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A FRANCESCO MARIANI, PRETE

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di Piero Murineddu

Quindi, il prete sociologo, ex direttore Caritas, editorialista del periodico diocesano nuorese, parroco, commentatore radiofonico quotidiano e celebrante di Novene, nell’intenzione voleva fare un’opera altamente civile, meritoria, oltre che coraggiosa: denunciare il racket dei mendicanti. Insomma, un “don Ciotti” nostrano, che da sempre ha fatto, come si diceva una volta, l’ “opzione preferenziale per i poveri”, creando comunità per disagiati e diseredati col “Gruppo Abele” e in seguito buttandosi a capofitto a combattere tutte le mafie, avviando l’associazione “Libera”.

mmmmmmmmmm.., sarò malizioso, ma a me proprio sincero non sembra, e a farmelo pensare è proprio lui, con le sue parole e sopratutto col suo atteggiamento. Non credo che don Ciotti, quello originale, avrebbe usato questi termini (“ho provato grande disagio ad entrare in chiesa dovendo passare attraverso un cordone di questuanti», e ancora «con lo sguardo feroce» verso chi rifiutava l’offerta. «Sono rimasto intimorito dalla loro apparente gentilezza »).

A pensarci, e neanche poi tanto, è un linguaggio molto “salviniano”, cioè di uno che dietro l’apparenza di volere “ordine e disciplina” (guarda caso, strettamente di mussoliniana memoria) ha l’unico obiettivo. oltre quello di raggiungere le leve del comando nazionale, di non dividere il benessere del nord (creato anche dal sudore e dalle umiliazioni subìte a suo tempo dai “terroni”) con “pezzenti e parassiti” che arrivano da altrove, negri e zingari principalmente.

Don Francesco vuole veramente denunciare e lottare contro i racket che sfruttano i poveracci? Lo faccia allora con vero spirito umano, prima ancora che cristiano. E’ fuori luogo ricordare che per Gesù i pezzenti erano i suoi preferiti e che Francesco Bernardone è andato proprio a stare in mezzo ai lebbrosi, condividendone la vita?

Ma come può un seguace di Gesù Cristo, uno che si nutre della sua Parola e che pretende di trasmetterla ad altri, rimanere intimorito da “sguardi feroci dall’apparente gentilezza”? Sfruttati o meno da eventuali racket, sono persone ferite dalla vita e costrette ai margini da una società classista che queste ferite provoca.

Personalmente ho sperimentato direttamente il potenziale di aggressività che si portano dentro molti di questi migranti che sfuggono situazioni disumane e cercano condizioni di vita dignitose. In un primo momento sono rimasto frastornato. Poi, col dialogo, ho visto la tigre inferocita diventare un agnellino. Mi ha detto di tutti i soprusi e umiliazioni che è costretto a subire ogni giorno. Aveva frainteso la mia intenzione iniziale e mi aveva scambiato per uno dei tanti che quotidianamente gli mancano di rispetto. Ci siamo sorrisi e ci siamo salutati con calore, arrivando entrambi quasi alle lacrime.

Don Francesco, non voglio giudicarti, anche perchè non conosco la tua storia. E’ molto probabile che nelle tue giornate fai molto del bene, e non solo ai tuoi parrocchiani e conterranei, ma certi toni e certe dichiarazioni lasciale ad altri, i cui obiettivi ben conosciamo. Sarai impegnato a combattere l’illegalità ad ogni livello, ma senza sospette ambiguità e con atteggiamento di comprensione e di tenerezza verso chi fa più fatica a tirare avanti? Per quanto sarà nelle mie possibilità, mi vedrai al tuo fianco.

Un’ultima cosa. Quel termine, “buonista”. Sai la valenza negativa che negli ultimi tempi ha assunto, usato specialmente da chi di solito non muove un dito per andare incontro alle necessità altrui. Chi cerca di capire l’altro, qualsiasi altro, non è un buonista, ma semplicemente un normale essere umano.

