Grafomania? Solo espressione del pensiero

 Raccolta parziale di mie lettere pubblicate

                                   sul quotidiano  “La Nuova Sardegna”

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      1 Giugno 2006

                 I monumenti di Sorso sono abbandonati

Di domenica mattina porto mia figlia e il mio piccolo nipotino a far conoscere loro il paese in cui vivono, a partire dagli spazi verdi. Scopriamo purtroppo che gli unici giochi dove far sfogare la loro esuberanza si trovano all’interno di un giardino, che da quel che ne so, è perennemente chiuso. Scopriamo una sorta di scivolo in un altro piccolo spazio, ma non è impresa facile scivolarci, dal momento che è di pietra. Tento di recuperare, portandoli in alcuni luoghi storici. Arriviamo all’antico lavatoio, dove, facendo uno sforzo per non far notar loro le tante siringhe sparse per terra e lo stato di totale abbandono, spiego la grande importanza che il luogo aveva nel passato, per la mancanza di acqua corrente nelle abitazioni. Nelle vicinanze, a malapena dall’alto riusciamo a intravedere la fontana storica dei sorsesi e lo spazio circostante, la cui visita è perennemente impedita sia ai turisti, sia sopratutto ai bambini e alla popolazione, salvo qualche rarissima eccezione. Inevitabilmente mi viene da chiedere a chi amministra la cosa pubblica e che anch’io ho voluto al governo col mio voto: possibile che non si riesca a rendere usufruibili questi spazi? O è destino che dobbiamo prendere sempre la macchina per andare dove ci sono spazi vivibili? 

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   06 febbraio 2009

Parcheggiare in città è difficile e troppo caro ma  

             soprattutto mancano le indicazioni

Una mattinata sfortunata. Nonostante le istintive resistenze a recarmi in città, se non altro per evitare l’inevitabile dose di stress che ogni automobilista giornalmente deve accumulare nel percorrerne le strade e nell’ansiosa ricerca di un parcheggio, una metà mattina di un qualunque giorno feriale mi son dovuto recare controvoglia a Sassari per ritirare un certificato medico. Come prima tappa, cerco un buco per sistemare l’auto nei pressi della stazione ferroviaria, al fine di potermi servire della Metropolitana. Sforzo vano. Mi reco quindi nei pressi degli ospedali e penso di andare a parcheggiare sotto il “Palazzo rosa”. Da subito intravedo la difficoltà di trovare uno stallo libero. Nessun addetto e nessun segnale luminoso avverte della disponibilità o meno di posti, per cui non mi rimane che avventurarmi nei locali quasi al buio. A un certo punto, un muro mi conferma l’assenza completa di posti liberi. Con non poca fatica e apprensione, visto lo spazio limitatissimo, inizio a fare manovra. Disdetta! La fiancata destra dell’auto rimane graffiata da una colonna. Mentre sto per “liberarmi”, non valuto a sufficienza lo spazio minimo dell’uscita più vicina. Ridisdetta! La parte anteriore sinistra rimane malamente graffiata dal muro, per giunta ruvido. Alquanto di malumore per la prospettiva di dover lasciare una considerevole somma dal carrozziere, riesco a trovare uno stallo libero nei parcheggi delle Cliniche, gestiti dalla Europol Service. Meno di dieci minuti mi sono sufficienti per ritirare il certificato. Recatomi allo sportello per il pagamento del parcheggio, riaffiora il malumore, che momentaneamente la gentilezza dell’infermiera incontrata mi aveva fatto dimenticare: per dieci minuti mi viene chiesto 1 euro e 20 centesimi. Mi chiedo se la mia è stata semplicemente una mattinata caratterizzata dalla “scalogna”, oppure se da Sassari è meglio tenersi alla larga!

