Nassiriya: vittime non eroi

I fatti

12 novembre 2003. Nassiriya,città irachena, capoluogo del governatorato di Dhi Qar.  Alle ore 10:40, le 08:40 in Italia, un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti all’ingresso della base MSU (Multinational Specialized Unit) italiana dei Carabinieri, provocando successivamente l’esplosione del deposito munizioni della base “Maestrale” e pertanto la morte di diverse persone tra Carabinieri, militari e civili.

Il carabiniere Andrea Filippa, di guardia all’ingresso della base principale, riuscì a uccidere i due attentatori, tant’è che il camion non esplose all’interno della caserma ma sul cancello di entrata, evitando così una strage di più ampie proporzioni. I primi soccorsi furono prestati dai Carabinieri stessi, dalla nuova polizia irachena e dai civili del luogo.L’attentato provocò 28 morti, 19 italiani e 9 iracheni. Nell’esplosione rimase coinvolta anche la troupe del regista Stefano Rolla che si trovava sul luogo per girare uno sceneggiato sulla ricostruzione a Nassiriya da parte dei soldati italiani, nonché i militari dell’esercito italiano di scorta alla troupe, che si erano fermati lì per una sosta logistica.

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Solo vittime

di Alex Zanotelli 

(da Adnkronos del novembre 2019)

L’Iraq è davvero una grande patata bollente… Ma la presenza militare italiana non deve più esserci, non possiamo più stare in un Paese che abbiamo contribuito a distruggere. Diverso è il discorso relativo alla presenza civile italiana, di assistenza alla popolazione. L’Iraq è stato distrutto da una guerra completamente ingiusta, tutta costruita sulle menzogne dell’Occidente, contro cui una delle poche voci che si sollevò allora fu quella di Papa Giovanni Paolo II. Il popolo è stato annientato, tutte le relazioni sono saltate. Restare in una situazione del genere è un obbligo morale per la comunità internazionale, anche per noi italiani, ma non con i militari: servono ben altre presenze per ricostruire quel territorio e rimettere in piedi quella società. Anche i militari vittime dell’attentato a Nassiriya non andrebbero definiti ‘martiri’, in quanto noi eravamo lì per difendere con le armi il nostro petrolio: guardiamoci in faccia e diciamoci queste cose, anche se purtroppo in Italia sembra impossibile dirlo e costa una valanga di insulti, ma è questa la cruda verità. Cosa ci stanno a fare, ancora oggi, i soldati italiani in Iraq, come del resto anche in Afghanistan? Noi occidentali li aiutiamo a fare la guerra all’Isis? Ma se in Siria abbiamo abbandonato i curdi, che hanno davvero lottato contro l’Isis….

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Fin qui padre Alex Zanotelli, il missionario comboniamo, da sempre impegnato nel Pacifismo e nell’Antimilitarismo.Di seguito, alcune reazioni a caldo:

1. Ignazio Benito La Russa,Fratelli d’Italia:

“Preti così possono far perdere la fede. Il Papa, o chi per lui, dovrebbe esaminare le parole pronunciate da padre Alex Zanotelli, che per un cattolico possono essere vere e proprie bestemmie”.

2. Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia:

“Profondamente rammaricata dalle parole pronunciate da padre Alex Zanotelli sui nostri connazionali caduti nell’attentato terroristico di Nassiriya, soprattutto nel giorno in cui l’Italia tutta onora la memoria di quegli eroi. Oggi, da un sacerdote e missionario come lui, mi sarei aspettata una preghiera e un rispettoso silenzio nei confronti di uomini massacrati e uccisi a migliaia di chilometri di distanza dai propri cari perché impegnati in una missione di pace. Parliamo di quegli stessi uomini che proprio oggi, nella Basilica dell’Ara Coeli, l’arcivescovo Marcianò ha amorevolmente definito ‘maestri di pace’. Padre Zanotelli si renda conto della gravità delle sue parole e chieda scusa alle famiglie dei nostri caduti: è il minimo che può fare”.

3. M.S., Lega:

“Questo signore non sa quello che dice, dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa ai parenti dei nostri morti: è indegno di dirsi prete! Scriverò direttamente in Vaticano”.

4. Giorgio Mulé, Forza Italia:

“Le parole di padre Alex Zanotelli sui militari italiani uccisi in Iraq sono sovrapponibili a quelle di chi sostiene che Falcone e Borsellino furono vittime di un ‘incidente di lavoro’. Si tratta di bestemmie: nei confronti di chi le pronuncia c’è solo da provare un’infinita pena”.

5. Giorgio Mulé, Forza Italia:

“Le parole di padre Alex Zanotelli sui militari italiani uccisi in Iraq sono sovrapponibili a quelle di chi sostiene che Falcone e Borsellino furono vittime di un ‘incidente di lavoro’. Si tratta di bestemmie: nei confronti di chi le pronuncia c’è solo da provare un’infinita pena”.

6.Dino Tricarico, ex capo maggiore Aeronautica:

“Non ci sono né martiri né eroi, nei migliori auspici possiamo contare su professionisti seri che fanno il loro dovere, è il caso delle forze armate. Riconosco a padre Zanotelli la coerenza e nient’altro, che non è poco di questi tempi. Ma siamo su campi diversi”.