http://www.sardiniapost.it/…/parroco-gli-accattoni-polemic…/

UN SUO COMPAGNO DI STUDI

di Antonio Dessì

Ho qualche ricordo personale affettuoso, di Francesco Mariani.
Nel 1973 gli studenti del seminario diocesano di Nuoro furono ammessi a frequentare il triennio conclusivo del Liceo Ginnasio statale Giorgio Asproni.
Francesco era uno di loro.
Orunese minuto, ma ferrigno, si rivelò un ottimo attaccante nella squadra di calcio dei seminaristi che azzerò le glorie di diverse altre squadre nelle sfide studentesche di quell’anno. Io, che da terzino l’ho marcato, riuscivo a fatica a intercettarlo.
Politicamente combattivo, divenne leader del GdAS, Gruppo di Azione Studentesca, precursore e omologo di quella che sarebbe poi stata Comunione e Liberazione.
I contrasti nelle assemblee d’istituto si fecero accesi, con noi del collettivo che impugnavamo le bandiere della sinistra studentesca di allora e, per la prima volta, un gruppetto abbastanza agguerrito di coetanei che interpretavano la resistenza degli studenti moderati (e delle loro famiglie) a quello che avvertivano come l’esercizio di un’egemonia ideologica da contrastare. Raccoglievano ben maggiore consenso dello sparuto e innocuo nucleo di piccoli fascisti.
Anni dopo presenziammo, alcuni di noi, al matrimonio di una coppia di cari amici, che avevano scelto lui, ormai ordinato sacerdote, come celebrante, nella chiesetta della Solitudine.
Non senza ironia (“Ma ve lo sareste mai immaginato …”), Francesco dedicò ai ritrovati avversari di un tempo un passaggio di saluto nel sermoncino rivolto agli astanti durante la Messa.
Ancora molti anni dopo, sul periodico diocesano nuorese, una spiegazione biografico-politica e teologico-culturale che non ebbi dubbio (anche perché siglata) fosse scritta di suo pugno, descrisse il conflitto tra un Presidente della Regione e un Assessore regionale dimissionario in termini di prevedibile inconciliabilità tra il luteranesimo del primo e il calvinismo del secondo. Poiché trapelava una qualche simpatia per il calvinista, apprezzai senza indagare quale potesse essere il confine teologico e pragmatico della asseritamente inconciliabile diversità tra i due.
Francesco Mariani è prete, insegnante, sociologo e animatore di un periodico, L’Ortobene e di un’emittente, Radio Barbagia, molto accreditati dal punto di vista dell’impegno civile, nella mia città e nella mia provincia native.
Lui stesso ho preso a considerarlo, io che ormai seguo solo a distanza le vicende di quelle realtà, una delle poche personalità di spicco in un panorama politico, culturale, umano che avverto profondamente isterilito.
Certo, non ho mai pensato che un integralista come il giovane Francesco potesse mai convertirsi da grande a inclinazioni marcatamente progressiste.
Però non mi sarei neppure aspettato una così scoperta manifestazione di fastidio e di intolleranza, al limite del razzismo, verso presenze, quelle dei Rom e degli immigrati nordafricani, certamente problematiche, anche nel Nuorese, ma mai fino al punto di provocare reazioni di radicale ripulsa in un ambiente tradizionalmente tollerante.
Sono deluso, Francesco, anzi, sgomento.
Dal Tempio e dalle sue gradinate si cacciano i mercanti, i cambiavalute che riciclano proventi di fortune discutibili, i potenti arroganti e ipocriti e i loro clientes, non i poveri, i mendicanti, i diseredati.
Rimedia, Francesco, ti invito fraternamente, a questo tuo incredibile scatto di intolleranza, che non aiuta di sicuro una convivenza tra diversi già complicata, in una comunità che di incitamenti a nuovi conflitti non ha certamente bisogno.

