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Sennori (SS) – La nuova chiesa dedicata a San Biagio

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di Piero Murineddu

Guardando le date indicate nel cartellone. è evidente che i lavori hanno subìto un rallentamento (data d’inizio: 10 ottobre 2016. Fine prevista: 20 gennaio 2017), ma considerando che i fondi sono messi a disposizione dall’omonima associazione culturale, e quindi da volontarie tasche private, la cosa è più che comprensibile.

Guardate, sono talmente distratto, che la bella iniziativa mi era sfuggita. Sapevo che da diversi anni, in occasione della festa del santo si organizza una partecipata sagra estiva, ma sulla costruzione dell’edificio, di culto ma anche di socializzazione nel nuovo quartiere periferico sennorese, non ero informato e la scoperta mi ha fatto particolarmente piacere.

Un gruppo di cittadini che volontariamente sentono l’esigenza di avere un posto fisico dove condividere il sentire comune. Se ci pensiamo, con l’estremo individualismo che ci sta sommergendo e che sta facendo patire un po’ tutti, è un atto “rivoluzionario” e di controtendenza che può far recuperare quel senso di fiducia e di appartenenza che sembra si stia perdendo sempre più.

Leggendo il tabellone mi ha creato un tantino di perplessità la direzione dei lavori affidata all’attuale parroco del paese, in quanto non credo abbia alle spalle studi di architettura o roba simile, ma chi l’ha deciso avrà avuto le sue ragioni. Sinceramente mi sfuggono, ma nel contesto di queste poche righe non ha nessunissima importanza.

Ho piuttosto la speranza che i lavori, col contributo di tutti, possano riprendere quanto prima, e che intorno alla nuova struttura possa nascere e rafforzarsi sempre più una Comunità viva e attiva, dove i pesi e le fatiche individuali possano alleggerirsi grazie all’attenta presenza di altri che percorrono il medesimo cammino.

Se non è questa la Comunità, cos’altro può essere?

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Niente male per essere in autunno

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di Piero Murineddu

Ma con questa giornata così splendente, come fai a pensare che oggi inizia la malinconica stagione autunnale?

Nonostante gli acciacchi dell’età che avanza, non potevo rinunciare a farmi portare a spasso dal mio amico ritrovato, ma stamattina presto quello che sentivo non era il piacevole fresco di una settimana fa, ma freddo proprio.

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Ecco, da questo l’estate che è finita si vede. Si vede anche dalla spiaggetta di Balai, pensate un po, completamente deserta, salvo l’indomito atleta che non demorde (beato lui!).

Si vede dal solitario pescatore, le cui possibili prede (spero per loro che non abbocchino) non sono disturbate dallo schiamazzo dei bagnanti ( spesso …..rompenti!).

Si vede dall’unico ombrellone (tranquilli, sono turisti) i cui occupanti hanno a disposizione l’intera spiaggia e il sempre impagabile silenzio che vi regna.

Guardate, mi trovo talmente a mio agio in questa magica atmosfera, che con tutta naturalezza, e nonostante il dolore lombare, chiedo al pallacanestrista che se la giochicchia di farmi fare qualche tiro, per rendermi conto a quale livello è arrivata la mia radicata imbranataggine (“come no…. e venga quando vuole che io sono sempre qui”). Continentale!

Non solo. Raccolto un bicchiere di plastica abbandonato per terra per buttarlo nel cestino, vengo visto da un netturbino, che mi chiama e mi regala un bel po di bustine raccoglicaccadicane. Prova che mantenere il senso civico, a volte ripaga. In questo caso…..immediatamente.

Ciuffo stamani sembra persino più allegretto, e il trattenerlo quando incontra qualche cagnetta è per me oggi più faticoso del solito. Abbi pazienza, amichetto mi’….quanto prima cerco di farti conoscere un’affascinante cagnatellina.

