Autore archivio: piero-murineddu

“Forconi” e pietoso opportunismo

 

GRAMSCI

 

 

di Piero Murineddu

A proposito del variegato movimento nato sulla spinta dei “forconi” siciliani, e quindi sullo spontaneismo delle lotte di piazza, nei suoi “Quaderni” Antonio Gramsci scriveva che bisogna decidere una “direzione consapevole”; che bisogna comprendere i “bisogni fondamentali” e le “energie latenti” delle masse; che bisogna “non avere paura di prendersi responsabilità concrete”.

FORC

Dopo aver letto queste indicazioni, il raggruppamento più vicino al grande pensatore sardo comunista perito nelle galere fasciste, cioè la nuova FORZA ITALIA, dichiara pubblicamente:

“Tocca a noi difendere questa gente, che è la nostra gente. Dobbiamo non solo dialogare,ma offrire strumenti di protesta e proposta”

FORCO

Reggetemi, per favore…sto per svenire! E vi supplico: allontanatemi quel benedetto forcone! Ho paura che appena mi riprendo dallo schock, mi metta a correre per infilzarlo a chi so io…..

 

 

 

Mobilitazione civile e organizzata contro le decisioni imposte dall’alto

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di Giulia Clarkson

Bastian contrario per partito preso? Neanche per sogno. Pericolosi no global o terroristi pronti a tutto? Qualcuno ha voluto farlo credere. Ma il gioco è stato presto smascherato. Sebbene ciò non significhi che non verrà riproposto. Però una cosa é certa: a furia di remar contro, cresce la consapevolezza. E indietro non si torna più. Il movimento No Tav, in Val di Susa è un simbolo nazionale di resistenza civile. Ha dalla sua anni di studi e di mobilitazioni. È capace di organizzarsi e manifestare con grande creatività. E la qualità della vita dei suoi aderenti si è grandemente innalzata. A dirlo è Chiara Sasso, in prima linea fin dall’inizio, ospite dell’incontro “Perché No”, organizzato a Cagliari nel gremito locale dell’associazione Don Chisciotte nella serata di commiato di un brillante e seguitissimo Marina Cafè Noir dedicato a chi, in tempo di venti contrari, non smette di cercare possibilità alternative e non maggioritarie.

Tema sensibile, quello dei comitati territoriali di base, anche in Sardegna quanto mai vivi e sull’allerta. A perorare la causa dell’ambiente contro la deturpazione del territorio; del benessere della cittadinanza contro le multinazionali o spregiudicati gruppi edili, troppo spesso patrocinati dalle amministrazioni pubbliche. Per dolo o per colpevole ignoranza. Questioni di contenuti dunque, ma anche di metodo: non c’è più spazio per decisioni calate sulla testa della gente. Non c’è spazio per l’approssimazione. E l’esperienza dei movimenti sardi No Radar, No al progetto Eleonora e STpB/In Bosa.

Ottimo, per esempio, il coordinamento tra i comitati e le popolazioni che riesce a bloccare i cantieri di nuovi 13 radar militari previsti nel sistema VTS (Vessel Traffic Service) promosso dal Ministero dei Trasporti per il controllo del traffico marittimo e da integrare con il sistema C4ISR a fini di intelligence militare e di sicurezza (uno è già operativo a Guardia Vecchia, sull’Isola della Maddalena, dal 2003, e uno presso il Faro di S. Elia, a Cagliari, dal 2011) in zone altamente sensibili, aree naturalistiche o archeologiche.

Per Massimo Coraddu, attivista dei No Radar e dei No Muos siciliani (il Mobile User Objective System è il sistema di telecomunicazioni satellitare della marina militare statunitense che dovrebbe coordinare, dalla Sicilia, i droni e tutti i sistemi militari statunitensi nel mondo) si tratta «dell’ennesima opera costosissima e devastante per l’ambiente, spinta dalle multinazionali militari italiane per un business di parecchi milioni di euro».