In ricordo di don Tonino

di Piero Murineddu
Il tempo ci sta allontanando sempre più da quel giorno che don Antonio Sanna ci ha lasciati per godere della Vita in cui sempre ha creduto e di cui senza sosta ha parlato.
Era parroco a Porto Torres don Tonino. Fondatore della chiesa di “Cristo Risorto” e animatore di una comunità che ha sempre amato e da cui è stato ricambiato.
Nella sua chiesa non teneva statue né inutili e distraenti fronzoli di alcun genere. Una grande e semplice sala dove le persone si riunivano, per ritrovarsi con piacere, e con molto piacere ascoltare questo vivace prete che si faceva portavoce, bibbia alla mano, dell’insegnamento del suo maestro, Gesù Cristo, aiutando tutti a conoscere il volto misericordioso di Dio, Padre e Madre.
Don Tonino viveva di cibo, consumato spesso con altri con gioia e allegra convivialità, di Bibbia e di musica. Di musica, che praticava e creava con estrema maestria, portando generazioni di ragazzi ad appassionarsene.
Quando potevo, andavo volentieri a partecipare alla Messa domenicale da lui presieduta. Ascoltarlo era un piacere, oltre che motivo di edificazione, spirituale e umana. Umana. Don Tonino parlava della vita e le sue parole aiutavano tutti a divenire sempre più fraterni nei rapporti con gli altri.
All’inizio della celebrazione, si sedeva all’organo e premeva con decisione sui tasti, provocando un suono squillante che accompagnava la sua voce e quella di tutti i presenti. Non potevi non unirti al canto. Un’assemblea abituata evidentemente a partecipare attivamente al cantare coralmente. Don Tonino aveva creato poche melodie semplici e su queste adattava testi poetici prevalentemente di David Maria Turoldo legati alla liturgia del giorno.
Di tanto in tanto, nel foglietto che predisponeva, inseriva anche questa lauda antica, “O Pane del ciel”. Un testo apparentemente “sdolcinato”, distante dai toni molto forti e molto “terreni” delle sue omelie. Ogni volta però, vivevo questo canto come completamento delle riflessioni che proponeva don Tonino, sia come contenuto e sia come melodia. Il più delle volte mi prendeva una grande commozione nel cantarlo e ancora, prima del riposo notturno, prendo la mia vecchia chitarra e me la canto, col pensiero rivolto anche al carissimo e indimenticabile don Tonino.

 

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O PANE DEL CIEL

O Pane del ciel o Pane del ciel
O vivo conforto dell’alma fedel
D’amore sei segno,
di gloria sei pegno
mistero di fè
Un cibo più dolce nel cielo non è
O dolce Gesù, o dolce Gesù
mia gioia, mia vita, mio cibo sei tu
Io vivo, non io, ma vive in me Dio
che vita mi dà
e come suo Figlio glorioso mi fa
Mia speme tu sei, mia speme tu sei
che desti sul legno la vita per me
Ti dono il mio cuore,eterno Signore,
tuo sempre sarò
Te stesso m’hai dato
me stesso ti dò

 

Iniziare con la “lentezza” giusta

Meglio iniziare una nuova settimana con la musica e la lentezza giuste. È possibile che ci saranno altre tragedie, che ci coinvolgeranno se accadranno al nostro Nord oppure ci lasceranno indifferenti se accadranno al nostro Sud, anche se appena al di sotto del Mediterraneo, molte delle quali non ne verremo neanche a conoscenza, complici i nostri mass media occupati a farci conoscere le cazzate che dicono i vari Berlusconi, Salvini, Renzi e ultimamente i vari Scalfari e compagnia vergognante, oltre a constatare, per vigliaccate quotidiane, di quanto il livello di razzismo e disumanità pratica continuerà a crescere tra i nostri civili connazionali. Noi continueremo tuttavia a tenere gli occhi e il cuore ben aperti, con atteggiamento di necessaria critica, di sforzo di comprensione e di costruttori di fratellanza.
Buona settimana (P.Muri.)

NON FERMARSI MAI

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di Piero Murineddu

Certo che buttata giu così, la frase sembra di quelle che solo a leggerla ti viene di stramazzare al suolo per la stanchezza. E come, ci si deve pur fermare, sia per riprendere fiato, sia per rigenerare le forze, sia per riflettere, sia per programmare, sia per tirare le somme……. ! 

Giancarlo è un sussincu che da tempo ha messo su casa e famiglia a Sassari, dove gestisce una palestra di arti marziali. Il termine “marziali” porterebbe subito a pensare alla guerra. Giancarlo ha puntato la sua vita, attraverso il suo lavoro, a combattere si una “guerra”, ma del tutto particolare, cioè, essendo un pacifista convinto, quella di combattere battaglie quotidiane di autoformazione contro le tanti reazioni istintive che porterebbero e che purtroppo spesso portano ciascuno di noi a vedere gli altri come avversari pronti ad ostacolare il nostro cammino.