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Dormi dormi piccolino…

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di Antonio Fazzi

Dormi dormi, mio tesoro,
lì disteso sulla sabbia,
come su un lettino d’oro.
Io in me ho tanta rabbia

a pensare come l’uomo,
e non solo in questo tempo,
degli orror non è mai domo
e continua nello scempio.

Ma tu dormi, che ti culla,
l’onda dolce del bel mare,
la risacca ti trastulla
e tu inizi a navigare,

con la tua barca di carta,
in un nuovo mondo puro
dove un angelo ti scarta
un regalo lì al sicuro.

Al sicuro in Paradiso
sotto l’ali del buon Dio
che ti accoglie col sorriso
nel suo cielo bello e pio.

Or che tu sei un angioletto,
guarda ancora a questo mondo,
dai la mano con affetto,
facci fare un girotondo.

STRAMALEDETTICOLIFORMI

 

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In termini terraterra? Merda nell’acqua. E pensare che, per legge, l’acqua (ben pagata!) che esce dai rubinetti,

D E V E   E S S E R E   P O T A B I L E

Ho paura che le ditte che imbottigliano acqua (ma quante diavolo sono !?) continueranno felicemente a fatturare, fatturare, fatturare, fatturare…….
E noi a sborsare,sborsare, sborsare, sborsare……..
(P.P.Muri.)

SENSOCIVICO&PASSIVA RASSEGNAZIONE

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di Piero P.Murineddu

Ci risiamo. Messa alla spalle una breve parentesi di attenzione civica, rinizia la purtroppo normale imbecillità…incivile. Basta farsi un giretto per il paese ed usare l’attenzione necessaria. Segni di maleducazione e di menefreghismo per la Cosa pubblica li vedi un po’ dappertutto. Quello fotografato è solo un esempio. Il fatto che amareggia maggiormente( e francamente fa umbèmaumbè incazzare!!) è che PER POCHI, probabilmente i soliti “sbadati”, CI PIANGONO TUTTIi.

MA E’ ACCETTABILE SIMILE COSA ??

 

Aspetti il pulman la mattina davanti alla stazione ferroviaria, e in quello che dovrebbe essere un distensivo e allegro giardinetto,
( con le aiuole rinsecchite!?) “gioisci dello spettacolo di cartoni di pizze, resti di vomito umano, cicche, cingomme appiccicate e calpestate, fazzolettini, buste di plastica……. Passi accanto ad un contenitore di cemento pensato come fioriera e lo vedi zeppo delle solite puzzolenti cicche, fumazzate dopo aver ossigenato per bene i polmoni di molti di cui prima o poi (diononvoglia) diremo; “Iiiiihhhhh,,,era così giooooovane !!”. E così per le lattine, di birra, coca, pepsi o di qualsiasi altra marasorthi ….corrosiva.

E basta con ‘sto ritornello che spetta al Comune ecc ecc….

NO!

Qui si tratta di RISPETTO che non c’è: per gli altri, per se stessi e sopratutto per la propria intelligenza.

UN ESEMPIO DI COME VIENE ALIMENTATO IL RIFIUTO DEL MIGRANTE, IN MODO ROZZO E TRUFFALDINO

 

di Piero P.Murineddu

Quello che segue è un tipico esempio di come venga stravolta la realtà, con l’unico obiettivo di alimentare l’odio verso il migrante da parte di persone che si ritengono civili e avanzate culturalmente.

L’episodio si riferisce a qualche mese fa, quando a Nuoro dei genitori musulmani avrebbero chiesto al sindaco che fosse ritirata la carne di maiale dalle mense scolastiche.

COMPLETAMENTE E MALIGNAMENTE FALSO

 

Lo dimostra la nota chiarificatrice del sindaco, questa si reale.

Il falso documento contiene concetti apparentemente sensati, in parte condivisibili e che molti pensano, ma finalizzati solo ad alimentare il clima d’odio e stravolgere la realtà dei fatti.