 

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15 Settembre 2010

                         Qualcuno aiuti la famiglia di Masonga

Da qualche tempo ho instaurato un rapporto d’amicizia con Masonga e la sua famiglia senegalese, dalla quale sto ricevendo molti insegnamenti. Purtroppo nella casa che hanno in affitto a Sorso sono sotto sfratto. Nonostante l’impegno, la ricerca di un nuovo alloggio, iniziata da svariate settimane, si prefigura molto difficile. Anche io ed altre persone siamo impegnati in questa ricerca, ma quando si dice che si tratta di una famiglia di senegalesi il rifiuto è netto e definitivo. Ho paura che anche da noi la diffidenza e la chiusura verso l’immigrato stia assumendo proporzioni che rischiano di rasentare il razzismo. Masonga, tra l’altro eccellente pittore, dopo aver svolto diversi lavori e dimostrato la sua serietà e capacità, si ritrova a dover ripiegare nella solita attività d’ambulante. Ha tre figli meravigliosi e dotati di una sensibilità e intelligenza straordinari. Le due più grandi si sono inserite benissimo nella realtà sorsese, specialmente scolastica. Il piccolo frequenta l’asilo con molto entusiasmo. Purtroppo c’è la prospettiva che a breve debbano lasciare tutto ciò che hanno costruito qui per ritornare, forzatamente, in terra d’Africa. Il mio vuole essere un appello alle istituzioni e ai cittadini, perchè dimostriamo concretamente di essere un popolo accogliente e di non essere schiavi di pregiudizi verso gli immigrati. Masonga e sua moglie stanno cercando una casa dignitosa in affitto, possibilmente in campagna, per riprendere il contatto diretto con la terra, fondamentale per l’africano.

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17 giugno 2011

         Sedicenne di Sorso lasciato solo

 La partecipazione al funerale del giovane suicida di Sorso è stata massiccia, come succede in situazioni dove le persone sono colpite emotivamente. Padre Marco, nella sua toccante omelia, fa l’inevitabile analisi, rilevando la mancanza di valori di questa società consumista e invitando tutti a fare autocritica.  Come per molti, è possibile che il ragazzo vivesse una dimensione di solitudine che nessuno è stato in grado di colmare. Il parroco, dopo i rituali e forse inopportuni ringraziamenti alle autorità per la loro presenza, ai ragazzi presenti dice con forza e convinzione che lui e gli altri sacerdoti che sono in paese vogliono essere cercati perché vogliono… lavorare! É chiaro il suo riferimento alla “Vigna del Signore”. Ma questo “lavoro” di cui parla è ancora adeguato ai tempi pieni di contraddizioni e “privi di padri” che stiamo vivendo? Forse buona parte dei pastori di anime pensa che il suo lavoro sia proficuo se riesce ad attirare ragazzi in chiesa e ad impegnarli all’interno di gruppi sotto il suo controllo e la sua guida. È necessario ammettere che questo richiamo non è attraente per tutti i giovani. Si aspettano di essere ascoltati, principalmente nelle richieste non espresse verbalmente. È proprio questa capacità che manca oggi in molti adulti ed educatori. Tutti siamo pronti a elargire consigli e regole di comportamento, ma ascoltare l’altro è diventata impresa sempre più rara. Epperò questo è il compito principale per coloro che vogliono tentare di abbattere le barriere generazionali sempre più alte, siano essi preti o genitori, ma anche amministratori e responsabili a vari livelli.

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13 novembre 2011

     Giusta protesta dei pendolari di Sorso

 Ho letto proprio ieri sulle pagine della cronaca di Sassari e ritrovato volentieri su Facebook il reclamo che un gruppo di cittadini ha inviato alle autorità per i disagi di diverso genere provocati dai ritardi dei treni in partenza da e per Sorso, specialmente nelle prime ore del mattino, cioè quando è importante raggiungere puntualmente i luoghi di studio e di lavoro. Ne è prova la lettera che il gruppo – piuttosto folto – di pendolari ha consegnato all’Arst, che ha la gestione delle linee. La mia soddisfazione è data dal fatto che finalmente, almeno qualche volta, i cittadini tentano di superare la rassegnazione e pretendono i loro diritti.  Oltre i ritardi constatati personalmente, dal momento che anch’io mi servo di questo mezzo di trasporto, voglio qui richiamare l’attenzione sul fatto che ancora oggi, su questa tratta inaugurata nel lontano maggio 1930, circola il treno costruito in quegli stessi anni. Poco più moderno di un vagone a vapore, una locomotiva che fu messa sulle rotaie negli anni 50. Purtroppo il suo valore storico non va di pari passo alle giuste esigenze odierne di voler viaggiare comodamente e senza rischiare di prendersi un malanno con tutti gli spifferi e la mancanza di riscaldamento.  La cordialità del personale, anch’esso mortificato e penalizzato nel dover prestare servizio in tali condizioni, non è sufficiente a placare l’ira ed il malcontento dei viaggiatori. E intanto, i nostri politici che fanno? Si stanno dando da fare per cercare di diminuire i disagi dei concittadini amministrati?