Tenute fuori le forze politiche istituzionali, convinti gli amministratori a cambiare rotta, anche a seguito della decisione del Tar che riconosce l’illegittimità delle concessioni e di conseguenza legittima i dimostranti, tenuto duro anche contro le intimidazioni, la battaglia non è finita: sebbene gli obiettivi sono stati ridotti per via della spending review, ci si aspettano nuovi tentativi di installazioni, all’Asinara e ad Olbia.

Ad Arborea è sorta quasi istintiva la mobilitazione contro un progetto lacunoso ed irrispettoso. Precisa Davide Rullo che «non c’è correlazione tra la resistenza al progetto Eleonora della Saras ed il metano. Il fatto è che il progetto ignora l’esistenza di abitazioni, prevede la realizzazione di un pozzo esplorativo per la ricerca di gas naturale a 200mt dallo stagno di S’Ena Arrubia, vicino a un campeggio, alla costa, alle aziende agricole».

Doppia pressione a Bosa, dove il Comitato per la Salvaguardia coste bosane, di cui ha riferito Gianluca Nieddu, difende il tratto di costa che va verso Alghero, rimasto quasi incontaminato poiché base degli addestramenti della Gladio. Oggi il nuovo appiglio per 330mila metri cubi di cemento – in un luogo tutelato da vincolo paesaggistico, regno in cui nidifica il grifone e anche zona archeologica – è offerto dalla recente legge regionale sul golf, che apre a nuove cubature in maniera fin troppo disinvolta. Il comitato InBosa inoltre, propone un’idea di parco dal basso, da costruire insieme alle parti interessate, in coerenza con l’idea, fil rouge tra tutti i movimenti, che il paesaggio sia un bene che appartiene ai sardi di oggi e delle generazioni future e che l’era degli scippi è definitivamente conclusa.

 

Rivoluzione è rispettare la legge

di Ferruccio Sansa

Illegalità-Corruzione

Rispettare la legge. Questo è davvero rivoluzionario e sovversivo in Italia. Più dei forconi, dei blocchi, delle occupazioni, delle liste di proscrizione.

Siamo tutti disorientati. Viviamo in un Paese capovolto, dove lo Stato – che dovrebbe essere presidio della legalità – è spesso rappresentato da chi si mette le regole sotto i piedi. Peggio, ne crea di nuove a proprio uso e consumo. E così fornisce pretesto per anarchia e violenza.

Decenni di mala politica hanno depositato nei nostri pensieri una polvere tossica: oltre la corruzione, oltre la criminalità, c’è la perdita del senso della giustizia. Ma la vera rivoluzione non è una battaglia con le stesse armi dell’illegalità. Così si rafforza chi sta al potere. Sovversivo sarebbe combattere il (dis)ordine costituito con il rispetto della legge. Solo allora il re sarà nudo.

Non è un discorso vuoto. Proviamo a immaginarla concretamente: una giornata di protesta in cui tutti rispettiamo le regole (anche quelle non scritte in un codice). In cui pretendiamo che gli altri –soprattutto chi rappresenta le istituzioni – facciano altrettanto.

Immaginiamo un giorno in cui si rispettino le corsie preferenziali, le strisce pedonali e si richiami il vigile che gira la testa di fronte all’auto nel parcheggio degli handicappati. Un giorno senza cacciare i rifiuti dal finestrino, senza costruire verande abusive, senza presentare certificati falsi per le tasse scolastiche. Un giorno fornendo le ricevute fiscali per i lavori che compiamo. Appena ventiquattro ore senza raccomandare figli agli esami, senza saltare code, senza timbrare cartellini fasulli, senza interminabili pause caffè se siamo allo sportello di un ufficio pubblico. Ma anche un giorno intasando i centralini delle Ferrovie quando saliamo su treni ridotti a carri bestiame e in ritardo di ore. Un giorno dedicando dieci minuti per scrivere una mail alla Presidenza del Consiglio perché rispetti il referendum sull’abolizione del finanziamento dei partiti. Per sommergere di messaggi Camera e Senato chiedendo di rispondere alle interrogazioni parlamentari.

Oggi siamo impegnati in analisi sociologiche pensose e fumose sui forconi e la protesta. Quando conosciamo la prima causa del male: la mancanza di legalità. Di giustizia.