Questa “guerra” permanente Giancarlo la porta avanti sempre col sorriso e, per quanto gli è possibile, sforzandosi di far prevalere in lui il buon umore, pur consapevole delle troppe brutture che caratterizzano questi tristi e drammatici tempi che stiamo vivendo. Ottimo rapporto coi suoi allievi, e principalmente, massimo rispetto per i tempi di ciascuno di migliorarsi nella tecnica, sportiva e di vita.

“Non fermarsi mai” quindi, moto che Giancarlo ha fatto suo, in questo lavorio continuo di autodisciplina, per rendere migliori se stessi, e di conseguenza, il mondo.

Il sesso d Dio?!

 

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In effetti, le caratteristiche del Dio che ci ha fatto conoscere Gesù Cristo, più che a un padre fanno pensare ad una madre:attenta, premurosa, comprensiva, paziente, misericordiosa, servizievole, affettuosa, amorevole…..Senza contare la lunga e spesso faticosa gravidanza, ai dolori del parto, all’accudire in tutto il bebè, compreso l’alzarsi a notte fonda per preparare il biberon. Eppoi accompagnarlo per le vaccinazioni, rimanere i primi giorni all’asilo per dargli il tempo di abituarsi, parlare con le maestre, aiutarlo nei compiti, calmarlo in caso di incubi notturni, prepararla (se femmina, s’intende) al menarca, ascoltarlo pazientemente mentre confida i primi turbamenti sessuali, consigliarlo come comportarsi con la fidanzatina, sopportare gl’isterismi e i continui cambiamenti d’umore adolescenziali, consigliarlo/a sul vestiario più adatto… Eppoi c’è l’età adulta del figliolo o figliola. Ohi, l’età adulta!!
A proposito, di cosa stavo parlando? Ah, del Dio maschio o femmina. Dicevo………….(P.Muri.)

FANTASIA IMPRENDITORIALE a Sennori (SS)

 

 

di Piero Murineddu

Certo, attività commerciale lo è, o meglio, iniziativa per crearsi un lavoro, visto che quest’ultimo in giro non abbonda proprio. Già per questo la cosa è lodevole.

E va be’, vi si vendono le solite bevande da bar, compresi alcolici e stramaledetti superalcolici, i cui consumatori, pur sapendo come riducono il loro povero e paziente organismo (fegato in primis), continuano a fare infischiandosene bellamente delle conseguenze e pensando magari che “a loro non capiterà mai”(!).

Però qualcosa di diverso ‘sta volta c’è, e chi lo frequenta lo sa benissimo e continua ad andarci con molto piacere. Non vi è il solito bancone dove ci si appoggia il gomito sinistro e bevazzare in continuazione, da soli o, quando si è in gruppo….. adesso pago io…no, lascia stare….ma figurati…..tocc’a me…oh, guarda che spett’a te mi….

Che poi si trovi proprio di fronte al camposanto per me aggiunge un valore in più. Che ripoi è separato dall’edicola da quel semplice e carinissimo “murale”, il valore raddoppia. Che tripoi vi sia vicino quell’antica fontana dove un tempo si abbeveravano i cavalli e gli asini, vi si attingeva l’acqua per casa e vi si lavavano i panni (almeno credo), il valore si triplica.

Lo spazio interno è concentrato, eppure il posto per mettervi qualche libro lo si è trovato, non tanto per leggerlo lì, ma giusto per ricordare agli avventori che il leggere, il cercare di superare la vergognosa ignoranza che ci condiziona e ci limita un po’ tutti, è una cosa importantissima che ancora siamo in tempo a fare.

In quel baretto “culturale” vi si svolgono altre attività e penso che chi gestisce è contento, non solo perché a sera la “giornata” risulta fatta.

Un esempio di come spesso la fantasia “paga”, specialmente quando ci si pone davanti l’obiettivo di far cassa.O meglio, non solo quello. Sicuramente un bell’esempio. Non da imitare, ma da cui prendere lo spunto.

 

SILENZIO

di Piero Murineddu

Vi sono tanti modi di vivere il silenzio. Addirittura può avere contenuti completamente antìtetici, come può essere quello rancoroso o contemplativo. Si ricerca oppure se ne ha paura, sfuggendolo. Lo si riempie allora con atteggiamenti ancora più svuotanti che lasciano  insoddisfatti e fors’anche tristi.

