di Piero Murineddu
Sulla strada per la Marina di Sorso (SS), alla fine del secondo rettilineo svolto a sinistra. Bellisara, Lu Buschaggiu e finalmente arrivo ad Agliasthreddhu.
In mezzo al suo curatissimo frutteto, Il mio amico Giovanni mi appare in tutto il suo splendore “campagnolo”, specialmente con quegli stivali di gomma anche se siamo in piena estate.
“Sai cos’è, Piè…….è che sono allergico ad una misteriosa pianta spontanea che neanche i medici ci hanno capito niente. L’altro giorno avevo le gambe così……“.
Tranquillo, gli stivali di gomma vanno benissimo. Certo però, il vedersi un cane davanti, che seppur di non grossissima taglia, sempre cane è, nero per giunta……..
“Buono..buono…da bravo, su…..Embè, ma questo cane non si può legare?”
“Cippo….Cippooooooo……sta buono Cippo…..non vedi che Piero è un amico?”
Niente, non c’è proprio verso di farsi legare la bestioloncella. Mi azzardo ad accarezzarlo. Morsi non ne ricevo e la cosa mi rassicura un po’.
“Ma sai che hai una bellissima casa, Giovà…..”
“Diciamo che non è male. L’aveva costruita mio padre ed io negli ultimi tempi avevo fatto fare qualche piccola migliorìa...buona parte del mio tempo amo trascorrerlo qui…”.
Giovanni Camboni da non molto tempo è mio dirimpettaio, in paese, su in quella via che circonda quell’orrenda ed enorme costruzione nella quale, tra infinite tonnellate di cemento armato, vive umanità di diversa provenienza, quali cinesi, turisti estivi “per caso” o per volontà, nuove coppie di sposini, parrucchieri che danno appuntamento nelle ore più impensate, sala di ricevimenti che quando c’è musica ti fa tremare i muri di casa,venditori di acqua&sapone e cianfrusaglie varie che per farsi rifornire arriva un camion talmente grosso che ti devi spostare ogni volta la tua macchinetta per permettere ad altre di passare.
Mi “vince” qualche annetto Giovanni, per cui è possibile che la mancanza di coetaneità non abbia agevolato una grande frequentazione. Fratello di un’amica di gioventù con la quale è rimasto grande affetto, pur non essendoci neanche con lei un vedersi continuo. Non so se a voi capita. Ci sono degli amici che anche se son anni e anni che non vedi, basta incontrarsi che sembra ci si è visti il giorno prima. Un grande dono questo particolare tipo d’amicizia. Con Giovanni la cosa è leggermente diversa. Si è instaurato quel particolare rapporto di reciproca stima grazie alla quale non c’è imbarazzo alcuno nell’affrontare qualsiasi eventuale conversazione, e come ho detto, anche se da giovani non ci si è frequentati.
La grande passione di Giovanni? Almeno fino a poco tempo fa, quella di spargere colori nelle tele, cercando attraverso di essi di esprimere il suo mondo interiore e le porzioni di vita rimaste nella sua memoria e filtrate dalla sua marcata sensibilità. Con molta accuratezza e con estrema attenzione ha sempre dosato e miscelato gli oli che andranno a comporre la sua visione della realtà. Una realtà “sfumata” e non definita nei suoi contorni, come spesso accade nella vita concreta. Un’arte che lo ha accompagnato praticamente da sempre.
“…..la scelta dei temi ora appare approfondita. L’arte per lui non è infatti un espediente per presentare cose che soddisfino il gusto estetico. Il più delle volte gli accade di lavorare in mezzo alla luce, e i toni gli si ottenebrano, e gli diventano scuri; oppure gli si velano di nebbia………Altre volte certi effetti spaziali, quando guarda la sua terra, li realizza con stupore. Allora sembra convincersi che l’arte è un fatto che si sottrae alla coscienza o alla volontà di colui che opera; un viaggio che si compie dentro di noi. Camboni è certamente un lirico. Ma è anche uno che pensa alle cose degli uomini…..” (Enzo Espa – agosto 1978)
“….passione che diventa colore, che diventa immagine desolante e struggente della realtà. Si guardino i paesaggi dalla notevole luminosità cromatica che meritano un attento esame….” (Vittoria Cannelles – dicembre 1975)
Accompagnandomi a visitare il suo rifugio di campagna, Giovanni mi porta nello studio laboratorio al piano superiore. Colori, tavolozza, cavalletto, quadri da completare appoggiati al pavimento, schizzi, autoritratto mai portato a termine. Un ordinato disordine come ben si addice ad un artista. Mai stato uno di quei pittori che se ne vanno in giro con tutto l’armamentario per riprodurre nel modo più realistico e “fotografico” possibile paesaggi, tramonti, scorci. Ritratti umani neanche a parlarne. Ugualmente fermare con la fotocamera un’immagine qualsiasi per poi riprodurla a casa sulla tela. Giovanni è sempre stato un pittore “casalingo”.