Abbiamo tutti ricordato Nelson Mandela. Ma che cosa sarebbe successo se Madiba per combattere i razzisti avesse usato il loro stesso odio? L’Apartheid dominerebbe ancora il Sud Africa. No, serve un passo ulteriore, più difficile. Serve  capire. Che è l’opposto di giustificare. Allora proviamo a capire che cosa ci ha portato al disastro e  cambiamo strada.

Diceva Mandela: “Non importa quanto stretto sia il passaggio: io sono il padrone del mio destino. Io sono il capitano della mia anima”

REGIONE SARDEGNA: da “bere”, ma anche da spolpare e rosicchiare

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Ormai, tra indagati, rinviati a giudizio, arrestati e qualcuno condannato, i politici sardi sono oltre 60. Almeno …..per adesso.

Certo, tutti innocenti fino a prova contraria.

Buona parte si dichiara “con la coscienza pulita, pronti a collaborare e fiduciosi nell’operato degli inquirenti”

E noi amministrati (e secondo altri indecentemente truffati !!), siamo ugualmente fiduciosi e ….A-SPE-TTIA-MO !!

Il coraggioso “profeta” che si scaglia contro i potenti

di Franco Barbero

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Gesù si innamora di questo testimone, di questo maestro che si scaglia contro i potenti e invita ad un battesimo di conversione. Giovanni il Battista, “colui che battezza”.Gesù è stato colpito da questo maestro che mette a repentaglio la propria vita pur di non tradire il messaggio che deve annunciare. Il Battista era in prigione perché non si era piegato ad Antipa, non aveva “addomesticato” il suo messaggio, non si era tirato indietro davanti alle minacce e poi all’estrema intimazione di tacere.

 Gesù abbraccerà la causa di Dio e dei poveri senza risparmio, fino alle estreme conseguenze, esattamente come il Battista.

Il mondo, quello della esistenza quotidiana, quello della politica, è pieno di cortigiani, di persone squallide che hanno solo cercato di farsi strada con la pratica dell’inchino. Si tratta di gente pronta a vendersi al miglior offerente, a cambiare bandiera ad ogni cambiar del vento, a prostituirsi pur di far carriera.

Per contrasto pochi giorni fa abbiamo partecipato con emozione alla “festa del congedo e della memoria” di Nelson Mandela. Che distanza tra certi politicanti e questo profeta dell’uguaglianza… ma la vita di Mandela evidenzia una “statura profetica” come quella del Battista. Questa statura profetica,si forgia nella lotta, si nutre di fede in Dio e di fiducia nella “gente comune”, negli ultimi.

Sono persone ed esistenze che non mettono al centro se stesse, che non coltivano il culto della personalità, ma vivono ed incarnano una autorevolezza che si esprime nel servizio e nella disponibilità. Ovviamente, queste persone sono “pericolose” perché il loro stile di vita è in palese contestazione di chi vive nel lusso e nel potere come dominio. Tutti e tutte noi abbiamo bisogno di incontrare queste persone che mettono in crisi una “vita sdraiata” e una “fede accomodata”.

Non ci accorgiamo anche noi che il fuoco che Gesù è venuto a spargere sulla terra sembra far paura anche alla nostra chiesa e alle nostre vite?

Un altro Natale, e ancora non capiamo  che non è memoria di una nascita, ma memoria di una vita, quella storica di Gesù. Gesù non è “interessante” per la sua nascita. Gesù è per noi “interessante” e “provocatorio” per il suo stile di vita: ecco su che cosa dobbiamo fare centro, ben oltre le nenie natalizie pur così suggestive.

Vedo nella chiesa cattolica, in tanti scritti, in tanti piccoli segnali, che attorno a papa Francesco sta nascendo una sotterranea ed estesa opposizione. Sì, a mio avviso,papa Francesco è molto più solo di quanto noi pensiamo.

