma infinitamente più veloce del giudizio. Si genera sulla base di scorciatoie decisionali fuorvianti e il suo limite principale è che viene espresso in base a ciò che è contenuto nella nostra scatola cranica: e se nella nostra testa c’è aria fritta anche il giudizio sarà aria fritta! Per questo dico che se pregiudichiamo o se giudichiamo troppo in fretta diveniamo schiavi.

Il pregiudizio ti rende schiavo della tua mente. Si, schiavo del tuo sistema di conoscenze, di esperienze, di credenze, di stereotipi, di luoghi comuni e più in generale del nostro modo di processare le informazioni e di generare le decisioni che ci portano all’azione. Nel momento in cui si arriva a formulare un opinione è più rassicurante averlo fatto dopo aver verificato se non siamo caduti in qualche trappola.

Pregiudicare i comportamenti altrui che non si condividono può essere fonte di sofferenza. Se ti vuoi sentire meglio, un “trucco” egoistico è quello di usare l’emozione del perdono come antidoto. Il perdono è un’emozione antagonista degli stati di insofferenza, frustrazione, vergogna e perfino del dolore che deriva ad esemopio da un lutto o da una separazione. (…)

Il perdono poi, quando è agito preventivamente, si può chiamare anche accettazione incondizionata: accettazione ad esempio che gli altri si comportino in modo diverso da noi e che siano diversi da noi.

Se appaiono diversi da te, se hanno fatto scelte che non condividi o se si sono comportati in modo per te incomprensibile – e, beninteso, non hanno violato i tuoi diritti o ti hanno messo in pericolo – accoglili nella loro diversità.

Il pregiudizio può essere molto pericoloso e traumatico. La storia ci insegna che il pregiudizio, la superstizione, le false credenze e altri meccanismi errati usati per prendere delle decisioni hanno generato assassini impuniti e vittime sacrificali.

Ma anche senza scomodare la morte, probabilmente ognuno di noi è stato vittima del pregiudizio, in entrambi i sensi: sia perchè è stato scorrettamente pregiudicato, sia perchè ha scorrettamente pregiudicato.

Pertanto alleniamoci ad evitare questi pericoli e magari anche ad accogliere le differenze; Se poi si riuscisse addirittura ad esaltare il valore di ciò che è differente da ognuno di noi, se si apprezzasse la ricchezza delle sfumature che il mondo ci offre, ciò potrebbe addirittura creare nuove opere d’arte.

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Pregiudizioultima modifica: 2021-11-13T07:35:27+01:00da piero-murineddu
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