Si vuole continuare di questo passo, mistificando la realtà e incattivendo gli animi delle persone, già incattivite di loro e terrorizzate dalla precarietà dei tempi che stiamo vivendo?

Il falso documento ha avuto tantissime adesioni, come si poteva immaginare, coi soliti commenti che mostrano il meschino livello culturale degli autori, ma le cose non possono sicuramente migliorare ricorrendo all’imbroglio e alla caccia immotivata all’untore che viene sempre da fuori, che “non è dei nostri”, come nel caso della bambina morta di malaria. Tra le adesioni leggo nomi di miei ” amici”. Invito in modo particolare questi a verificare la fondatezza di certe notizie, prima di cadere in certe trappole studiate a tavolino, e i modi per farlo ci sono. In certe organizzazioni pseudo politiche e xenofobe a prescindere, insieme ad organi di stampa che ben si conoscono, vi sono elementi espertissimi nella volgare e violenta mistificazione dei fatti al solo scopo di raggiungere obiettivi ben prefissati.

Questo è il falso documento attribuito al sindaco di Nuoro:

“I musulmani devono capire che devono adattarsi alla Sardegna ed a Nuoro, ai suoi costumi, le sue tradizioni, al suo modo di vivere, perché è lì che hanno scelto di emigrare.
Devono capire che devono integrarsi e imparare a vivere in Sardegna.
Devono capire che devono essere loro a cambiare il loro stile di vita, non i nuoresi che così generosamente li hanno accolti.
Devono capire che i sardi non sono né razzisti né xenofobi, hanno accettato molti immigrati musulmani prima (mentre il contrario non è vero), in quanto gli Stati musulmani non accettano gli immigrati non-musulmani.
Che non più di altre popolazioni, i sardi non sono disposti a rinunciare alla loro identità, alla loro cultura.
E se la Sardegna è una terra di accoglienza, non è il sindaco di Nuoro che accoglie gli stranieri, ma il popolo Nuorese della Sardegna nel suo complesso.
Infine, devono capire che a Nuoro con le sue radici giudaico-cristiane, alberi di Natale, chiese e feste religiose, la religione deve rimanere nella sfera privata.
Il comune di Nuoro ha diritto di rifiutare ogni concessione all’Islam e Sharia.
Per i musulmani, che sono in disaccordo con la laicità e non si sentono a loro agio a Nuoro, ci sono 57 bellissimi paesi musulmani nel mondo, la maggior parte di loro sotto popolati e pronti a riceverli con le braccia aperte in conformità con la Sharia.
Se avete lasciato il vostro paese per Nuoro e non per altri paesi musulmani, è perché avete ritenuto che la vita è migliore in Sardegna che altrove.
Ponetevi la domanda, solo una volta: “Perché è meglio vivere qui a NUORO invece che nei vostri paesi? “

 

E questa è la reazione del sindaco nuorese:

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DESOLAZIONE SETTEMBRINA

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di Piero P. Murineddu

Mare quasi piatto. Spiaggia completamente deserta, a parte me e il nostro pazientissimo Ciuffo. Là in fondo mi sembra di scorgere, seduto e fumazzante, un pescatore, illuso che quache pesciolino abbocchi al micidiale amo della sua canna. La risacca è un interrotto e dolcissimo sottofondo. La distesa d’ombrelloni con donnine imbicchinate e omoni con panza e “pacco” ben evidenziati stanno sempre più diventando un ricordo, per certi piacevole per altri tutt’altro. Leggere e discrete gocce stanno pian pianino riempiendo questo piccolo monitor sul quale sto digitando….