L’ho detto, da diversi mesi non dedica tempo alla pittura, almeno in modo continuativo. Ogni tanto prova a riprenderlo il pennello, colorando il fondo che dovrebbe ospitare ulteriori immagini. Succede però che il susseguirsi delle sue sensazioni e sentimenti è talmente veloce, che l’intenzione iniziale si perde, l’emozione con la quale è partito lo spargimento del primo colore si è quasi dileguata, per cui questo particolare artista non sente la spinta per portare avanti in modo vero l’opera iniziata. Per Giovanni non c’è nessun “dovere” di ultimare qualcosa d’iniziato, se non è l’emozione a muoverlo. “Vero” in questo senso.
Le parole di Giovanni esprimono meglio questo concetto:
“Guarda, Piè, in fondo mi son sentito sempre uno spirito “ecologico”. Mi piacciono gli spazi aperti e ampi, volare sopra di essi, e i colori mi aiutano ad esprimere le sensazioni provate. Molti quadri li ho lasciati in sospeso perchè, col trascorrere del tempo, è come svanita quell’emozione che volevo raffigurare, e quindi, riprenderla a distanza, mi sembrava una forzatura che tradiva lo spirito iniziale…”
Spesso il colore di base sparso sulla tela è sul blu, e su questo Giovanni decide il movimento da dare al pennello, scegliendo i colori successivi d’applicare.
Giovanni da sempre rifugge le convenzioni, anche quelle che caratterizzano un rapporto relazionale che limita le personali scelte su tutto ciò che riguarda la sua vita. Uno spirito veramente libero Giovanni Camboni, condizionato e limitato da quelle trasfusioni di cui periodicamente necessita. Una “canna” continuamente piegata dalle condizioni di salute, ma per niente disposta a spezzarsi.
“….una natura senza abbandoni, anzi profondamente serena, anche nell’uso del colore. Non indulge nei contrasti, non accentua volutamente il cromatismo anche quando il tono del racconto pittorico si fa più intenso….” (Antonio Delitala – agosto 1976)
“…..così il paesaggio gli diventa un fatto sentimentale, una questione di cuore, e ne è geloso. Perché non ci sono mai i giochi della riflessione delle costruzioni a freddo. C’è l’umore di chi crede nella vita, nelle cose belle della natura,anche quando chiude i confini dei suoi spazi….” (Enzo Espa – dicembre 1976)
“Il termine espressionismo indica, in senso molto generale, un’arte dove prevale la deformazione di alcuni aspetti della realtà, così da accentuarne i valori emozionali ed espressivi. Al pari del termine «classico», che esprime sempre il concetto di misura ed armonia, o di «barocco», che caratterizza ogni manifestazione legata al fantasioso o all’irregolare, il termine «espressionismo» è sinonimo di deformazione.Caratteristiche più tipiche dell’espressionismo sono l’accentuazione cromatica, il tratto forte ed inciso, la drammaticità dei contenuti. Il colore steso in tonalità pure. Le immagini ottenute sempre autonome rispetto alla realtà. Il dato visibile viene reinterpretato con molta libertà, traducendo il tutto in segni colorati che creano una pittura molto decorativa”.
Sono alcune pecularietà della pittura “espressionista“, e Giovanni vi si è inoltrato profondamente.
“….Amore per la natura, per la terra che ci circonda ed un grande desiderio di quiete, di pace, di tranquillità sono le prime sensazioni che provo quando mi trovo davanti agli occhi un suo quadro. L’artista racconta con estrema semplicità, direi con nostalgia, la storia di una vecchia terra dove l’economia agro pastorale, ora forse in via d’estinzione, viene travolta dalla tecnologia moderna. La ricerca pittorica è continua; il tutto viene presentato con notevole armonia cromatica; il colore che molto spesso è il verde nelle sue più svariate gradazioni, viene steso in modo delicato e pulito….” (Amedeo Chessa – ottobre 1981)
Una persona molto sensibile Giovanni. Sensibile nel senso alto del termine. Attento alla vita, sentendosene ospite grato, e questo anche se la salute non è stata per lui una compagnia continua. Attento ricercatore del suo intimo sentire e nel contempo, capace di descriverlo, almeno con chi si trova a proprio agio.
I suoi concittadini lo ricordano quando per due decenni circa ha gestito l’edicola nella parte bassa del paese, sulla strada che conduce al mare. Anni che hanno stimolato il probabilmente introverso artista ad entrare in relazione con moltissime persone, da cui ha ricevuto tanto sicuramente, ma che in parte hanno messo a dura prova la sua resistenza fisica, togliendogli forse l’energia sufficiente da dedicare alla sua passione artistica come da lui desiderato.