Non ha fatto nessuna rivoluzione: ha solo mosso un po’ le acque, ha fatto un po’ di pulizia, ha improntato il suo ministero a sobrietà e semplicità, si è dichiarato contrario ai privilegi clericali…..Eppure per certuni questo papa fa già dei “danni” alla chiesa. Mi sembra che ci sia in atto la congiura di poteri forti, fuori e dentro la chiesa, che vuole bloccare l’opera di questo vescovo di Roma che cerca con sincerità e coraggio, con grande cura e disponibilità pastorale, di riagganciare questo vecchio carrozzone cattolico al Vangelo di Gesù. 

La Profezia continua a far paura, a tutti i “Poteri”.

Uso e abuso di reliquie dei santi. E basta! Un pò di decenza, per la miseria !

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di Guido Piovano

Dopo tre anni di viaggio attraverso i cinque continenti e i 132 Paesi che vedono la presenza della Congregazione Salesiana e dopo aver girato in ultimo l’Europa, è in Piemonte l’urna di don Bosco con la statua del santo e la reliquia della mano destra “quella con cui benediceva, scriveva le costituzioni, le lettere cattoliche, assolveva i peccati e indicava la strada” dicono i Salesiani.

Strano modo, invero un po’ macabro, di celebrare la vita di un santo è quello di spezzettarne il corpo ed esporne i pezzi per la gioia e l’elemosina dei più semplici.

Quanto rende la mano del santo? Dopo il cuore e un osso del collo di san Pio da Pietralcina, il sangue di san Gennaro, la lingua, il mento e l’apparato vocale di sant’Antonio da Padova e ora una mano di don Bosco, per citare solo alcune delle reliquie più famose, cosa ci dobbiamo ancora aspettare?

Se pensate che quanto scrivo sia poco rispettoso, leggete quanto è successo al corpo di sant’Agata:

il corpo di sant’Agata a Catania è suddiviso in vari reliquiari: uno per alcuni organi del busto con la testa, uno per ciascun femore, uno per ciascun braccio, uno per ciascuna gamba, tutti eseguiti dagli orafi di Limoges. Nel 1628 fu realizzato il reliquiario per la mammella. Ulna e radio di un braccio di sant’Agata sono a Palermo, nella Cappella regia. Un osso del braccio di sant’Agata è a Messina, nel monastero del SS. Salvatore. Una parte dell’osso del braccio di sant’Agata è ad Alì (ME). Un dito di Sant’Agata è a sant’Agata de’ Goti (BN).

A quando una seria riflessione su uso e abuso di reliquie di santi e santini? 

La fede ha proprio bisogno di tutto questo ciarpame che puzza alla grande di superstizione e di affarismo?

 

 