C’è questa bandierina rossa sbattucchiata dalla leggera brezza. Consiglia a quei due o tre gabbiani che se la svolazzano che può essere pericoloso fare il bagnetto con un ….mare così calmo

Sossu&Mognu

LA    C R O C C H I A

Vari modi per definirla in sardo

(ricerca di Pietro Meleddu)

Cruccuddu———-Sòrgono.
Crichile————–Fonni.
Cruccudda———-Tonara.
Curcuddu————Bitti.
Cuccuru————-Samugheo.
Corcoeddu———-Baunei.
Crocca—————Nuoro.
Cuccone————-Arzana.
Corondu————-Mandas.
Coronita————-Cagliari.
Codiu—————–Samatzai-Villacidro
Cocoilleddu———Orroli.
Cancaioni———–Tramatza.- Cabras-Riola.
Cucchette———–Orune.
Corcoeddu———-Baunei.
Cuccuritu————Nule.
Cozza—————-Curcuris-Gonnosfanadiga.
Cionciu————–Padria.
Cricchile————-Ovodda.
Cuccuritta———–Pattada.
Cuccurigliu———-Marrubiu-Terralba.
Cuccureddu———Alà -Siniscola.
Cuccurinu————Orani-Bonorva-Macomer-Nughedu s. v.
Cucca—————–Bono.
Cucchedda———-Seui.
Cuccurile————-Olbia.
Cuccaione————S. Lussurgiu- Bonarcado.
Curcuruddu———-Lula.
Cucumeddu———-Escalaplano.
Cucurali—————Fordongianus.
Corinu—————–Villamassargia.
Grandhile————-Irgoli.
Grondile—————Ollolai.
Mirrioni—————-Quartu.
Mugnu—————–Tissi-Romana-Ozieri-Nulvi.
Mognio—————-Sennori-Ittiri-Orotelli-Porto Torres.
Muruculu————–Lodè.
Piccioccio————-Laconi.
Buccioi—————-Monastir.
Mogno————–Oliena.?
Piccioccia————Quartucciu-Sinnai-Settimo-Maracalagonis.
Pitotti——————Nurri.
Cancaioni————Tramatza.
Poporinu————–Nurallao.

 

E Sossu?

 

di Piero P.Murineddu

Ma come, Pietro Mele’, lo metti in tutte le varianti possibili et immaginabili, e tralasci proprio la versione sussinca?! No, Piè, questo non me l’ aspettavo da te. Così preciso, meticoloso, puntuale, e mi tralasci proprio a dirla a ra sussinca?! Potevi dimenticare Tissi, Bitti, Arzana….Anche Sennori, va. Ma no Sossu! Ma poi, perché propri’a Sossu? Non ti è simpatico? Ti sta sulle ballocce per qualche motivo che solo tu sai? Tutto quello che vuoi, Mele’, ma non potevi tralasciare propri’a Sossu!! E come fai puta caso devi venirci o solo passarci? Con quale coraggio, con quale faccia, dopo che hai omesso d’inserire nel lungo elenco propri’a Sossu?! Come ” non lo sapevo”?! Ah, tutti gli altri si, e propri’a Sossu no !!!! Va bene, dà….per questa volta ti perdoniamo. Ma non ti permettere più di fare una cosa di tale gravità…

MOGNU. In sorsinco si dice MO-GNU. “U” finale.

E scrivitelo così non te lo dimentichi. Lu mognu che portavano specialmente le nostre madri, e non questo bambiocco incravattato, che sembra un bambiocco di quanto è bambiocco. Ti saluto, Pietro Mele’. E non ti azzardare più a fare di queste omissioni così gravi.