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22 dicembre 2011

      Mezzi pubblici obsoleti


Se uno decide di servirsi dei mezzi pubblici per recarsi al lavoro, la tratta Sassari-Sorso lo costringe a rinunciarci. Qualche settimana fa si è parlato dei vecchi treni risalenti al periodo fascista ancora in uso, con tutti i disagi derivanti. Ma anche volendosi servire degli autobus, la situazione non migliora affatto. Non si riesce a capire perché i viaggiatori debbano anche in questo caso subire innumerevoli disagi, dovuti sempre all’uso di mezzi obsoleti. Martedì 13 dicembre, come al solito, mi trovo nel capolinea di via Zirano, aspettando il bus per fare rientro in paese, stazionando in mezzo alla sporcizia e costretto tra l’altro a inalare i gas di scarico dei grossi mezzi in moto, chissà perchè, diversi minuti prima della partenza. Naturalmente, alle 14,10, orario previsto, dell’autobus nessuna traccia. Dopo un bel po’, finalmente arriva. Al momento di salire a bordo, i passeggeri vengono bloccati dall’autista perchè non riesce ad accendere il motore. Lo stesso guidatore si mette in contatto con la centrale operativa per rimediare all’inconveniente, ma di risultati niente. Intanto il senso di frustrazione e la rabbia dei lavoratori e degli studenti montano, ma inutilmente. Dopo mezz’ora circa, arriva l’autobus per Santa Teresa di Gallura. L’assalto è in massa e in breve vengono occupati tutti i posti disponibili. Buona parte rinuncia al viaggio. Altri, me compreso, salgono e son costretti a viaggiare in piedi, faticando non poco a stare in equilibrio per tutto il tragitto. Se fosse un fatto isolato, ancora ancora. Il fatto è che questi episodi si ripetono, e quando va bene, si è costretti a viaggiare con mezzi scassati, sporchi e col riscaldamento che, guarda un po’, «proprio quel giorno non funziona».

                     

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11 luglio 2012

                                  Esempi di partecipazione

Caro professor Brigaglia, nella risposta alla mia, pubblicata lo scorso 26 giugno, lei mi chiedeva come i cittadini possono far sentire la loro voce agli amministratori pubblici in modo organizzato.Quando si parla di Democrazia Partecipativa si pensa ad un semplice auspicio, difficilmente applicabile in un contesto sociale e politico dove solitamente, non rispettando gli impegni presi in campagna elettorale, il candidato che si trova ad amministrare la cosa pubblica, più che farsi portavoce della volontà popolare, porta avanti la sua posizione e quella del partito di appartenenza. In diversi Comuni italiani la partecipazione diretta dei cittadini è una fase imprescindibile prima di decidere come amministrare le risorse. L’amministrazione organizza assemblee pubbliche nei vari quartieri, e in modo democratico si decidono le priorità. Il frutto di queste discussioni pubbliche viene vagliato dalla giunta, facendolo diventare operativo, nel possibile. Perché non applicare questa prassi nelle nostre realtà locali? Certo, per arrivare a questi risultati bisogna crederci.Il problema è se il “politico” è disposto a farsi semplice tramite della volontà delle persone, mettendo da parte le tentazioni del potere. Molti politici però sono lontanissimi dalla mentalità del confronto. Si figuri che dalle nostre parti un esponente della maggioranza è arrivato ad insultare il consiglio comunale dicendo che «l’opposizione non merita nessuna risposta…. noi dobbiamo rispondere solo ai cittadini (sic)». Quali cittadini? Quelli che li hanno votati o tutti?

