DUE INCOSCIENTI E UN MATRIMONIO

“Chi bada al vento non semina mai, e chi osserva le nuvole non miete” (Qo 11,4).
Questa massima tratta dal libro di Qoelet, chiamato anche Ecclesiaste,  molto frettolosamente definito pessimistico (“tutto è vanità”), è quella che padre Alberto ha scelto per chiudere il suo bellissimo racconto sul matrimonio dei suoi genitori, avvenuto ben settantanni fa . La vicenda narrata appare simpaticamente affascinante, anche per come il padre, facchino ma sarto di mestiere, da coperte era riuscito a ricavare l’abito nuziale per se, da parti di un paracadute ormai divenuto inutilizzabile quello per la moglie. Chissà che capolavori di alta classe è riuscito a creare babbo Maggi! In quei tempi, sono certo che anche molti dei nostri genitori, quelli appartenenti al popolo e che la guerra aveva privato delle cose essenziali per condurre una vita dignitosa, si son trovati a dover fare salti mortali per riuscire a sopravvivere, il più delle volte dovendo badare anche a numerosi figli.
“Chi bada al vento non semina mai, e chi osserva le nuvole non miete”
Sembra un’affermazione che contraddice il richiamo alla prudenza, alla necessità di essere  “razionali”, cosa oggi portata all’eccesso e che spesso priva le persone della fiducia verso il futuro. Pensandoci, se i nostri genitori non avessero avuto la forza ed  il coraggio di intraprendere un viaggio insieme, nonostante le grandi difficoltà e l’incertezza del futuro e  “mettendo su casa”  magari in quello che dalle nostre parti veniva chiamato “fòndiggu”, piccolo locale – magazzino, oggi non saremmo qui a raccontarcelo e a raccontare ai nostri figli le grandi imprese  compiute dai loro nonni .
“Chi bada al vento non semina mai, e chi osserva le nuvole non miete”.
Grandi insegnamenti nel raccontino di padre Alberto Maggi che state per leggere. Ma è anche il modo in cui questo prete vive il suo sacerdozio che rispecchia appieno questa “imprudenza”, spinto dall’amore per l’essenzialità del Vangelo e per il suo continuo e ormai naturale coraggio di…. osare. Un testimone semplice e vero, la cui vicinanza aiuterebe molti a capire la bellezza del Messaggio Evangelico e ad attuare quella Rivoluzione d’Amore indicata da quell’Uomo di Nazareth, ricordato in questi giorni nella fragilità della sua nascita.   (Piero Murinedu)

 

alberto maggi - Copia

 

A mamma e papà nel settantesimo anniversario

del loro matrimonio (1944-2014)

 

 

di padre Alberto Maggi

 

Sono nato da due incoscienti.

Non c’erano le condizioni per sposarsi, invece loro l’hanno fatto.

Ancona si stava lentamente risollevando dalle ferite della guerra, la città era distrutta, il lavoro non c’era, in compenso abbondava la fame (mamma pesava appena quarantadue chili). Ma i miei, irresponsabili, decisero di sposarsi ugualmente, il 27 dicembre del 1944.

Non fu possibile celebrare il matrimonio nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano perché questa era lesionata dai bombardamenti, per cui il rito fu frettolosamente celebrato nella sacrestia. Mio padre era riuscito a cucirsi un vestito utilizzando le coperte dei polacchi (il battaglione inviato dalla Polonia di stanza in Ancona). Non riuscendo a trovare il filo per attaccare i bottoni usò uno spago che, con il lucido delle scarpe, tinse di nero. Le scarpe invece gliele prestò, per la cerimonia, un sergente inglese.

Più originale e geniale l’abito di mia madre. Gli inglesi, presso i quali papà non trovando lavoro da sarto lavorava come facchino, gli regalarono alcuni metri di tessuto di un paracadute inutilizzabile, e mio padre, con grande abilità, e soprattutto tanto tenero amore, realizzò l’abito da sposa per mia madre. Non ci sono foto del matrimonio, e forse è meglio, così la fantasia supplisce all’estrema povertà della coperta polacca e del paracadute inglese.

Il viaggio di nozze lo fecero su un sidecar guidato da un soldato inglese, dalla chiesa alla casa di mia madre, dove, con l’aiuto di parenti ed amici, i familiari erano riusciti a procurarsi alcune bottiglie di vermouth e dei pasticcini per fare festa. Per il brindisi augurale agli sposi, l’inesistente spumante fu sostituito da un caldo punch.

No, le condizioni per sposarsi non c’erano. Mio padre lavorava saltuariamente come facchino presso gli inglesi e mia madre, che pur aveva avuto un buon posto come impiegata alle Poste, l’aveva abbandonato per seguire la famiglia sfollata in un paesino vicino Ancona.

Erano senza lavoro, senza soldi, senza casa, ma con tanto amore e tanta fiducia nella vita.

E io li ringrazio per questa loro avventatezza. Afferma la Bibbia che “Chi bada al vento non semina mai, e chi osserva le nuvole non miete” (Qo 11,4). E i miei incuranti dei venti e delle nuvole che si addensavano sulla loro esistenza, si sono sposati.

DUE INCOSCIENTI E UN MATRIMONIOultima modifica: 2014-12-28T10:11:36+01:00da piero-murineddu
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