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Ecco la reazione dell’autore, Pietro Meleddu:

ahahah……. grazie Petro. A questo serve “pubblicare”, scambiarsi conoscenze  e curiosità. Certo, sulla lingua non si scherza, correggo subito, e non mi azzarderò più, o almeno …spero

 

Sull’ “amare” le persone imperfette

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PENSANDOCI

 

di Piero P. Murineddu

Chiarisco qual’è il mio atteggiamento in proposito.
Cerco di amarle, ma nel contempo, nel possibile, cerco di aiutarle a migliorarsi, specialmente se la loro imperfezione nuoce gravemente, a lui, a me e agli altri.
Per quanto riguarda le mie, mi si deve dimostrare che sono imperfezioni (che nuociono ecc..). Se mi si fa l’osservazione perché la persona mi vuole bene, sono incoraggiato maggiormente a migliorare. Se l’imperfezione me la si rinfaccia, in un primo momento mando l’interlocutore a cagare, dopodiché, da solo, rifletto. Se mi rendo conto che l’osservazione fattami ha un fondo di verità, inizio a faticare per migliorarmi e faccio di tutto per rintracciare il non consapevole “benefattore” per ringraziarlo.

L’ “Espressionismo” di Giovanni Camboni, nella pittura e nella vita

di Piero Murineddu

Sulla strada per la Marina di Sorso (SS), alla fine del secondo rettilineo svolto a sinistra.  Bellisara,  Lu Buschaggiu e finalmente arrivo ad Agliasthreddhu.

In mezzo al suo curatissimo frutteto, Il mio amico Giovanni mi appare in tutto il suo splendore “campagnolo”, specialmente con quegli stivali di gomma anche se siamo in piena estate.

Sai cos’è, Piè…….è che sono allergico ad una misteriosa pianta spontanea che neanche i medici ci hanno capito niente. L’altro giorno avevo le gambe così……“.

Tranquillo, gli stivali di  gomma vanno benissimo. Certo però, il vedersi un cane davanti, che seppur di non grossissima taglia, sempre cane è, nero per giunta……..

Buono..buono…da bravo, su…..Embè, ma questo cane non si può legare?”

Cippo….Cippooooooo……sta buono Cippo…..non vedi che Piero è un amico?

Niente, non c’è proprio verso di farsi legare la bestioloncella. Mi azzardo ad accarezzarlo. Morsi non ne ricevo e la cosa mi rassicura un po’.

Ma sai che hai una bellissima casa, Giovà…..” 

“Diciamo che non è male. L’aveva costruita mio padre ed io negli ultimi tempi avevo fatto fare qualche piccola migliorìa...buona parte del mio tempo amo trascorrerlo qui…”.

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Giovanni Camboni da non molto  tempo è  mio dirimpettaio, in paese, su in quella via che circonda quell’orrenda ed enorme costruzione nella quale, tra infinite tonnellate di cemento armato, vive umanità di diversa provenienza, quali cinesi, turisti estivi  “per caso” o per volontà, nuove coppie di sposini, parrucchieri che danno appuntamento nelle ore più impensate, sala di ricevimenti  che quando c’è musica ti fa tremare i muri di casa,venditori di acqua&sapone e cianfrusaglie varie che per farsi rifornire arriva un camion talmente grosso che ti devi spostare ogni volta la tua macchinetta per permettere ad altre di passare.

Mi “vince” qualche annetto Giovanni, per cui è possibile che la mancanza di coetaneità non abbia agevolato una grande frequentazione. Fratello di un’amica di gioventù con la quale è rimasto grande affetto, pur non essendoci neanche con lei un vedersi continuo. Non so se a voi capita. Ci sono degli amici che anche se son anni e anni che non vedi, basta incontrarsi che sembra ci si è visti il giorno prima. Un grande dono questo particolare tipo d’amicizia. Con Giovanni la cosa è leggermente diversa. Si è instaurato quel particolare rapporto di reciproca stima grazie alla quale non c’è imbarazzo alcuno nell’affrontare qualsiasi eventuale conversazione, e come ho detto, anche se da giovani non ci si è frequentati.

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La grande passione di Giovanni? Almeno fino a poco tempo fa, quella di spargere colori nelle tele, cercando attraverso di essi di esprimere il suo mondo interiore e le porzioni di vita rimaste nella sua memoria e filtrate dalla sua marcata sensibilità. Con molta accuratezza e con estrema attenzione ha sempre dosato e miscelato gli oli che andranno a comporre la sua visione della realtà. Una realtà “sfumata” e non definita nei suoi contorni, come spesso accade nella vita concreta. Un’arte che lo ha accompagnato praticamente da sempre.