Il silenzio di cui si parla nei versi scritti da Rita Clemente, un’insegnante che vive a Chieri adesso in pensione, molto attiva per quel che può nel cercare di costruire un mondo più solidale e fraterno, e cantati da Giuseppe Scanu, un amico di Sorso, cittadina dove vivo. con la passione per la musica che negli ultimi tempi ha scoperto la bellezza di mettere in note pensieri e tematiche che ha sentito sue da sempre, questo silenzio – dicevo – è il necessario e sempre più indispensabile atteggiamento che bisognerebbe avere davanti ai tanti drammi che stanno patendo uomini, donne e bambini in questo preciso momento, nelle nostre città o nei luoghi più lontani e dimenticati di questa terra che sempre più viene violentata e svuotata dal sentimento della compassione, del patire con. Un silenzio  spesso di sbigottimento,ma non indifferente né tanto meno inerte e rassegnato, ma che deve portare a decisioni ed azioni che ancora possano far recuperare quell’umanità che sembra sempre più allontanarsi.

Per allargare lo sguardo e dilatare il pensiero, ho raccolto brevi scritti riferiti appunto al silenzio, tema di cui si occupa il sito http://www.ascoltareilsilenzio.org/

Al termine ho riportato una poesia di Davide Maria Turoldo, contenuta in “Canti ultimi“. Padre Davide è dal  Silenzio pieno di Presenza che traeva la forza per denunciare le nefandezze compiute da sempre dagli uomini e, giorno dopo giorno, con la sua vita e con le sue parole, imparava ed insegnava a diventare operatori di pace, facendosi testimone della Tenerezza di Dio, ancora troppo sconosciuta e di cui l’umanità, consapevole o meno, continua ad avere profonda nostalgia. (P.Muri.)

 

 

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Le sirene hanno un’arma ancora più terribile del canto: il loro silenzio Franz Kafka

Taci tu per primo quel che vuoi sia taciuto da altri.  Chi non sa tacere non sa parlare Seneca

Tutte le arti, anche il silenzio, hanno una grammatica. Ma prima bisogna sintonizzarsi sull’anima: con il corpo, con il cuore, con lo sguardo  Marcel Marceau

Non cercare mai di dire il tuo amore.  Amore non può mai essere detto William Blake 

La poesia non è fatta   di questi versi che pianto come chiodi, ma del bianco  che resta sulla carta Paul Claudel

Il silenzio non è altro che il cambiamento della mia mente. E’ un’accettazione dei suoni che già esistono John Cage

Potrai dire molte cose con parole celate… Un volto che tace spesso ha voce e parole       Ovidio

Io sono un maestro nel parlare tacendo,  per tutta la mia vita ho parlato in silenzio         Fedor Dostoevskij

La poesia  è  pittura parlante, la pittura  poesia taciturna  Giambattista Marino

Ascoltare significa anche tacere. In un mondo in cui tutti parlano, nessuno ascolta  Annalucia Accardo

E’ nel silenzio che ci si capisce meglio Paul Claudel

Di ciò di cui non si può parlare, è bene tacere Ludwig Wittgenstein

Le menti anguste hanno il dono di parlare molto e non dire nulla Francois de la Rochefoucauld

La maggior parte degli uomini teme il silenzio. Quando cessa il brusio costante – per esempio ad una festa – bisogna sempre fare, dire, fischiare, tossire…Carl Gustav Jung

Nell’amore un silenzio vale più di un discorso Blaise Pascal

Lascia che il tuo silenzio  sia il mio  silenzio stesso Pablo Neruda

Udire con gli occhi appartiene al fine ingegno dell’amore William Shakespeare

A forza di ripeterle, le parole a poco a poco perdono il loro significato Agota Kristof

…ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovraumani  silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo; ove per poco  il cor non si spaura.    Giacomo Leopardi

Il silenzio è un’alternativa.Niente parla più forte della poesia non scritta George Steiner

Tacere non significa essere muto. Chi non dice mai nulla non ha la possibilità di tacere al momento opportuno. Solo il vero discorso rende possibile il silenzio autentico Martin Heidegger

La musica è silenzio che, sognando, prende a suonare  Max Picard

Il silenzio fu sempre l’eloquenza più viva degli amanti Thomas Corneille

Le parole si muovono, la musica si muove  solo nel tempo; ma ciò che soltanto vive può soltanto morire.  Le parole, dopo il discorso, giungono  al silenzio Thomas Eliot