La lista buona di Bergoglio

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di Maurizio Chierici

Si dice sempre così: sembra inventata ma è una storia vera. Al volante di una berlina scura un uomo attraversa la città senza sgommare. Osserva i militari appostati agli angoli di ogni strada con l’attenzione di un ricercato in fuga. Lo tormenta il segreto nascosto nel bagagliaio dove è rannicchiata una signora: la sta portando al collegio San Miguel, fuori Buenos Aires. Inventa giravolte che allungano il cammino, non si sa mai qualcuno lo tenga d’occhio. Non è un cuore da malfattore a suggerirgli le diversioni. Sta organizzando un incontro d’amore: due bambini aspettano la madre nascosti nella comunità dei gesuiti, Argentina senza pietà 1976.
I militari al potere col generale Videla danno la caccia ad Alicia Oliveira, giudice penale sfuggita per caso alla retata nel Centro Studi Sociali e Legali che provava a difendere prigionieri politici senza speranza. Una spina nel fianco del regime. Doveva sparire. Alla lista mancava la signora Oliveira appena licenziata dal ministro della Giustizia: “Quando ha saputo che avevo perso il lavoro, Jorge mi ha mandato un mazzo di rose”. Jorge era alla guida di quella macchina. Sono amicida quattro anni e appena Jorge si accorge che la polizia la sta cercando le offre di nasconderla nel collegio Maximo di San Miguel: “Potrai abbracciare i tuoi figli in un posto sicuro”. “Piuttosto che vivere coi preti preferisco la galera”, il laicismo della signora non si arrende. Ma Jorge non l’abbandona. Alicia Oliveira continua a incontrare i ragazzi che lo stesso autista accompagna da un rifugio all’altro. Addirittura nel nascondiglio a due passi dalla Casa Rosada, poltrona del dittatore.
Alicia è una delle voci de La Lista Bergoglio (Emi) testimonianze raccolte in Argentina da Antonio Scavo, giornalista di Avvenire . Ha attraversato l’America Latina, ex l’Impero sovietico e la Jugoslavia delle guerre. Con la sensibilità di chi osserva dolori senza speranza scioglie racconti che vengono da un passato nel quale la speranza resisteva alla follia.
Quando Bergoglio diventa papa, giornali e tv corrono dalla signora. “Con garbo”, racconta Scavo, chiede di restare in silenzio: “Se ne è già discusso abbastanza”. Insomma, basta. L’autore del libro (tradotto in sei lingue, distribuito in 30 paesi) ritrova la stessa ritrosia nei sopravvissuti che devono la vita all’organizzazione di un Oskar Schindler con la tonaca di gesuita senza vanità, soprattutto lontano dalle medaglie del passato. Nascondeva e organizzava la fuga degli oppressi attraverso una
rete misteriosa di amici. Appaiono a chi scappa come angeli custodi. Chi parte, parte col ricordo di un prete simpatico come un vecchio amico. Nasconde ragazzi e famiglie nella bugia degli esercizi spirituali. I controlli militari li scoprono occhi bassi sul piatto delle mense. E i padri che sopportano le ispezioni accompagnano le divise recitando, cuore in gola, la finzione di una serenità immaginaria. Allargano la mano verso gli ospiti raccolti come in preghiera. Ecco, sono loro. Con qualche sospetto i militari tirano.
Il mascherare la solidarietà pericolosa costringeva Bergoglio a un silenzio interpretato come acquiescenza al regime, malignità che si riaccendono appena eletto papa. Horacio Verbinsky, scrittore, giornalista che ha attraversato gli anni della clandestinità, interpretato male la riservatezza,ma appena i presunti “perseguitati” raccontano di dover la salvezza a padre Jorge, con la trasparenza di un testimone trasparente, Horacio riconosciuto l’errore. Certo, la Chiesa di allora (dal vescovo militare monsignor Tortolo guida dei sacerdoti felici per il colpo di Stato, al nunzio apostolico Pio Laghi, unico ambasciatore presente all’insediamento dei golpisti), le gerarchie cattoliche erano divise tra chi respingeva l’arroganza dei generali e monsignori criminali come Christian von Wermich condannato a tre ergastoli per aver usato la confessione come trappola per i dissidenti. Allora perché la riservatezza ancora accompagna il padre Jorge che rischiava la vita? Alfredo Somoza è uno dei cento della Lista Bergoglio. Non battezzato, non credente, frequentava il collegio di San Miguel perché ultimo angolo di libertà rimasto in Argentina. Ora vive a Milano, è tra i fondatori di Radio Popolare, saggista elegante. È fuggito da Buenos Aires nella barca che attraversa il Rio de la Plata: clandestino in Paraguay e poi a San Paolo, Brasile. Aveva confidato la fuga agli amici di collegio e arriva la sorpresa: “Man mano che andavo avanti accadevano cose che non riuscivo a spiegare. Sembrava mi stessero aspettando. Ogni gruppo di amici allargava il viaggio verso altre porte: gesuiti che mi presentano a diplomatici e a compagnie navali perché gli aeroporti erano nel mirino dell’operazione Condor, militari brasiliani in prima fila. Impossibile immaginare che tutto avvenisse senza il diretto coinvolgimento del superiore dei gesuiti argentini. La riservatezza, che rispettiamo, è uno dei segni della qualità gesuitica più sviluppata in Sudamerica che altrove dopo il massacro delle missioni a fine ‘700. In un certo senso continuano a essere osservati speciali”. C’è poi la personalità di un sacerdote che preferisce il silenzio. Il bene si fa, ma non si racconta. Ed è bastato un giornalista curioso come Scavo perché ogni malignità si sciogliesse e la verità venisse a galla.