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“…..la scelta dei temi ora appare approfondita. L’arte per lui non è infatti un espediente per presentare cose che soddisfino il gusto estetico. Il più delle volte gli accade di lavorare in mezzo alla luce, e i toni gli si ottenebrano, e gli diventano scuri; oppure gli si velano di nebbia………Altre volte certi effetti spaziali, quando guarda la sua terra, li realizza con stupore. Allora sembra convincersi che l’arte è un fatto che si sottrae alla coscienza o alla volontà di colui che opera; un viaggio che si compie dentro di noi. Camboni è certamente un lirico. Ma è anche uno che pensa alle cose degli uomini…..”  (Enzo Espa – agosto 1978)

gio0001“….passione che diventa colore, che diventa immagine desolante e struggente della realtà. Si guardino i paesaggi dalla notevole luminosità cromatica che meritano un attento esame….”  (Vittoria Cannelles – dicembre 1975)

 

Accompagnandomi a visitare il suo rifugio di campagna, Giovanni mi porta nello studio laboratorio al  piano superiore. Colori, tavolozza, cavalletto, quadri da completare appoggiati al pavimento, schizzi, autoritratto mai portato a termine. Un ordinato disordine come ben si addice ad un  artista. Mai stato uno di quei pittori che se ne vanno in giro con tutto l’armamentario per riprodurre nel modo più realistico e “fotografico” possibile paesaggi, tramonti, scorci. Ritratti umani neanche a parlarne. Ugualmente fermare con la fotocamera un’immagine qualsiasi per poi riprodurla a casa sulla tela. Giovanni è sempre stato un pittore “casalingo”.

L’ho detto, da diversi mesi non dedica tempo alla pittura, almeno in modo continuativo. Ogni tanto prova a riprenderlo il pennello, colorando il fondo che dovrebbe ospitare ulteriori immagini. Succede però che il susseguirsi delle sue sensazioni  e sentimenti  è talmente veloce, che l’intenzione iniziale si perde, l’emozione con la quale è partito lo spargimento del primo colore si è quasi dileguata, per cui questo particolare artista non sente la spinta per portare avanti in modo vero l’opera iniziata. Per Giovanni non c’è nessun “dovere” di ultimare qualcosa d’iniziato, se non è l’emozione a muoverlo. “Vero” in questo senso.

Le parole di Giovanni esprimono meglio questo concetto:

“Guarda, Piè, in fondo mi son sentito sempre  uno spirito “ecologico”. Mi piacciono gli spazi aperti e ampi, volare sopra di essi, e i colori mi aiutano ad esprimere le sensazioni provate. Molti quadri li ho lasciati in sospeso perchè, col trascorrere del tempo, è come svanita quell’emozione  che volevo raffigurare, e quindi, riprenderla a distanza, mi sembrava una forzatura che tradiva lo spirito iniziale…

Spesso il colore di base sparso sulla tela è sul blu, e su questo Giovanni decide il movimento da dare al pennello, scegliendo i  colori successivi d’applicare.

Giovanni da sempre rifugge le convenzioni, anche quelle che caratterizzano un rapporto relazionale che limita le personali scelte su tutto ciò che riguarda la sua vita. Uno spirito veramente libero Giovanni Camboni, condizionato e limitato da quelle trasfusioni di cui periodicamente necessita. Una “canna” continuamente piegata dalle condizioni di salute, ma per niente disposta a spezzarsi.

