Mahalia, indiscussa regina del gospel (con inopportuna divagazione finale)

di Piero Murineddu

Pressapoco cinque ottave di estensione vocale  e un pathos unico quello provocato da Mahalia Jackson, definita a piena ragione regina del gospel, nato sulla base degli antichi canti spontanei senza accompagnamento musicale che alleviavano le dure giornate di lavoro nei campi sopratutto di cotone dei ricchi proprietari terrieri nel Sud degli Stati Uniti. Il canto di un solista si alternava con la risposta di tutti, che nei momenti in cui potevano raddrizzare la schiena, aggiungevano il battito delle mani. In una fase successiva il canto venne arricchito da strumentazione e l’ andamento generalmente lento e quasi trascinato delle origini animò maggiormente il ritmo, riscontrando piu facilmente l’apprezzamento di chi viveva nelle cittá, riuscendo così anche a varcare l’oceano e con testi non unicamente su tematiche tratte dalla Bibbia. Mahalia, al contrario, nei sessant’ anni di vita vi rimase sempre fedele, in questo sicuramente influenzata dalla severitá della zia a cui é stata affidata ad appena cinque anni dopo la morte di mamma Charity Clark, cameriera e lavandaia. Guai permetterle di interessarsi al altro che non fosse il cantare nella chiesa del babbo vedovo John, pastore battista che si guadagnava da vivere facendo lo scaricatore di porto e pure il barbiere. Tuttavia e in diversa misura, assorbì ugualmente anche le atmosfere create dal jazz, dai gruppetti bandistici di strada e dal blues, e le tante registrazioni che si trovano in Rete lo dimostrano.

Da adolescente, andata a vivere da New Orleans a Chicago, insieme a vari lavoretti e affinate le capacitá come componente di alcuni cori, riuscì ad avviare la carriera solista coi risultati  ben conosciuti e che a tutt’oggi continuano ad essere annoverati tra le migliori produzioni mondiali dell’ arte canora.

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Come per buona parte degli artisti afroamericani di successo, anche in Mahalia non é mancato l’impegno attivo per favorire i diritti civili dei discendenti degli antichi schiavi che finalmente, grazie anche alla guida di figure carismatiche, non sopportarono più le inaccettabili discriminazioni con cui la prepotenza di molti bianchi e la stessa legislazione li faceva oggetto. Non a caso la sua voce introdusse lo storico discorso del “Sogno” di Martin Luther King davanti a 250.000 persone e in precedenza aveva cantato anche per l’inaugurazione della presidenza Kennedy.

Mahalia Jackson morì per un attacco cardiaco il 27 gennaio del 1972.

Forse a sproposito,          una piccola divagazione

 

Di tanto in tanto, specialmente in certi momenti in cui sento forte il bisogno di farmi trasportare da uno spirito di preghiera che non abbia bisogno né di parole né tantomeno di formule, ascolto la sua versione del “Padre nostro” che riporto di seguito.

https://youtu.be/VlFka2VrXQc

A questo proposito, apro una piccola parentesi.

Chi é sensibile a certe tematiche sa sicuramente della variazione alla storica traduzione della preghiera insegnata da Gesù ai suoi discepoli, in cui sino all’ altro ieri si indicava un Dio che “induceva” in tentazione. Grazie anche ad una “diversa” teologia che continua ad insistere (spesso inascoltata) sul fatto che il Messaggio ha sempre presentato un Padre che se é Misericordioso e Amorevole non può divertirsi a tentare la fragilitá dei suoi figli, finalmente i liturgisti della Chiesa Cattolica hanno decretato ufficialmente: ” non ci indurre in tentazione”  sostituito con  “non abbandonarci alla tentazione“, particolare importantissimo che a suo tempo aveva ben compreso il caro don Antonio Sanna che nella parrocchia che guidava a Porto Torres, e secondo me ancora più precisamente, l’ aveva sostituito con “non abbandonarci NELLA tentazione“. Non cosettine da poco, insomma, dal momento che c’ é in gioco che ” tipo” di Dio si vuole credere.

Ora, nel canto eseguito da Mahalia Jackson vi é la vecchia dicitura del “Dio tentatore”, ma allora si era nel 1958. Cosa meno comprensibile, e per me meno accettabile, é che nella giornata dello scorso 25 dicembre, dalla Basilica superiore di Assisi si senta cantare un Andrea Bocelli che ancora insiste sul “non ci indurre in tentazione”, con un’affascinante violinista in primo piano svolazzante, tutto ad uso e consumo dello spettacolo televisivo.

Mi chiedo: costava molto che padre Marco Moroni, Custode del ” sacro convento”, o anche padre Enzo Fortunato, quest’ ultimo prontissimo a giustificare lo scorso 4 ottobre il sorvolo delle Frecce Tricolori su Assisi, a suo dire per “solennizzare” la festa del pacifico e pacifista Francesco, suggerissero allo stesso Bocelli e alla sacra regia RAI di apportare una modifica al testo cantato, tutt’ altro che leggera?

Ho finito. E adesso, chi vuole, si goda pure lo spettacolare “Padre Nostro” di Bocelli dello scorso Natale….

https://youtu.be/1u9G_-CCVWs

Mahalia, indiscussa regina del gospel (con inopportuna divagazione finale)ultima modifica: 2021-01-14T16:26:11+01:00da piero-murineddu
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