Grazie, Leonard

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di Piero Murineddu

Di  buon mattino – sbirciando i siti sulle biografie riferibili a questo giorno di un metá ottobre in cui stiamo cercando di capire se questa benedetta e giustamenre necessaria mascherina dobbiamo indossarla solo nelle situazioni effettivamente a rischio oppure ventiquattr’ore su ventiquattro, e concentrandomi più su coloro che hanno o stanno  arricchendo quest’umanitá e meno su quelli che l’hanno o continuano ad impoverirla – fermo l’attenzione su un personaggio che per leggere l’intero curriculum ho impiegato un’oretra buona del mio ancora assonnato tempo. Riassumerlo ammetto che sarebbe un tantino faticoso, per cui ci rinuncio volentieri.

Diciamo che, in mezzo a tante altre motivazioni, mi ha colpito sia perché é nato lo stesso anno di mio padre e sia perché il suo cuore si é fermato nello stesso anno in cui invece é nato il mio figliolone Giuseppe, trent’anni fa, che in un certo qual modo e nonostante la laurea in psicologia, continua ad essere maggiormente assorbito dalla stessa arte alla quale il personaggio in questione ha dedicato praticamente l’intera sua vita, cioé la musica: per il mio primogenito quella vocale e in polifonia, per il signore in questione maggiormente quella orchestrale.

Nonostante mammá e papá gl’imposero il nome di Louis, lui, non ho capito quando e perché, se ne scelse un altro e con quello tirò avanti fino a 72 anni, ovvero quanto durò su questa malmessa Terra. Credo che ancora adesso, in qualsiasi dimensione si trovi la sua Essenza, continui ad essere riconosciuto col nome che si é liberamente dato. Però, bella questa possibilità di cambiarselo a proprio piacimento il nome. Io ho tentato di farlo qualche tempo fa, ma nonostante le mie insistenze, continuavo ad essere chiamato col solito avuto alla nascita, per cui ho rinunciato e col Piero tiro avanti, credo fino a Quel giorno e anche oltre.

Appena a dieci anni Louis iniziò a pestare sul pianoforte e da allora non smise più. Lo usó non solo come strumento col quale intraprese quest’alta arte sonora, ma anche come chiave interpretativa della vita e di comunicazione con la stessa vita, quella sua personalissima interiore e quella circostante. Nota dopo nota riempì pentagramma su pentagramma con infinite semibrevi, minime e semiminima, crome e semicrome legate tra loro, con appropriate pause e anticipando le cinque righe con le due Chiavi, giusto per entrarci dentro e seguirne l’evoluzione…

 

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Da giovanotto, casualmente si ritrovò a dirigere un’orchestrona e da quella volta non smise più, arrivando ad essere considerato da chi di queste cose s’intende, uno dei maggiori direttori mai esistiti, calcando i podi di mezzo mondo e anche più.

Tra una composizione e una direzione, trovò anche il modo, attraverso la divulgazione televisiva, di aiutare i profani a capirla la musica, oltre che ad ascoltarla. Quello che anch’ io chiedevo ad un amico jazzista quando avevo l’occasione e la voglia di andare ai concerti in cui, con diverse formazioni, percuoteva i diversi componenti della sua batteria: ” Anto’, santiddio, ma perché prima di eseguire uno di quei brani, “free” al massimo, che pochi, in mezzo a tanti che fingono, riescono veramente a capirne la dinamica, non date un minimo di spiegazione interpretativa?”

Insomma, se é vero com’é vero che nessuno é nato “imparato”, si ha bisogno di avere opportuni strumenti per capire cosa ci succede intorno, e se ormai vige la moda di presentarsi in pubblico tuttologi, in realtá siamo di un’ignoranza che dovrebbe spaventare principalmente noi stessi, se non tendessimo continuamente a fingere…

In ambito musicale, siamo spesso o addirittura esclusivamente attratti dalle canzonettine che guai se non hanno il ritornellino orecchiabile. Se poni caso ci troviamo davanti ad un brano di musica classica, rimaniamo disorientati e sbuffando cerchiamo subito altro. Solitamenre é così che avviene. Diciamocelo e cerchiamo nel possibile di darci una mossettina.

Tornando a Louis, in seguito Leonard, usò la musica anche per scopi diciamo sociali, come quella volta che diresse un concerto per raccogliere fondi in favore del movimento afroamericano delle “Pantere Nere”, quell’organizzazione d’ispirazione marxista che, davanti a certi modi poco gentili coi quali  la polizia trattava i neri, decise di tirar fuori la grinta ( e le armi!) per farsi rispettare. Ai giorni d’oggi, quel povero demente che negli Stati Uniti rischia di far scoppiare una guerra civile, probabilmente avrebbe fatto meno il Bullo. Almeno credo, avendo bene in mente purtroppo che per la pazzia non vi sono limiti.

Rimanendo in ambito musicale, Lenny, come leggo veniva chiamato confidenzialmente dai suoi ammiratori, aveva la tendenza ad identificarsi col compositore di una partitura. Come? Studiandola talmente a fondo fin quasi a sentendosene lui l’autore. Leggiamo cosa disse in proposito:

” Ogni partitura è nuova tutte le volte che ci si accinge a studiarla. Così, quando presi a rileggere la Nona sinfonia di Beethoven per la cinquantesima volta, dissi a me stesso che le avrei dedicato al massimo un’ora dopo cena, giusto il tempo di dare un’occhiata e di rinfrescarmi la memoria prima di andare a letto. Ahimè! Dopo mezz’ora, ero ancora a pagina due. Ed ero ancora alle prese col sacro testo alle due del mattino, e non certo vicino al Finale! Ero ancora fermo all’Adagio, rapito in mezzo alle stelle, perché vi stavo trovando un’infinità di cose nuove. Era come se non l’avessi mai vista prima. Naturalmente, ricordavo tutte le note, come pure tutte le idee, la struttura, perfino il suo mistero. Ma c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, e non appena trovi una cosa nuova, ecco che le altre ti appaiono come sotto una luce diversa, perché la novità altera la relazione con tutto il resto. È impossibile immaginare quante cose nuove ci sono da scoprire, specialmente in Beethoven, che fu particolarmente vicino a Dio e uno dei compositori dalla personalità più ricca che siano mai esistiti…

Beethoven. Ormai totalmente sordo e qualche anno prima della morte a 56 anni, compose quest’ultima Sinfonia, appunto la nona, all’interno della quale é contenuta la parte che ha ispirato il poeta Friedrich Schiller a comporre l’Inno alla gioia, attuale inno europeo che tutti gli Stati che compongono questo vecchio continente dovrebbero onorare anche nella pratica del comportamento, sia nella relazione tra loro e sia con chi proviene da altri luoghi. Grande riconoscimento, il testo, anche per chi, quando iniziò a capire i sintomi della sorditá, pensò anche al suicidio, non vedendo possibilitá di continuare l’attività di compositore. E invece la Musica ha fatto il miracolo, ridandogli la speranza che stava perdendo. E noi che la musica ci limitiamo ad usarla il più delle volte solo come ” sottofondo” alle altre attività, mortificandone così l’immenso valore che ha in sé!

Due video

Nel primo l’esecuzione appunto della nona sinfonia beethoveniana. Nel secondo una lezione concerto, la prima di una serie tutta da seguire, tenuta da

LEONARD BERNSTEIN

 

a cui ci dovremmo tutti sentire grati.

 

 

 

 

 

Grazie, Leonardultima modifica: 2020-10-14T07:11:16+02:00da piero-murineddu
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