di Giulio Cavalli (left.it)
Qualche settimana fa incautamente sono rimasto coinvolto in una discussione sugli scioperi. Ero all’interno di un bar, di mattina, quando gli avventori sono particolarmente inclini a vergare ognuno il proprio editoriale verbale sui fatti del giorno. Tra i presenti, manco a dirlo, andava molto forte l teoria che «questi scioperano sempre il venerdì così hanno il week end lungo». La strampalata teoria (cresciuta con cura del fu ministro Brunetta) è talmente stupida che non poteva non diventare immediatamente popolare.
Ho spiegato, per quel poco che so per il lavoro che faccio, che la scelta del venerdì come giorno di sciopero è funzionale alla sua partecipazione. «Ma crea disagi», dice uno di loro. Lo sciopero che non crea disagio è un altro mito di questa epoca che in nome della “normalizzazione” vuole eliminare il diritto al conflitto. Lo sciopero omeopatico senza disagi è l’invenzione di chi vorrebbe i lavoratori buoni, i sindacati a cuccia, il popolo silente e concentrato a non piangere perché le sue lacrime fanno male al Re.
Sullo sciopero da qualche tempo il ministro EmmeEsse ha deciso di allenarsi a fare l’uomo forte, parte che lo rende spesso ridicolo e fuori dalle regole. Così mentre aspetta di posare la prima pietra del Ponte che vorrebbe come suo mausoleo ha deciso di intestarsi la guerra agli scioperi e ai sindacati. Anzi, lui indica loro due come obiettivi ma non ci vuole troppo a capire che i suoi veri nemici siano i lavoratori non addomesticati.
Per la prima volta nella storia repubblicana uno sciopero generale viene considerato illegittimo. Detto così può fare sorridere ma in questa storia c’è un germe nerissimo.