Il mio corpo è un altro tempio per il tempio del silenzio   Adonis

Meglio sordo che assordato. Una volta si voleva far parlare di sé; oggi questo non basta più, perché il mercato è diventato troppo grande, si deve far gridare. Friedrich Nietzsche

Il silenzio attende. Il silenzio, la più fedele cosa che in vita m’abbia allacciato.  Più grande di me, via via ch’io crescevo anch’esso cresceva.   Sibilla Aleramo

Gli uomini si servono delle parole  solo per nascondere i loro pensieri Voltaire

Ci sono parole che dovrebbero servire una sola volta Francois Rene’ Chateaubriand 

Frasi! Frasi! Come se non fosse il conforto di tutti, davanti a un fatto che non si spiega, trovare una parola che non dice nulla, e in cui ci si acquieta!  Luigi Pirandello 

E’ difficilissimo parlare molto senza dire qualcosa di troppo   Luigi XIV

Colui che potendo esprimere un concetto in dieci parole ne usa dodici, io lo ritengo capace delle peggiori azioni  Giosuè Carducci

Tra due parole  bisogna scegliere la minore  Paul Valéry

Una parola vale un denaro; il silenzio ne vale due Talmud

Dall’albero del silenzio pende il suo frutto: la pace   Arthur Schopenhauer

Se fossi re, istituirei cattedre per insegnare a tacere    Lope De Vega

Voi, parole, tradite invano il morso secreto, il vento che nel cuore soffia.  La più vera ragione è di chi tace   Eugenio Montale

Non permettete alla lingua di oltrepassare il pensiero Anton Cechov

Si sa quanto male ci facciamo per questo maledetto bisogno di parlare! Luigi Pirandello 

Prendi l’eloquenza e torcile il collo! Paul Verlaine

Il silenzio è un’eloquente affermazione Cicerone
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Servizio in armi e maturazione dei giovani

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PER SERVIRE LA PATRIA NON CI SONO SOLO LE ARMI

di Piero Murineddu

Il contenuto della lettera che il mio concittadino Angelo ha mandato alla Nuova Sardegna è appropriatissima ad una pagina FB che gestisco, “Sorso e Sennori – Banca della Memoria”, tra l’altro concepita anche per dare possibilità a chi vive nel nostro territorio (Romangia, nord ovest della Sardegna) di raccontarsi. Ed è ciò che si legge in queste righe, molto nostalgiche di un periodo e di un’esperienza che l’autore ha fatto da giovane.

Entriamo nel merito, cioè che il Servizio di Leva servisse o meno a “far diventare uomini”, come si diceva una volta e come in altre parole nella lettera  si conferma. Non nego che per molti giovani di allora, facendo un’esperienza comunitaria qual’era il periodo della “Leva” , anche se del tutto particolare, sia stata un’occasione di crescita, di confronto e forse di scontro, di entrare in contatto con altre mentalità e sensibilità. Forse si è imparato a rispettare e a farsi rispettare. Penso tuttavia che non fosse l’unico modo per aiutare i nostri giovani a raggiungere una piena maturità, e neanche la migliore. Sempre di ambiente di caserma si trattava, dove i rapporti non sono per niente paritari, dove sei costretto ad obbedire a delle persone che forse non stimi e ad eseguire degli ordini che probabilmente non condividi. Una convivenza “gerarchica” non agevola un agire e un rapportarsi democratico. Per dirla spiccia spiccia, questo ambiente ideale per far maturare una persona libera ( che vuol dire tutt’altro che  poter fare tutto quello che salta in testa infischiandosene del prossimo, sia ben chiaroio non ce lo vedo.

Nel 1972 in Italia è stata approvata una legge che rispondeva a chi, per motivazioni di principio e ideali, voleva contribuire in modo diverso al servizio verso la Patria, “obiettando” all’idea che la si possa difendere solamente con le armi. Nasceva così il Servizio Civile. Inizialmente era considerata una scelta di comodo, e quindi “punita”, facendo durare l’obbligo otto mesi più di quello militare. Col tempo, con le lotte e con validi ragionamenti, si è capito che non vi era niente di “comodo” nel voler dedicare un periodo della propria vita ad alleviare la sofferenza degli altri o impegnandolo in diversificati ambiti della vita sociale o a salvaguardia dell’ambiente.