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 agosto 2012

                    Quanta acqua sprecata nelle aiuole pubbliche

Rivolgo attraverso il giornale una domanda agli amministratori di Sassari. Mi dica, Sig. Sindaco Ganau, ma non rimane contrariato quando vede l’acqua sprecata fuori dalle aiuole a causa della mancata regolazione degli irroratori? E alle orecchie e all’intelligenza dell’Assessore incaricato, giunge notizia di queste disfunzioni a cui dovrebbe porre rimedio, se non altro per evitare l’indignazione sempre più montante degli amministrati privati per troppe ore giornaliere di questo bene prezioso? Provi a dare un’occhiata nella piazza della Stazione, magari verso le otto di mattina. Buona passeggiata

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11 gennaio 2013

                 In memoria di Petronio

L’8 gennaio di due anni fa ci lasciava Petronio Pani, all’età di 82 anni. Una persona che ha avuto sempre massimo rispetto per l’altro, sia durante gli anni d’insegnamento nelle scuole di Sassari, sia nelle svariate attività portate avanti con passione e senza alcuna ricerca di tornaconto. Ha sempre cercato di costruire ponti d’incontro con gli altri, con la convinzione che la particolare ricchezza umana e culturale di ciascuno serva per la crescita comune. La sua perenne disponibilità serviva da stimolo per le persone che avevano la fortuna e l’avventura d’incontrarlo. Sono molti coloro che hanno beneficiato della sua generosità e che continuano ad avere un senso di riconoscenza per quest’uomo che non si tirava mai indietro davanti alle necessità altrui. Sono certo che il ricordo rimarrà vivo in tutti coloro che l’hanno conosciuto e le nuove generazioni apprezzeranno i racconti fatti su di lui. Lu Pintògliu è un’autodefinizione di Petronio. Egli ha sempre pungolato se stesso e le persone che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, affinché si superasse l’ordinaria banalità quotidiana, andando oltre la semplice cura del proprio orticello. Così facendo, è stato capace di rendere straordinaria la sua vita.

risposta di Brigaglia

Murineddu ha ragione. La memoria di Petronio Pani, della sua gentilezza, della sua disponibilità verso il prossimo, dei suoi molteplici impegni nel sociale (in cui gli fu sempre vicina la moglie, la signora Gavina) è ancora fortemente viva fra i sorsensi. E scorrendo i ricordi della sua vita, cui lo stesso Murineddu ha dedicato un bel documentario, ho trovato anche memoria di un giornale goliardico del 1951, “Lu siazzu”, tra i cui redattori figura uno degli indimenticabili cittadini di Sorso, Andreuccio Bonfigli, che ne fu sindaco molto popolare. Questa lettera è un esempio: non soltanto perché vuole rinverdire una memoria che, peraltro, non si spegne (ci fu anche un “Memorial Petronio Pani” nell’ottobre di due anni fa, nel quadro di “Romangia corre”), ma anche perché mostra come il patrimonio di memorie “civili” di un paese si alimenta del ricordo degli uomini “buoni”, gente comune a suo modo straordinaria, gente che mette a frutto la propria vita impiegandola a favore degli altri. Ogni comunità avrebbe bisogno di questo piccolo Pantheon, in cui gli anziani possono riversare i loro ricordi e i giovani imparare le leggi essenziali della vita.

