29 aprile 1945: Gravissimo errore, ammettiamolo

di Giampaolo Cassitta

(da sardegnablogger.it)

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Sono stato a Piazza Loreto alla fine degli anni Novanta. Fino a quel momento nella mia vita era solo un nome storico ed evocativo legato all’esposizione dei corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci.

“A testa in giù” si raccontò. Ed è un racconto storico, certificato, reale.
“Finirete a testa in giù” fu quasi uno slogan in certi ambienti della sinistra e dell’estrema sinistra negli anni bui del terrorismo.

Quei corpi, esposti pubblicamente il 29 aprile del 1945, comunque la pensiate, furono uno scempio, un errore politico, una cattiveria vana o, come la definì Ferruccio Parri, capo del CLN “uno spettacolo da macelleria messicana” mentre Sandro Pertini aggiunse: “A Piazzale Loreto l’insurrezione si è disonorata”.

Ci ho pensato molto in questi ultimi tempi a quell’atto estremo definibile populista, giustizialista, osceno e di pessimo gusto. Quel mettere alla gogna un uomo, un dittatore, un imputato che comunque aveva il sacrosanto diritto ad un giusto processo è stato un errore giuridico enorme.

L’esecuzione di Mussolini passa in secondo piano davanti alla rappresentazione della sua morte, a quel volerlo esporre “a testa in giù”, così come un pollice verso dell’imperatore nell’arena del Colosseo per decretare la vita o la morte del povero gladiatore di turno.

Non occorre essere troppo garantisti o troppo dialoganti e non occorre dire: “era un criminale, una persona esecrabile su tutti i punti di vista” perché non è questo il punto. Mettere a testa in giù il proprio avversario politico, il proprio nemico, il Caino di turno è sempre un errore, in qualsiasi momento storico.

Quell’esposizione di un corpo inerme è stato un gigantesco sbaglio e non un monito. Non possiamo condannare i leoni di tastiera che vorrebbero uccidere almeno il cinquanta per cento dell’umanità e poi assolvere quell’atto di una donna e un uomo appesi a testa in giù. È stata una scelta degna dei peggiori fascisti, dei perfidi nazisti e delle loro terribili e vigliacche vendette. Quei corpi avevano il dovere – da vivi – di difendersi dalle giuste accuse.

Ho sempre provato molta vergogna nell’affrontare questo argomento. Lo dico dalla sponda di sinistra dove ho abitato e abito e dove ho dovuto dibattere anche animatamente contro chi, invece, ancora giustifica quell’atto e lo circoscrive ad un “contesto storico”.
Lo dico da uomo di giustizia e lo dico profondamente convinto che Benito Mussolini fosse colpevole ma meritevole di un giusto processo, opportunità da lui mai attuata nei confronti dei presunti nemici, costretti a marcire in galera attraverso l’attuazione di una sporca giustizia sommaria.

Io volevo giudicare il fascista Mussolini e ne volevo la condanna. Non volevo essere come il fascista Mussolini. Piazzale Loreto è andato, purtroppo, nella direzione sbagliata. Ammettiamolo.

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QUEL GIORNO IN PIAZZALE LORETO

( da un articolo di Dino Messina su “Il Corriere della Sera”)

Ecco come andarono davvero i fatti quel giorno in piazzale Loreto.

Il ragioniere Walter Audisio, comunista, impiegato alla Borsalino, nome di battaglia «colonnello Valerio» nella notte in gran segreto aveva fatto scaricare i corpi dei gerarchi fucilati a Giulino di Mezzegra in un angolo del piazzale dove il 10 agosto dell’anno precedente erano stati giustiziati e esposti al pubblico 15 partigiani come rappresaglia per un attentato contro un camion nazista.

Oltre ai corpi del Duce e della sua amante Claretta Petacci, fucilati personalmente dal «colonnello Valerio», c’erano quello di Marcello Petacci, fratello della donna di Mussolini e definito «ruffiano» dai partigiani, e quelli di quindici gerarchi fascisti, che stavano con il Duce a vario titolo, chi con l’illusione di salvarsi nella folle fuga verso la Svizzera, chi con la consapevolezza di una testimonianza di fedeltà estrema.

Tra questi il vecchio Nicola Bombacci, ex comunista che era salito sulla macchina di Mussolini quando questi aveva lasciato la prefettura di Milano il pomeriggio del 25 aprile, dopo il drammatico colloquio con il cardinale Ildefonso Schuster, e il professor Goffredo Coppola, grecista di valore, rettore dell’università di Bologna.

Tra gli altri vale la pena di ricordare il segretario del Pnf Alessandro Pavolini, e i ministri della Rsi Augusto Liverani , Ruggero Romano, Ferdinando Mezzasoma, Paolo Zerbino.

L’esposizione dei corpi in piazzale Loreto aveva dunque un valore altamente simbolico e non avvenne per caso, come dichiarò il colonnello Valerio quando, richiamato dal prefetto partigiano Riccardo Lombardi, anche per le proteste del rappresentante americano Charles Poletti e del cardinale Schuster, spiegò che era stato costretto a scaricare i cadaveri dalle tute verdi della Pirelli che non l’avevano lasciato passare.

La voce che i corpi di Mussolini, della Petacci e dei gerarchi erano esposti a piazzale Loreto si diffuse presto. Sui cadaveri cominciò lo scempio della folla assetata di vendetta: calci, sputi, anche colpi di pistola. Una megera arrivò a urinare sul volto del Duce.

A quel punto venne deciso di issare i poveri resti sulla tettoia di un distributore di benzina e i corpi vennero appesi a testa in giù. Ci volle la mano pietosa di un prete vicino ai partigiani, don Pollarolo, per chiudere con una spilla la gonna di Claretta e far cessare le urla di scherno.

Nel pomeriggio la folla che andava sempre più gonfiandosi poté assistere a un fuori programma: alla fucilazione di uno degli uomini che più avevano rappresentato il regime e che nel finale era odiato non solo dagli italiani, ma dallo stesso Mussolini: Achille Starace, vestito con la tuta con cui era andato a correre, venne riconosciuto dai partigiani, e fucilato su due piedi vicino al «suo» Duce mentre faceva il saluto romano.

Finalmente arrivarono due autocarri e i cadaveri, staccati dal distributore, furono portati all’obitorio.

29 aprile 1945: Gravissimo errore, ammettiamoloultima modifica: 2023-04-29T07:56:37+02:00da piero-murineddu
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