Senza malizia alcuna, ho provato a stuzzicarne la reazione, chiedendogli di parlarmi del rapporto col padre, deceduto un anno prima di diventare centenario. Sappiamo che per ciascuno, l’esperienza avuta col proprio genitore è fondamentale per l’esistenza condotta e quella ancora da portare avanti. Giovanni mi dice che quando doveva esprimere il suo pensiero, l’autorità paterna, ai tempi diffusamente severa, non l’ha mai intimorito. Quelli/e di una certa età, hanno conosciuto bene la severità del genitore maschio, e spesso, per non contraddirlo, si preferiva il silenzio, spesso subìto. Ecco, Giovanni quando doveva dire la sua, non ha temuto mai di farlo, la qual cosa non sempre era ben accetta, nel suo caso da babbo Camboni, nel mio da babbo Murineddu, come generalmente da qualsiasi altro padre. Eppure, o forse proprio per questo, per Giovanni il proprio genitore è stato un fondamentale punto di riferimento e di sicurezza. Con lui il figlio si confidava, trovando sempre attento ascolto. Nelle non moltissime occasioni in cui Giovanni ha deciso di mostrare in pubblico il frutto del suo genio artistico, è possibile che babbo Giomaria abbia risentito del non essere stato coinvolto da subito in queste iniziative, e di questo forse ne risentiva. Allo stesso modo le volte che ha acquistato un’auto nuova in completa autonomia decisionale. Che Giovanni volesse dimostrare la sua capacità e libertà di movimento senza il troppo rigido “controllo” del genitore? Possibile. Ma così è stato, e indietro non si può tornare.
Piacevolissima quell’oretta trascorsa in campagna col mio amico Giovanni. Certo, l’aspetto artistico. È specialmente quella la molla che mi ha spinto a volerne l’incontro. Ad un certo punto ti accorgi che l’aspetto umano nell’incontrare una persona prende il sopravvento. E a me questo va bene. Tantissimo. E’ stata cosa piacevolissima e per me veramente arricchente andare a scoprire ogni angolo del terreno che Giovanni percorre quasi giornalmente per innaffiare, zappettare, liberare le tante piante da frutto dai rami secchi, scoprirne i nidi e con rinnovata meraviglia veder dentro gli ovettini che diventeranno uccelli di diverse specie, compresa quella cornacchia che si è mangiato quel bello e grosso fico che Giovanni pregustava di papparsi lui una volta arrivato alla giusta maturazione.
“O Piè, ma lo sai che mele grosse producevano queste piante? Quest’anno il caldo eccessivo e la siccità prolungata ha rovinato quasi tutto….”
I colori che l’amico artista si è preso la pausa per spargerli nelle tele, sembra che la Natura li abbia voluti far ammirare in questa campagnetta, col contributo attivo e paziente dell’uomo che la frequenta e la cura.
Abbiamo letto prima: “Nella pittura espressionistica le immagini ottenute sono sempre autonome rispetto alla realtà. Il dato visibile viene reinterpretato con molta libertà, traducendo il tutto in segni colorati che creano una pittura molto decorativa”
Da come mi ha parlato di lui, ho l’impressione che tale tendenza artistica Giovanni l’abbia applicata principalmente nella sua vita.
Avremo ulteriori possibilità di approfondirne la conoscenza, sia dal lato artistico e sia sopratutto dal lato umano. Lo speriamo vivamente.
Concludo con ciò che il critico Enzo Espa ebbe a scrivere di Giovanni nel lontano agosto del 1978:
“Tutte le volte che mi avvicino a lui lo faccio con devozione. Non voglio dargli la sensazione che sto salendo in cattedra. Ha tante di quelle forze che, se dovessi solo tentare, potrebbe mancarmi di stima. Perciò lo lascio lavorare, contento quando mi chiama per dirmi ciò che sta facendo. Tutto questo è una lezione per coloro che cercano le forme più facili ed accessibili all’arte. Un artista che nasce col cuore di contadino non cerca mai il successo. Cerca, nel variare delle stagioni, nella pioggia o nel vento che batte sulla sua terra, un tono di cielo, la brillantezza dei verdi sulle piante di ulivi; o il colore della campagna. Filtrando queste cose nel suo spirito pieno di umanità. Sta vivendo nel contempo l’arte e la vita”
Come credo accada a molti artisti, di tanto in tanto e per svariati motivi ci sono momenti di stasi nella creatività. Le vicende della vita è facile che tolgano la concentrazione necessaria, o se si preferisce, l’ “ispirazione”. Se poi, come per Giovanni, si hanno patologie che accompagnano l’ intero corso dell’ esistenza, la cosa è ancora più che comprensibile.
Dopo uno di questi periodi, questa volta particolarmente lungo, Giovanni ha impresso sulla tela questi colori…
Grazie, Giova’. Continua a svelarci e a farci dono del tuo mondo interiore che esprimi attraverso i colori impressi sulla tela.
“Cippo…..Cippoooooooooo…Ma la vuoi smettere di stare a leccare le gambe del mio amico Piero?!”