Quando ho fatto il militare io, non conoscevo ancora questa possibilità, ma in seguito, stando a contatto a Sorso con più giovani di me, alcuni di loro hanno maturato questa scelta, certi che li avrebbe aiutati a crescere, in umanità, in attenzione verso gli altri, in solidarietà e in responsabilità verso la vita, entrando in contatto coi tanti problemi che affliggono la nostra società e in qualche modo li avrebbe segnati per sempre. Di fatto così è avvenuto e questi ex ragazzi, oggi persone adulte e per lo più impegnati a migliorare questo mondo per quanto è nelle loro possibilità, potrebbero testimoniare in questo senso.

Dal 1º gennaio 2005 deccadde l’obbligo del Servizio di Leva e nel contempo quello del Servizio Civile. Tuttavia, una legge del 2001, con l’istituzione del Servizio Civile Nazionale

http://www.serviziocivile.gov.it/   oppure anche  

https://it.wikipedia.org/wiki/Servizio_civile_nazionale

si era sancito che tale possibilità non era più in alternativa a quella militare, ma una scelta individuale a se stante. Chi per visione della vita pensa che l’uso delle armi è contrario alla propria visione delle vita e non lo ritiene l’unico e il principale modo per risolvere i conflitti, non è più visto un utopista e uno che vive con la testa fra le nuvole.

https://it.wikipedia.org/wiki/Nonviolenza

Questa esperienza la si può ancora fare, uomini e donne che non abbiano superato il 28° anno d’età, prestando la loro opera in attività di assistenza,di utilità sociale o di promozione culturale.

Per quest’anno, la domanda bisogna inoltrarla entro le ore 14 del 20 novembre 2017

Qui si trova il bando d’ammissione

http://www.serviziocivile.gov.it/menusx/bandi/selezione-volontari/bandociechi2017/

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Per tornare alla lettera del mio concittadino,

i nostri figli hanno ancora possibilità di maturare,in tutti i sensi,e i modi e le opportunità non mancano

 

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Aggiornamento a oggi, 15 novembre

Tra le cose che mi capita di scrivere, ogni tanto, specialmente su argomenti che mi premono, mando qualcosa a La Nuova. Non sempre, ma a volte  ritengono di pubblicare, come in questo caso. Mi consola che il vecchio Brigaglia, docente universitario, scrittore e storico di pregio, concordi sul mio pensiero. Lo dico senza offesa per nessuno, ma spesso, la reazione istintiva, il reagire con violenza davanti alla violenza, il ritenere necessario l’accapparramento di armi sempre più sofisticate per incutere paura  e per sentirsi più sicuri, passi attraverso una visione della vita dove spesso l’istinto prevale sulla ragione, dove prevale la legge del più forte (e non è detto che il più forte abbia sempre ragione, anzi….). Un modo di concepire le relazioni, siano esse individuali, tra gruppi o tra Stati, basata su una bassa cultura e sulla  diffidenza che si ha verso il confronto di idee e sulla pazienza della sana “diplomazia”. Che uno studioso di grande esperienza e con molti anni alle spalle qual’è il prof Brigaglia affermi che è “completamente d’accordo”, come dice nella sua risposta, mi dimostra che il ragionamento che ho cercato di fare non è completamente fuori dalla realtà, e ancor meno, fatto da un “buonista” a tutti i costi.

Cattura

 

L’isola del tesoro……

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…..ma non per i sardi

 

di Piero Murineddu

Se avete voglia, andatevi a leggere l’articolo di cui vi riporto il link qui sotto.Tra gli altri si parla di quel Rovelli che “salvò” i sardi, sopratutto della “parte di sopra”, dalle fatiche di lavorare la terra e in (s)compenso, portandoli nella sua SIR (Società Italiana Resine) di Porto Torres, riempì il loro organismo di veleni, e altrettanto fece con l’aria, il suolo e il sottosuolo. Certo, gli ex contadini poterono così comprarsi il vestito per la domenica, nuove camere “da pranzo” (che non si usavano mai!) e finanche la 600, ma il veleno che quotidianamente s’introduceva dentro di loro senza chiedere il permesso, ha fatto in modo che molti morissero prima del tempo o arrivassero ad una vecchiaia un po’ troppo malconci. Il prezzo del progresso? Troppo semplicistico il ragionamento? Mah,fate voi…