LA STORIA DELLA ZEBRA

 

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(raccontata da Dario Fo)
Si racconta di una zebra che se ne va per grandi prati, va felice, contenta.. Ad un certo punto un leone spunta in mezzo dal canneto e gli si fa davanti e gli salta addosso e lui di colpo volta il sedere e gli appioppa una serie di zoccolate in faccia, non soltanto, ma gli fa un pernacchio terribile di smerdatio in faccia. Cieco il leone cerca di andare di qua e di la’ e subito l’animale cacciato salta la zebra con una velocita’ incredibile. Il leone gli va di nuovo appresso, lo raggiunge quasi, e di nuovo ecco che la zebra alza il sedere e da’ una smorzeccata tremenda, e non contento si rovescia e da’ due scarpate di nuovo in faccia, sulla schiena, rotola il leone, si rovescia.

Le scimmie tutte intorno le urlano “Eh, ma non si fa cosi'”! E’ il leone, ma bisogna rispettarlo! Ma ti pare il modo di agire? D’accordo che quello ti vuole ammazzare. Ma tu devi saper accettare il suo attacco e rispondere con eleganza! Guarda il cavallo, anche il cavallo viene attaccato ma hai notato l’eleganza con cui sfugge al leone quando ci riesce e soprattutto gli scatti stupendi del collo e la rovesciata e l’andare proprio corollando straordinariamente nei suoi gesti un senso di eleganza “mitica”. Quello e’ il modo di agire! Non il tuo, cosi’ rozzo, fatto di sculettamenti cosi’ sgarbato. E poi tutte quelle strisce che hai addosso che confondono il leone!
“Eh, ma non e’ mica colpa mia son nato cosi’!”.  “Eh ma devi migliorarti!”

E si riuniscono. Si riuniscono le pantere e tutti gli animali e perfino coloro che sghignazzando normalmente si accontentano di brascicare dentro lo sterco e tutti quanti intorno, tutti gli animali proprio urlano una sentenza: “O migliori, o tu prendi atteggiamenti piu’ corretti nel modo di essere, di agire e di sfuggire anche alla cattura oppure tu non sei piu’ del nostro regno! E’ meglio che te la fai con quelli che godono tremendamente a sghignazzare e a fare volgarita’. Esci dal nostro contesto”. Per la madonna, non ha detto cosi’? E subito ecco che la zebra guarda intorno e cerca di vedere tutti gli animali che sfuggono al leone come le gazzelle per esempio, come si muovono, come saltano, come rovesciano il proprio andare, i muscoli, l’armonia, veramente straordinaria e quando il leone la prossima volta lo aggredisce, ecco che saltella qua e la’ con eleganza, respira, tira su la sua faccia e soprattutto emette suoni meravigliosi e comincia a correre. Il leone dopo un po’ ha la possibilita’ di raggiungere, gli e’ addosso, lo rovescia, lo scanna! E tutte le scimmie che ridono! E’ morto ma con che eleganza e civilta’.

FORCONI 2 – Il rischio che il popolo si autoscanni

 

 

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di Giorgio De Capitani, prete

 

Dalle buone si passa alle cattive ragioni. Il passaggio è sempre questo.In Italia soprattutto, dove la Democrazia è oramai al tramonto o, meglio, non ha mai conosciuto l’alba. Non ho finora scoperto dove risieda un benché minimo senso democratico: almeno un fiuto!

Sì, dalle buone ragioni si passa alle cattive,proprio perché questo è il passaggio naturale,dal momento che non c’è, nel nostro Paese, lo ripeto,un benché minimo senso democratico.Non ho mai visto, tranne rarissime eccezioni,una protesta che servisse a ridarmi un barlume di democrazia,a restituirmi qualcosa di democratico.

Eppure di buone ragioni per protestare ce ne sono,ma non si sa protestare con quella voglia di senso democratico,che dovrebbe costituire la vera rabbia interiore di un cittadino,privato dei diritti sacrosanti che fanno parte di una vera Democrazia.