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“….una natura senza abbandoni, anzi profondamente serena, anche nell’uso del colore. Non indulge nei contrasti, non accentua volutamente il cromatismo anche quando il tono del racconto pittorico si fa più intenso….” (Antonio Delitala – agosto 1976)

 

gio0001“…..così il paesaggio gli diventa un fatto sentimentale, una questione di cuore, e ne è geloso. Perché non ci sono mai i giochi della riflessione delle costruzioni a freddo. C’è l’umore di chi crede nella vita, nelle cose belle della natura,anche quando chiude i confini dei suoi spazi….” (Enzo Espa – dicembre 1976)

Il termine espressionismo indica, in senso molto generale, un’arte dove prevale la deformazione di alcuni aspetti della realtà, così da accentuarne i valori emozionali ed espressivi. Al pari del termine «classico», che esprime sempre il concetto di misura ed armonia, o di «barocco», che caratterizza ogni manifestazione legata al fantasioso o all’irregolare, il termine «espressionismo» è sinonimo di deformazione.Caratteristiche più tipiche dell’espressionismo sono l’accentuazione cromatica, il tratto forte ed inciso, la drammaticità dei contenuti. Il colore steso in tonalità pure. Le immagini ottenute sempre autonome rispetto alla realtà. Il dato visibile viene reinterpretato con molta libertà, traducendo il tutto in segni colorati che creano una pittura molto decorativa”.          

Sono alcune pecularietà della pittura “espressionista“, e Giovanni vi si è inoltrato profondamente.

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gio 20001….Amore per la natura, per la terra che ci circonda ed un grande desiderio di quiete, di pace, di tranquillità sono le prime sensazioni che provo quando mi trovo davanti agli occhi un suo quadro. L’artista racconta con estrema semplicità, direi con nostalgia, la storia di una vecchia terra dove l’economia agro pastorale, ora forse in via d’estinzione, viene travolta dalla tecnologia moderna. La ricerca pittorica è continua; il tutto viene presentato con notevole armonia cromatica; il colore che molto spesso è il verde nelle sue più svariate gradazioni, viene steso in modo delicato e pulito….” (Amedeo Chessa – ottobre 1981)

Una persona molto sensibile Giovanni. Sensibile nel senso alto del termine. Attento alla vita, sentendosene ospite grato, e questo anche se la salute non è stata per lui una compagnia continua. Attento ricercatore del suo intimo sentire  e nel contempo, capace di descriverlo, almeno con chi si trova a proprio agio.

I suoi concittadini lo ricordano quando per due decenni circa ha gestito l’edicola nella parte bassa del paese, sulla strada che conduce al mare. Anni che hanno stimolato il probabilmente introverso artista ad entrare in relazione con moltissime persone, da cui ha ricevuto tanto sicuramente, ma che in parte hanno messo a dura prova la sua resistenza fisica, togliendogli forse l’energia sufficiente da dedicare alla sua passione artistica come da lui desiderato.

Senza malizia alcuna, ho provato a stuzzicarne la reazione, chiedendogli di parlarmi del rapporto col padre, deceduto un anno prima di diventare centenario. Sappiamo che per ciascuno, l’esperienza avuta col proprio genitore è fondamentale per l’esistenza condotta e quella ancora da portare avanti. Giovanni mi dice che quando doveva esprimere il suo pensiero, l’autorità paterna, ai tempi diffusamente severa, non l’ha mai intimorito. Quelli/e di una certa età, hanno conosciuto bene la severità del genitore maschio, e spesso, per non contraddirlo, si preferiva il silenzio, spesso subìto. Ecco, Giovanni quando doveva dire la sua, non ha temuto mai di farlo, la qual cosa non sempre era ben accetta, nel suo caso da babbo Camboni, nel mio da babbo Murineddu, come generalmente da qualsiasi altro padre. Eppure, o forse proprio per questo, per Giovanni il proprio genitore è stato un fondamentale punto di riferimento e di sicurezza. Con lui il figlio si confidava, trovando sempre attento ascolto. Nelle non moltissime occasioni in cui Giovanni ha deciso di mostrare in pubblico il frutto del suo genio artistico, è possibile che babbo Giomaria abbia risentito del non essere stato coinvolto da subito in queste iniziative, e di questo forse ne risentiva. Allo stesso modo le volte che ha acquistato un’auto nuova in completa autonomia decisionale. Che Giovanni volesse dimostrare la sua capacità e libertà di movimento senza il troppo rigido “controllo” del genitore? Possibile. Ma così è stato, e indietro non si può tornare.