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29 gennaio 2013

                VOTO CONSAPEVOLE

In tanti anni di Democrazia rappresentativa, ne abbiamo visto (e subìto) tutti i limiti e le contraddizioni. Ogni tanto da parte della società civile, di qualche partito e di qualche isolato politico (almeno a parole), partono appelli ad una maggiore partecipazione dei cittadini alle scelte che riguardano tutta la collettività, ma i mezzi e i modi continuano ad essere vaghi e non tradotti in gesti operativi. Nonostante la novità delle “primarie” (non da parte di tutti, questo va detto chiaramente), la tendenza dei capi partito ad assicurare il posto a certi privilegiati permane. La verità è che chi si ritrova a gestire il potere non accetta di essere “disturbato”, per cui si preferisce andare avanti come sempre è stato. E allora, cosa resta da fare al singolo cittadino che crede ancora nella politica e che non tutti coloro che vogliono operare in questo campo siano “arraffoni ed arrivisti”? Proviamo ad informarci. In molti casi la possibilità di conoscere il curriculum delle persone pubbliche è alla portata di tutti. Informarci sull’attività e l’apporto dato al bene comune e, nel caso d’esperienza già fatta, sapere come ha amministrato la cosa pubblica. Informarci sui rapporti del candidato con la giustizia è fondamentale. Certo, essere indagato non vuol dire aver subìto una condanna, specialmente penale. In questo caso, tuttavia, si dovrebbe avere la decenza di mettersi da parte. Far politica non è un mestiere, ma la decisione seria di uscir fuori dalle proprie comodità per mettersi a servizio degli altri. Lo so, come definizione è quasi commovente, e i malumori e i forti risentimenti da parte dei tanti esclusi dalla formazione delle liste, oltre l’indecente sbraitare di chi si sente incoronato dal leader nazionale a guidare le liste e le lotte conseguenti, mi fanno ancora pensare che gli scopi siano diversi da quelli del servizio al prossimo. Purtroppo, per colpa dei troppi che hanno tratto profitto personale, nel sentire comune la visione di Politica come Servizio continua a far sorridere. Ad altri più sensibili, però, fa quasi piangere.

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13 febbraio 2013

                                          Satira fastidiosa

Tradizionalmente e con molta evidenza, i politici rimangono infastiditi ad hanno paura della satira. Al contrario, a noi persone “comuni”, la satira serve come antidoto al loro prendersi troppo sul serio e come ricostituente per l’umore, spesso a terra per le troppe cose inaccettabili che siamo costretti a subìre. Su “La Nuova Sardegna”, Ferdinando Camon ha parlato dell’argomento. Tra l’altro, ammette che nella trasmissione “Ballarò”, dopo l’intervento iniziale di Crozza e l’inizio della presentazione dei cartelli statistici, cambia canale. Io non solo cambio canale, ma spesso dedico il tempo finale della giornata a qualche libro che nel momento mi sta appassionando, invece di lasciarmi andare alla passività televisiva.Mentre Crozza ridicolizza i politici, presenti o meno, senza distinzione di colori, le telecamere inquadrano i volti di questi, volta per volta divertiti (almeno apparentemente!), o corrucciati trattendo la rabbia che sale. In prossimità del Festival di Sanremo, il Monarca Innominabile annuncia di non aver paura della Lucianina “Gambecorte”, a differenza dei suoi , che temono che sia occasione per fare campagna elettorale. Si sa, il Super Capo deve sempre mostrare sicurezza, e non far trasparire segni di cedimento. Ci mancherebbe…. Lui! Vedremo. L’argomento mi fa ripensare alle reazioni scomposte che durante il Carnevale scorso ci sono state a Sorso, quando un Giudice Giullare aveva fatto un processo a Re Giorgio molto particolare, scherzando coi politici locali ed altri personaggi sorsesi. Apriti, cielo! Minacce di denunce e quant’altro. Conclusione: già da questo Carnevale 2013 l’anarchica e liberante buffoneria di li sussinchi è stata messa a tacere.

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17 febbraio 2013

                          Scrutatori – Sorso insiste con i vecchi criteri

Anche questa volta il Consiglio comunale di Sorso ha scelto gli scrutatori per le elezioni secondo la normativa vigente, cioè proporzionati ai partiti eletti. Ogni Comune avrebbe facoltà di modificare il metodo di scelta, come ci dice l’esempio dato da Alghero, purtroppo non seguito. Nella cittadina catalana, i 218 scrutatori sono stati sorteggiati tra tutti coloro che ne avevano fatto richiesta, e molti degli estratti hanno rinunciato in favore di altri, disoccupati e senza reddito. Ringrazio gli algheresi per la dimostrazione di civiltà dimostrata. Non posso invece non esprimere la mia delusione e amarezza per la solita logica spartitoria usata dal nostro Consiglio Comunale. Mi rimane la speranza che quando ci recheremo a votare, le schede non ci vengano consegnate dai soliti volti, compresi i presidenti di seggio, con un lavoro e un reddito assicurato. Oltre che uno sfregio al senso di giustizia, sarebbe imperdonabile nei confronti dei troppi disoccupati, magari con un diploma e una laurea in tasca, ma senza “angeli in paradiso”.