La domanda è semplice:i cittadini italiani in realtà che cosa vogliono?

Smettiamola di indagare nel profondo dell’anima,dove l’essere sarebbe in crisi d’identità,oppure di pescare tra i vari disagi sociali che la politica corrotta avrebbe causato e causerebbe tuttora,per cui… tutti contro tutto, e tutto contro tutti. Si discute, si litiga, ma tra finzioni ipocrite,senza arrivare mai al dunque. E il dunque sarà sempre inaccessibile con “questa” classe politica che, più che corrotta,è radicalmente “analfabeta”,e con questo popolo bue che, più che “ignorante” (e lo è),è irrimediabilmente irrecuperabile,per la sua ostinazione a combattere una classe dirigente,che ad ogni tornata elettorale il popolo bue “liberamente“ sceglie.

Noi siamo maledettamente dentro in questo circolo vizioso:il vero problema sta nel riuscire a romperlo,ma come si fa se il popolo non ha nessun senso democratico,e non ne vuole sapere, dominato dal suo istinto di sopravvivere fregandosene del bene comune? Voi credete che quando si protesta,si protesta per il bene comune? Illusi!

Ognuno protesta per sé, unicamente per sé: gli “altri” servono per fare massa di protesta, onde ottenere il “proprio” interesse.C’è un pauroso individualismo nelle proteste di massa,che non avete idea!Eppure dovremmo rendercene conto,se ciascuno di noi guardasse dentro,e fossimo una buona volta onesti con noi stessi.Forse qui dovremmo parlare di perdita della vera identità,se per identità intendiamo identità anche sociale.

E così succede che, anche nella protesta dei cosiddetti forconi,le buone ragioni (ce ne sono sempre, dappertutto, anche tra i mafiosi) diventano cattive, non solo per il modo di protestare (la rottura di una vetrina ci potrebbe anche stare!),ma per la perdita di ogni buon senso,che non può disgiungersi dal senso comune.

Il movimento dei forconi diventa movimento di forcaioli:e la gente comune si arrabbia, reagisce male ai disordini,vorrebbe, anche egoisticamente, tenersi quel misero buono che ha.Tra l’irrazionalità di una protesta che si fa violenza gratuita preferisco il buon senso comune, anche se venato di individualismo.Lo so: la gente borbotta, e non reagisce come dovrebbe – ad esempio usando il voto in modo più “politico” –,ma la massa è massa, e non si può pretendere che il ribaltamento della società provenga dalla massa,e nemmeno da quanti hanno il coraggio di protestare,e poi si fanno massa di violenti incontrollabili,figli di papà, borghesacci che non sanno cosa fare per riempire il loro tempo ozioso,se non cavalcando proteste e disagi,il malumore della gente disperata. Anche la protesta dei forconi forcaioli terminerà,senza aver ottenuto nulla di buono,anzi ridarà al potere ancor più potere,e lascerà il popolo ancor più deluso.

Una rivoluzione senza una grande Idea di Bene comune produrrà solo ceneri.Una rivoluzione con una grande Idea di Società è un seme che prima o poi darà qualche frutto. Nelson Mandela non insegna qualcosa? Eppure ammiriamo gli eroi, i martiri, i profeti;ma che stiano lassù nel cielo a benedirci!

Quaggiù sulla terra ci pensiamo noi a farci guerra,a scannarci per un pezzo di terra,rubandolo magari al vicino di casa,alla faccia della destinazione universale dei beni,alla faccia della solidarietà sociale.Incensiamo i santi del cielo,prendiamo i profeti come nostri modelli,e poi ciascuno fa i cazzi suoi.

