La dedizione “nuziale” del priore Milani verso la sconosciuta terra dei poveri

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di Stefano Sodaro

Il 18 gennaio scorso sono voluto andare a Barbiana, dove non ero mai stato.Pioveva, pioveva fortissimo. Il taxi era incerto se proseguire inerpicandosi sulla strada di montagna per nulla invitante.

Ricorrevano i 15 anni dalla morte di Michele Gesualdi e, per questo, si sarebbe celebrata l’Eucarestia nella chiesa lassù, proprio a Barbiana, su quell’altare dove tante volte aveva “detto Messa” – come s’usava proferire prima del Concilio – il Priore, lui, don Lorenzo.

Pioveva talmente forte che non mi fu possibile scendere anche solo pochi metri, lungo la riva che s’ingrossava di fango, per raggiungere il cimitero e fermarmi, almeno qualche minuto, davanti alla tomba di quel prete, di quell’uomo. (….)

Sono giorni, questi trascorsi, in cui tutto è stato travolto dall’acqua in Emilia Romagna, con decine di morti. Morti di alluvione, di straripamento di fiumi e ruscelli, morti per un fango improvvisamente divenuto omicida.

Mi riferirono a Barbiana che pioveva anche il 7 dicembre 1954, quando – in condizione proibitive inimmaginabili (altro che viaggio in taxi…) – don Lorenzo aveva raggiunto quelle tre case con una chiesa, a bordo di un camion.

Il rimedio contro l’affogamento nell’incolpevole ignoranza dell’abbandono rurale era esattamente quell’uomo in veste talare, quello strano chierico, che non assomigliava a nessun altro. Avrebbe portato non semplicemente speranza, bensì un vero e proprio progetto educativo.

Sua madre e suo padre erano di appartenenza israelita, convertitisi al cattolicesimo solo per sfuggire alle persecuzioni nazifasciste.
La mamma di don Lorenzo, Alice Weiss Belà, era triestina. E non era credente. Almeno così confidò, in una famosa, e rarissima, intervista, al giornalista frate cappuccino Nazareno Fabbretti.

Esistono due importanti volumi di Stefania Di Pasquale – che parteciperà ad un incontro appositamente organizzato dal nostro settimanale insieme all’Associazione Culturale “Casa Alta” in programma sabato 1° luglio al Monastero di Bose – sulla figura della madre di don Milani.
Ed il 1° agosto 2023 ricorreranno pure i 45 anni dalla morte di Alice

Priore Lorenzo aveva avuto teneri amori giovanili – così come la mamma – e che tuttavia, se ci si può esprimere in questo modo (non sono convinto che sia del tutto appropriato, ma “per via analogica”, non trovo altro possibile riferimento), aveva optato per un’altra forma di legame matrimoniale, anzi, meglio: di dedizione matrimoniale, nuziale. Quella verso la sconosciuta terra di poveri dov’era stato mandato in esilio dal suo vescovo, il pur illuminato Cardinale Dalla Costa di Firenze, che però ebbe come vescovo coadiutore, dal luglio 1954, Ermenegildo Florit.

Lo confesso: pensieri intimamente matrimoniali, propriamente matrimoniali, espressioni pressoché impronunciabili per doveroso pudore, mi hanno raggiunto la mente quel 18 gennaio scorso all’ora di pranzo. Forse perché l’Eucarestia ha effettivamente caratteristiche, e contenuto, di banchetto nuziale. O forse perché, semplicemente, pensavo a come ci si possa innamorare di storie, volti, bisogni, desideri, attese, necessità concrete, entusiasmi, progetti.

Al momento del battesimo, non risulta che i coniugi Milani abbiano scelto – come pure avrebbero potuto per legge canonica – Chiesa rituale diversa da quella latina. Non divennero, cioè, cattolici di rito orientale. Ma di certo, non foss’altro che per la frequentazione di Giorgio La Pira o per motivi di studio in seminario, Lorenzo conobbe le cristianità d’Oriente. Chissà che ne pensava. Chissà se sapeva – certamente sì – degli sposati preti in quelle Chiese.

Personalmente non ho notizie od evidenze al riguardo, ma non sono uno studioso esperto delle vicende milaniane e lascio dunque ben volentieri ogni spazio di possibili integrazioni e puntualizzazioni a chi ne sappia ben di più.

La Chiesa Italiana appena adesso, a cent’anni dalla nascita e a più di quarantacinque dalla morte, cerca di riconciliarsi con la memoria viva del Priore di Barbiana.

L’essere prete di don Lorenzo era tutt’uno con il suo essere uomo. Era, insomma, un prete laico, per quanto in colletto bianco e veste nera lunga fino ai piedi e mai smessa.

La sua passione pedagogica ci interroga e ci inquieta. Le sofferenze di ragazze e ragazzi ancora segnati dalle conseguenze del lockdown avrebbero bisogno di intercettare, di incontrare, una competenza pari a quella del Priore di Barbiana.

La morte, la devastazione, il tormento, la disperazione, che in questi giorni corrono per la pianura padana in Emila Romagna, diventino offerta eucaristica nelle mani, però, non necessariamente di un prete, bensì di ognuna ed ognuno di noi, anche di nessuna fede. Offerta eucaristica laicissima.

Don Milani appartiene a tutti. E la sua testimonianza, prima ancora che ecclesiale ed evangelica, è civica, sociale, politica, nel senso più bello e più alto.(…)

La dedizione “nuziale” del priore Milani verso la sconosciuta terra dei poveriultima modifica: 2023-06-01T07:01:40+02:00da piero-murineddu
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