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4 maggio 2013

                  Un’opportunità per chi ha sbagliato

Mi ha riempito di speranza leggere che recentemente il sindaco di Mamoiada che ha teso una mano al suo attentatore e che ricorda che «il nostro compito fondamentale è quello di costruire comunità, non separare, isolare e nè tantomeno giudicare». Tra l’altro, il primo cittadino dice che la sua amministrazione ha fatto una convenzione col tribunale, finalizzata al «recupero dei carcerati mediante l’inserimento in lavori di pubblica utilità». Come ci ha informato la stampa, negli stessi giorni i comuni di Sassari, Porto Torres e Sorso hanno fatto una cosa simile, applicando semplicemente il dettato costituzionale che considera e motiva la detenzione per migliorare chi ha sbagliato più che a punirlo. Personalmente ho gioito di questo. La soddisfazione è stata però oscurata dall’indignazione al sentire reazioni risentite per quest’iniziativa. I soliti e qualunquisti luoghi comuni: ”Non c’è lavoro per le persone oneste e lo danno ai galeotti” oppure “Per essere aiutati dallo Stato, bisogna essere o drogati o delinquenti” e via di questo passo. Comprensibile se a dirlo è un padre di famiglia mortificato e incattivito dall’impossibilità di accedere ad un qualsiasi reddito, ma non è accettabile come giudizio e atteggiamento da parte di un popolo civile che ha il dovere della solidarietà, anche verso chi ha infranto la legge, magari per necessità e per disperazione, e che non può negare l’opportunità di rimediare allo sbaglio che si è fatto.

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15 maggio 2013

                   Il treno a retromarcia

Non so se esiste un precedente. Alle 6,30 di questo martedì, il treno che da Sorso conduce a Sassari è arrivato faticosamente a destinazione, ma… a marcia indietro (!). Partito già lentamente con un motore in meno, poco dopo l’uscita dall’abitato si è fermato, con disappunto dei passeggeri e ansioso punto interrogativo da chi aveva bisogno di raggiungere il posto di lavoro in città. A fatica si riparte, per fermarsi subito dopo. È qui che il macchinista decide di prendere i comandi nella parte opposta dei tre vagoni e avviare la retromarcia. L’arrivo quasi insperato in città. E per di più in un orario ancora accettabile, allenta la tensione nei viaggiatori. Messo piede a terra, non esito a chiedere scusa al controllore col quale, alla prima sosta, si era creato un piccolo diverbio, un po’ per il modo brusco col quale mi aveva fatto una giusta osservazione e un po’ per la mia permalosità, dovuta anche al poco riposo notturno. È questo il motivo principale di questa mia lettera, cioè l’importanza di fare un passo per ricomporre possibili incomprensioni, superando stupide testardaggini e sterile orgoglio, ma naturalmente anche per denunciare, se mai ce ne fosse ancora bisogno, lo stato penoso dei treni in Sardegna.

Risposta di Brigaglia

La Sua è una lettera esemplare, nel senso specifico di “che serve da esempio”. Esempio numero uno. Il viaggio Sorso-Sassari a marcia indietro, se non fosse l’ennesima manifestazione della precarietà in cui si trovano i servizi ferroviari in Sardegna, sarebbe una storia da collocare pari pari nell’imperituro album dei rapporti fra sassaresi e sorsinchi, che si apre con la famosa “Battaglia di Rosello-Tira chi ti tostha”. Esempio numero due. Straordinario spirito di iniziativa del controllore (o chi per lui), che invece di adottare il principio sardesco del “fare fanno come fanno a Bosa, che quando piove lasciano piovere”, realizza con il ricorso alla retromarcia non solo il miracolo di portare i viaggiatori a destinazione, ma anche di farli arrivare quasi in orario (cioè con il ritardo che è consueto a molte delle linee sarde). Esempio numero tre. Il viaggiatore che chiede scusa al controllore. Comportamento da gentiluomo di Romangia, di cui non si conoscono molti casi: né più né meno di quanti pochi se ne conoscono di controllori che chiedono scusa al viaggiatore. Urrah, dunque, e passiamo il tutto alle cronache prossime venture.