Sono deluso, sono amareggiato:sono italiano, e mi sento un coglione,sono cristiano, e mi sento un coglione,sono prete, e mi sento un coglione.Sì, mi sento in coglione perché, volere o no, “questa” è la mia patria,“questa” è la mia religione,“questa” è la mia Chiesa. E quando le proteste di massa degenerano in violenza,quando le riforme istituzionali sono solo di facciata, quando i miei confratelli neppure alzano la testa,allora la mia coglioneria si ribella,e sognerei un mondo in cui a protestare siano i pacifici,a fare la rivoluzione siano i veri utopisti,a rifare il cristianesimo siano gli spiriti veramente liberi. Ma, purtroppo, la solitudine è d’obbligo.Tuttavia, questa è la strada giusta,perché credo in quella unitarietà cosmica,che non è omologazione di massa, ma legge naturale per cui io e il tutto siamo una cosa sola.

E allora anche la mia ribellione interiore,la mia solitudine “forzata”, i miei sogni da prigioniero, allora la mia ostinazione per non darla vinta al potere,sia politico che religioso,corrono nel tessuto delle relazioni cosmiche,e così mi sento meno coglione, meno impotente,ma più provocatoria di qualsiasi manifestazione di massa.

Un religioso crede nella potenza della preghiera,ma c’è una forza altrettanto potente,ed è quella energia che si sprigiona dal nostro interno,che fa parte del cosmo divino.

Se non si parte dall’Umanità che è dentro il nostro essere,se non si crede che da qui partirà la vera rivoluzione,si otterrà solo fumo, violenza, morte.

Il potere lo si combatte così:sfidandolo tutti insieme,ciascuno aggiungendo umanità a umanità,con la forza di una parola profetica,con la testimonianza del proprio martirio quotidiano– che non è subire passivamente ogni ingiustizia – e anche nella solitudine pi ù estrema – che è auto-coscienza del proprio essere –,sapendo che alle sorgenti dell’Umanità ci troveremo tutti quanti Umani.Mi augurerei che ogni secolo sfornasse un profeta – ne basterebbe uno solo –,per aprire gli occhi e sentirmi Uomo.

 

 

 

FORCONI 1 – Ma dove eravate prima?

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di Roberto Torre

Carissimi manifestanti, parliamoci seriamente: quando siete nati? Quando vi siete svegliati? Quand’è che vi siete accorti dello stato in cui ci troviamo? Ieri? Il fatto che l’Italia sia una Repubblica e che la sovranità appartenga al popolo non è un concetto da rivendicare solo in questi giorni: è, invece, un’enorme responsabilità che, da tempo, tutti (o quasi) abbiamo messo da parte. I politici e la casta (che criticate) non sono stati messi lì da qualcun altro, non sono spuntati così dal nulla.  

Li abbiamo eletti noi. E se non li abbiamo eletti direttamente è perché non siamo andati a votare, disinteressandoci di tutto e di tutti. Dove eravate quando i ladri, i mafiosi, i corrotti si sono candidati? Al pomeriggio guardavate il Grande Fratello, la sera eravate preoccupati solo del campionato di calcio e, il giorno dopo eravate al seggio ad eleggerli. Dove eravate quando sono stati eletti? Eravate lì a criticarli? E dove eravate quando non facevano nulla per la crescita e per il lavoro, oltre ad incrementare il debito pubblico? Li avete votati di nuovo! E non una o due volte. sempre!  

Dove eravate quando il Pdl cambiava la legge elettorale impedendoci di scegliere personalmente i candidati? Li avete votati di nuovo! Le uniche volte in cui ci siamo svegliati sono state sull’onda del «Toglierò l’Ici», «Tutti uguali, tutti a casa!». Ipotizzando anche per un attimo che, dopo queste manifestazioni, tutta la casta decida di dimettersi, cosa succederà dopo? Cosa proponete? Quale sarebbe la vostra alternativa, il percorso per crescere? Sono sicuro che saremmo in grado di votare nuovamente sempre le stesse persone. Non siamo stati in grado per anni di scegliere le persone giuste, dovremmo farlo a cavallo di queste manifestazioni? 

Il disastro di questo paese l’abbiamo costruito noi quando non ci siamo informati, non abbiamo letto, non abbiamo partecipato, non abbiamo studiato. L’Italia non cambierà mai se continueremo a disinteressarci di quello che ci succede intorno fintanto che non ci tocca personalmente.