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Piacevolissima quell’oretta trascorsa in campagna col mio amico Giovanni. Certo, l’aspetto artistico. È specialmente quella la molla che mi ha spinto a volerne l’incontro. Ad un certo punto ti accorgi che l’aspetto umano nell’incontrare una persona prende il sopravvento. E a me questo va bene. Tantissimo. E’ stata cosa piacevolissima e per me veramente arricchente andare a scoprire ogni angolo del terreno che Giovanni percorre quasi giornalmente per innaffiare, zappettare, liberare le tante piante da frutto dai rami secchi, scoprirne i nidi e con rinnovata meraviglia veder dentro gli ovettini che diventeranno uccelli di diverse specie, compresa quella cornacchia che si è mangiato quel bello e grosso fico che Giovanni pregustava di papparsi lui una volta arrivato alla giusta maturazione.

“O Piè, ma lo sai che mele grosse producevano queste piante? Quest’anno il caldo eccessivo e la siccità prolungata ha rovinato quasi tutto….”

I colori che l’amico artista si è preso la pausa per spargerli nelle tele, sembra che la Natura li abbia voluti far ammirare in questa campagnetta, col contributo attivo e paziente dell’uomo che la frequenta e la cura.

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Abbiamo letto prima: “Nella pittura espressionistica le immagini ottenute sono sempre autonome rispetto alla realtà. Il dato visibile viene reinterpretato con molta libertà, traducendo il tutto in segni colorati che creano una pittura molto decorativa”

Da come  mi ha parlato di lui, ho l’impressione che tale tendenza artistica Giovanni l’abbia applicata principalmente nella sua vita.

Avremo ulteriori possibilità di approfondirne la conoscenza, sia dal lato artistico  e sia sopratutto dal lato umano. Lo speriamo vivamente.

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Concludo con ciò che il critico Enzo Espa ebbe a scrivere di Giovanni nel lontano agosto del 1978:

“Tutte le volte che mi avvicino a lui lo faccio con devozione. Non voglio dargli la sensazione che sto salendo in cattedra. Ha tante di quelle forze che, se dovessi solo tentare, potrebbe mancarmi di stima. Perciò lo lascio lavorare, contento quando mi chiama per dirmi ciò che sta facendo. Tutto questo è una lezione per coloro che cercano le forme più facili ed accessibili all’arte. Un artista che nasce col cuore di contadino non cerca mai il successo. Cerca, nel variare delle stagioni, nella pioggia o nel vento che batte sulla sua terra, un tono di cielo, la brillantezza  dei verdi sulle piante di ulivi; o il colore della campagna. Filtrando queste cose nel suo spirito pieno di umanità. Sta vivendo nel contempo l’arte e la vita”

Come credo accada a molti artisti, di tanto in tanto e per svariati motivi ci sono momenti di stasi nella creatività. Le vicende della vita è facile che tolgano la concentrazione necessaria, o se si preferisce, l’ “ispirazione”. Se poi, come per Giovanni, si hanno patologie che accompagnano l’ intero corso dell’ esistenza, la cosa è ancora più che comprensibile.

Dopo uno di questi periodi, questa volta particolarmente lungo, Giovanni ha impresso sulla tela questi colori…

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Grazie, Giova’. Continua a svelarci e a farci dono del tuo mondo interiore che esprimi attraverso i colori impressi sulla tela.

“Cippo…..Cippoooooooooo…Ma la vuoi smettere di stare a leccare le gambe del mio amico Piero?!”