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22 maggio 2013

                               Riparare è meglio che rottamate

Zia Firumèna, madre di Peppeddhu, ha bisogno di un letto ortopedico, per cui il figlio si reca presso l’ASL per averne uno in comodato d’uso. Non vedendo più i presidi arrugginiti, viene a sapere da Giuanniccu, che qualche giorno prima è stato portato tutto via. Bisogna sapere che Peppeddhu, avendo frequentato la gloriosa scuola di masthr’Antòni Pàni, indimenticato fabbro factotum di Sorso, si diletta da sempre a ridare vita agli oggetti apparentemente inservibili. Indignato per tanto spreco e probabilmente senza conoscere le correnti modalità d’assunzione, si propone direttamente alla Direzione dell’Ente per riparare tutti gli apparecchi.Il Direttore, dopo un frettoloso sguardo a questa inusuale richiesta, senza esitare butta il foglio nel cestino, ma inaspettatamente lo raccoglie e decide di mettere alla prova il giovane . Il suo stretto collaboratore gli richiama la prassi normale, cioè pubblico concorso e soprattutto l’indicazione del Politico Influente, ma lui vuole fare di testa sua. Nell’arco di poco tempo il miracolo promesso da Peppeddhu,affiancato sempre da Giuanniccu, si avvera: carrozzine, letti e quant’altro vengono perfettamente rimessi a nuovo, con disappunto delle Ditte Ortopediche e grande gioia delle casse dell’ASL. Ma non solo. La notizia incredibile che una persona capace non è stata assunta con l’intercessione del Politico Influente, provoca un altro miracolo, cioè risvegliare l’antico entusiasmo dei vecchi dipendenti.

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                           La raccomandazione e la pagnotta

Seduti al bar con altri tre amici, parliamo della raccomandazione. Mentre Mario afferma che per l’urgenza di assicurarsi la pagnotta, gli scrupoli morali ai tempi d’oggi sono rarissimi, Umberto mette in evidenza che le Caste sociali si reggono su questi interessi ed intrecci traversali. Maria Antonietta dice che taluni che ne usufruiscono addirittura l’ostentano e per chi la concede è motivo di orgoglio. La discussione si anima. E’ esagerato affermare che nei concorsi pubblici la cosa diventa criminale? Presentarsi con le carte in regola è un diritto, ma non è dignitoso raccomandarsi al potente perchè intervenga. Se il potente interviene è illegale, ma è ancora più grave se la Commissione giudicante si fa manovrare nello stilare la graduatoria di merito.Una concezione distorta della politica, che riduce i cittadini a sudditi che assicurano all’Influente Benefattore il potere raggiunto,perpetua questo malcostume. Ma l’insicurezza e i rapporti all’insegna del “do ut des” comprende anche i rapporti interpersonali, fino al punto che si cerca per istinto il conoscente che lavora in qualsiasi ente pubblico per ottenere il più elementare diritto.Bisogna ammettere la triste verità, cioè che questa malattia è talmente cronicizzata e siamo in una situazione del “si salvi chi può”, che importa solo risolvere il proprio problema personale? Chissà se il prete dei tempi passati immaginava che la sua innocente lettera di raccomandazione per il bravo parrocchiano avrebbe generato un tale sconquasso nella nostra società! Intanto, ci lamentiamo col barman siciliano perchè il caffè servito è imbevibile. Ci risponde di non rompere i cabasisi:sono questi discorsi che facciamo che lo rendono amarissimo.

