Miracoli: Fede si, ma con Ragione

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 di padre Alberto Maggi
“È che noi confondiamo il miracolo con la guarigione, i segni con i prodigi. Tentiamo di fare un po’ di ordine. Sono cose completamente diverse. Il miracolo è: non ho la mano, prego e mi spunta. Miracolo, mai successo. Guarigione: ho la mano rattrappita, in determinate circostanze di emotività e di preghiera, in tutte le religioni, la mano mi torna sana. Quindi guarigioni sì, e sono possibili, ma i miracoli no! Ci sono luoghi dove ci sono le guarigioni, tali e quali come succedono a Lourdes.
C’è, non so, in quale nazione dell’Africa, c’è un baobab dove si guariscono le fratture. Le fratture, le ossa fratturate, mettono queste persone sotto questo baobab e la frattura si unisce. Io non sto mettendo in dubbio, le ripeto le guarigioni; .. io credo profondamente alle guarigioni di Lourdes perché nell’individuo si può sviluppare un’energia di vita tale da arrestare o addirittura da annullare il male che ha dentro. Io non lo metto in dubbio.
Però attenzione, attenzione, ricordate che un’immagine errata di Dio può causare l’ateismo.
Attenzione a vedere in questo un’azione del divino che allora fa sorgere subito l’interrogativo “perché a questo e non all’altro?”… “Ah, …I disegni di Dio sono imperscrutabili!”.
Vicino dove abito c’è il santuario di Loreto. Due anni fa un’anziana, 95 anni, in carrozzella, si è alzata. “Miracolo, la Madonna ha fatto il miracolo” allora io ho detto “Madonnina mia, già che dovevi fare un miracolo, che ne fai tanto di rado, non era meglio una bambina di 2-3 anni paralizzata? Questa ha già 95 anni! Insomma … ormai … la vita sua l’ha fatta, poteva pure restarci … se sprecavi sto miracolo per una bambina di 3 anni forse sarebbe stato un po’ più adatto.
Bisogna stare attenti a parlare di miracoli da parte di Dio, perché un’immagine sbagliata di Dio non solo non induce la fede, ma induce la repulsa nei confronti di Dio. Io non metto in dubbio che in particolari situazioni di grande emotività religiosa, di grande preghiera, si possano suscitare in alcuni individui energie di vita che, non solo frenano il male, ma addirittura lo possono cancellare.
Il termine greco che significa miracolo non si trova mai nei vangeli. I vangeli naturalmente sono scritti in greco. I termini che distinguono le azioni di Gesù sono segno, opera e potenza; tutti segni e azioni che Gesù chiede alla comunità di perpetuare. Nel vangelo di Giovanni cap 14,12, Gesù dice: “Io vi assicuro che chi crede in me non solo compirà le mie opere, ma ne farà di più grandi”.
Quindi è compito della comunità dei credenti prolungare le azioni con le quali Gesù ha trasmesso vita; non solo, ma addirittura potenziarle. È Gesù stesso che ce lo chiede: noi siamo chiamati a compiere opere più grandi di quelle che Gesù ha compiuto. Allora questa è anche una chiave di lettura per queste azioni che Gesù ha fatto.
Il problema non è se credere o no ai miracoli, si tratta di sapere se esistono o no i miracoli. Gli avvenimenti che troviamo nei vangeli non appartengono al genere del miracolo. Per miracolo si intende un intervento straordinario operato nella natura e che va a favore dell’uomo. Nei vangeli non esiste né il termine, né il concetto di miracolo, un sovvertimento e un superamento delle leggi della natura in favore dell’uomo.
Nei vangeli, e all’inizio della predicazione di Gesù, c’è questa necessità: c’è bisogno di un cambiamento dei rapporti con gli altri, non di un cambiamento delle leggi della natura, ma un cambiamento nei rapporti con gli altri che permetta a Dio di trasmettere la sua linfa vitale agli uomini. Allora Gesù dice che i segni che lui ha compiuto, anche noi li dobbiamo compiere e dice che chi crederà nel suo nome, compirà quelle potenze e quei prodigi. Quelle opere, siamo chiamati tutti quanti a compierle. Questa è un’indicazione che gli evangelisti ci danno.
Allora, quelli che noi riteniamo i miracoli straordinari, di fronte ai quali c’è da rimanere sbalorditi, cosa significano?
Ecco l’opera che siamo chiamati tutti quanti a fare: a entrare nel testo evangelico e vedere quello che l’evangelista ci vuol dire attraverso immagini che appartengono alla sua cultura.
Vediamo ora un esempio dei segni, dei prodigi che dobbiamo compiere . Uno dei titoli più nefasti nel Nuovo Testamento è quello della “moltiplicazione dei pani”. Un po’ per il titolo, un po’ per i film alla Zeffirelli, Gesù è questo prestigiatore che prende il cesto e, voilà: pani e pesci, cento duecento. Ebbene, chi di voi può pensare di ripetere un’azione del genere? Se andiamo in dispensa a prendere del pane e dei pesci e stiamo a pregare tutta la notte, domani mattina troviamo il pane secco e il pesce marcio. Eppure Gesù dice: “chi crede in me, questi sono i segni che l’accompagneranno: risusciteranno i morti …”. Mai da quando c’è il cristianesimo è risuscitato un morto.
È stato fatto un corso di studi su questa frase, si è controllato e sì è visto che non c’è un santo che, in duemila anni di cristianesimo, abbia risuscitato un morto. E Gesù dice: “questi sono i segni che vi accompagneranno: risuscitate i morti”. Nessuno ci è riuscito.
Allora, non sarà che l’evangelista indica altre cose? Così in questo episodio non si parla di moltiplicazione dei pani ma c’è un conflitto tra due mentalità: quella di Gesù che attraverso le beatitudini invita i suoi a condividere generosamente con gli altri quello che hanno e quello che sono, e quella dei discepoli che sono vittime ancora della mentalità della società dell’accaparramento egoista. Allora c’è il problema della fame della gente e Gesù dice: “date!”. Usa il verbo dare: “date voi da mangiare”. Mentre i discepoli gli hanno detto: “mandali a comprare!”. Il conflitto è tra questi due verbi.
Comprare significa che se tu hai i soldi compri, mangi e vivi; se tu non hai i soldi non compri, non mangi, non vivi. I discepoli, di fronte alla fame, ricorrono ai metodi usuali della società, “mandali a comprare”. Gesù dice: “date voi quello che avete!”, e mettono insieme quello che hanno.
Si parla di cinque pani e due pesci: cinque più due fa sette. Sette, nel mondo ebraico significa tutto.
Allora l’evangelista vuol dire che hanno messo insieme tutto quello che avevano. Così egli vuol dire come si risolve la fame: con il verbo comprare si crea sempre disuguaglianza e aumenta la fame, con il verbo dare, con la condivisione, si sfama e si crea l’abbondanza. Ricordate quante ceste avanzano? Dodici. Perché proprio dodici? Perché dodici è il numero di Israele, delle dodici tribù di Israele, dei dodici discepoli. L’evangelista vuol dire: “con questo sistema si sfama tutto Israele”. Allora Gesù non chiede di moltiplicare pani e pesci, basta condividere quelli che ci sono già e si crea l’abbondanza. Quando la comunità dei credenti condivide quello che ha, questo è il miracolo, si crea l’abbondanza.”
Nota
La risposta a questa domanda è stata data in modo colloquiale da P. Alberto Maggi durante una conferenza. Il testo non è stato né riveduto, né corretto .
Miracoli: Fede si, ma con Ragioneultima modifica: 2016-02-09T12:27:58+01:00da piero-murineddu
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