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8 luglio 2013

                                   Cervelli in fuga

Con grossi sacrifici personali e della famiglia, nei giorni scorsi mio figlio ha conseguito una laurea alla “Sapienza” di Roma. Per la possibilità avuta di soggiornare in alcuni Paesi europei e per l’apprendimento di almeno tre lingue, sarà molto probabile che scelga di andare a vivere all’estero. La volontà di adattarsi ad altre culture è importante, ma è triste doverlo fare perché qui non si intravedono prospettive. È cosa grave l’allontanamento forzato non solo dei cosiddetti “cervelli in fuga”, ma di qualsiasi persona, col suo insieme di capacità. Aspetto, questo, non meno importante. Che possibilità di vita dignitosa offre questo Paese e la Sardegna in particolare? Sono sicuramente apprezzabili i tentativi di chi con fantasia intraprende una qualsiasi attività con l’intento di migliorare la nostra terra, ma raramente il coraggio di rimanere è riconosciuto e incoraggiato. La mia imperdonabile colpa è che una volta, tanti anni fa, seppur a livello locale, ho contribuito anch’io ad alimentare il potere berlusconiano che in tutti questi lunghi anni ha portato non pochi a vergognarsi di essere italiani. Non abbiamo tardato a patire la conduzione padronale che questo stravagante imprenditore ha fatto dell’Italia. Gli animi di molti sono sempre più esasperati, eppure si continua a mantenere il Sultano in piedi e con le attuali e ipocrite “larghe intese” – per rimanere aggrappati al potere, s’intende! – tutta la politica nazionale continua a ruotare scandalosamente intorno a questo personaggio, per cui vedere prospettive incoraggianti all’orizzonte è impresa ardua. E allora? Coraggio, figlio mio, considerati cittadino del mondo e realizza la tua vita dove ti porta …il cervello.

Risposta di Brigaglia

La Sua lettera dice almeno quattro cose che colpiscono l’attenzione. La prima, abbastanza usuale, è che mentre i dati ci mettono dietro altre 98 regioni d’Europa per numero di laureati, chi si laurea qui non trova lavoro. La seconda, su cui si mette meno attenzione, è che il governo regionale pare non voglia (possa?) far nulla per chi, laureato, vuole restare qui. La terza, meno impressa, credo, nella coscienza degli italiani, è che il regime di quest’ultimo ventennio ha grande colpa di questa situazione. La quarta è che dobbiamo abituarci a vivere nel mondo globalizzato come fossimo a casa nostra.

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1 dicembre 2013

               Servitori dello Stato non solo in divisa

Nei drammatici giorni dell’alluvione, un politico rilevava la “gravità” dell’assenza delle Camere ai funerali del poliziotto morto in servizio. Eppure c’era la bara avvolta dal tricolore, c’era il capo della Polizia, c’era la presidente del Consiglio Regionale e lo stesso Cappellacci. Tuttavia, il politico evidenzia che le istituzioni non hanno degnamente onorato l’eroismo di un “servitore dello Stato”. Sul valore che si dà al termine “eroe”, sarebbe tutto da discutere, anche considerando che il povero poliziotto, perito a causa dell’improvvisa voragine apertasi nel ponte, stava svolgendo uno dei tanti compiti previsti dal mestiere che aveva scelto. Ci sarebbe da riflettere sopratutto sulla dicitura “servitore dello Stato”. Chiedo come mai solitamente è considerato tale chi indossa una qualsiasi divisa, possibilmente delle forze dell’ordine, oppure che ricopre un ruolo di rilievo nella società. Il pensiero va anche ai poveri militari periti in terra straniera non per azioni di guerra in senso stretto, ma per un semplice incidente stradale. Al loro rientro in patria sono accolti da eroi e con solenni funerali di Stato. Un poveretto che muore sul posto di lavoro, sottopagato e magari perchè non sono state osservate le norme di sicurezza, non è un servitore dello Stato? Un insegnante che muore d’infarto perchè stressato dalle dure ore di lavoro coi ragazzi, un anziano metalmeccanico che muore di cancro dopo aver respirato per anni veleni, un militare ammalatosi gravemente nei campi d’addestramento che doveva ripulire dalle scorie dell’uranio impoverito. Non sono anche questi servitori dello stato? Isael, immigrato brasiliano da svariati anni in Gallura, perito con la sua famiglia imprigionata dalle acque del seminterrato della casa non sua che custodiva, non era un servitore dello Stato? Eppure era un onesto e ben voluto cittadino. Altre vicende recenti ci hanno mostrato e continuano a mostrarci che non tutti siamo uguali, davanti alla legge e purtroppo, rischiamo di non esserlo neanche davanti alla morte. Che la terra sia lieve a tutte le vittime di questa e di tutte le tragedie, vittime sì di fenomeni naturali straordinari, ma sopratutto dell’imbecillità umana.

 

 

 

Grafomania? Solo espressione del pensieroultima modifica: 2013-12-03T11:57:12+01:00da piero-murineddu
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