Mie reazioni a quanto su riportato

di Piero Murineddu

Per quanto riguarda il pensiero di Zanotelli, anch’io sono dell’idea che l’Irak non deve essere abbandonato, ma per aiutare questo popolo a ricostruire la sua vita, i militari sono i meno indicati. Pietà per le vittime, specialmente i tantissimi innocenti disarmati e morti sotto le bombe di chi voleva “esportare” la democrazia.

Di seguito, una breve considerazione su quanto affermato da ciascun intervenuto:

1. Preti come Zanotelli mi confermano che il cristiano deve sentire il dovere della “profezia”.

2. Il pregare non può essere disgiunto dall’impegno civile e dal coraggio della denuncia.

3. Zanotelli é perfettamente consapevole di quanto afferma e non rinuncia a dirlo pubblicamente

4. Quelle pronunciate da Zanotelli sono parole di altissimo valore morale e sociale che aiutano le persone in buona fede a farsi dei giudizi obiettivi.

5. Verso Zanotelli provo grande rispetto e profondo senso di gratitudine

6. L’intervento di Tricarico é l’unico degno di rispetto e di attenzione

I nomi delle vittime italiane

 

PIERRO PETRUCCI: 22 anni di Casavatore (Napoli), caporale dell’Esercito. Ne era stata dichiarata la morte cerebrale poche ore dopo la strage. Poi è stata staccata la spina della macchina che lo teneva in vita. Petrucci era un volontario in ferma breve  con l’incarico di conduttore di automezzi.

DOMENICO INTRAVAIA: 46 anni, di Monreale, appuntato dei CC in servizio al comando provinciale di Palermo; sposato e con due figli di 16 e 12 anni. Era partito per l’Iraq quattro mesi prima e sarebbe dovuto rientrare fra tre giorni. Era già stato a Sarajevo.

ORAZIO MAJORANA, 29 anni, di Catania, Carabiniere scelto in servizio nel battaglione Laives-Leifers in provincia di Bolzano.

GIUSEPPE COLETTA,38 anni, originario di Avola (Siracusa) ma da tempo residente a San Vitaliano, in Campania, Vice Brigadiere in servizio al comando provinciale di Castello di Cisterna (Napoli).

GIOVANNI CAVALLARO, 47 anni, nato in provincia di Messina e residente a Nizza Monferrato, Maresciallo in servizio al comando provinciale Carabinieri di Asti. Era già stato impegnato in Kosovo e in Macedonia. Era da tre mesi in Iraq e stava per rientrare a casa.

ALFIO RAGAZZI, 39 anni, maresciallo dei carabinieri in servizio al Ris di Messina, sposato e con due figli di 13 e 7 anni. Era specializzato nelle tecniche di sopralluogo e rilevamento e il suo compito era quello di istruire la polizia locale.

IVAN GHITTI, 30 anni milanese, carabiniere di stanza al 13/mo Reggimento Gorizia. Era stato tre volte in Bosnia.

DANIELE GHIONE, 30 anni, di Finale Ligure (Savona), maresciallo dei carabinieri in servizio nella compagnia Gorizia.

ENZO FREGOSI, 56 anni, ex comandante dei NAS di Livorno. Era partito per l’Iraq a luglio.

ALFONSO TRINCONE, 44 anni, era originario di Pozzuoli (Napoli) ma risiedeva a Roma. Era in forze al NOE, il Nucleo operativo ecologico che dipende dal Ministero dell’Ambiente.

MASSIMILIANO BRUNO, 40 anni, maresciallo dei carabinieri di origine bolognese, biologo in forza al Raggruppamento Investigazioni scientifiche (Racis) di Roma.

ANDREA FILIPPA, 33 anni, torinese, carabiniere dall’età di 19. Prestava servizio a Gorizia presso il 13° Battaglione Carabinieri.

FILIPPO MERLINO, 40 anni, originario di Sant’ Arcangelo (Potenza). Con il grado di Maresciallo comandava la stazione dei Carabinieri di Viadana (Mantova).

MASSIMO FICUCIELLO,35 anni, tenente dell’esercito. Funzionario di banca, aveva chiesto di poter tornare in servizio attivo.

SILVIO OLLA, 32 anni, dell’isola Sant’Antioco (Cagliari), Sottufficiale in servizio al 151° Reggimento della Brigata Sassari.

EMANUELE FERRARO, 28 anni, di Carlentini (Siracusa), caporal maggiore scelto in servizio permanente di stanza nel 6° Reggimento trasporti di Budrio (Bologna).

ALESSANDRO CARRISI, 23 anni, di Trepuzzi (Lecce), caporale volontario in ferma breve, anche lui in servizio nel 6/o Reggimento trasporti di Budrio. Era partito per l’Iraq da poche settimane.

STEFANO ROLLA, 65 anni di Roma, stava facendo i sopralluoghi per un film documentario.

MARCO BECI, 43 anni, funzionario della cooperazione italiana in Iraq.

Nassiriya: vittime non eroiultima modifica: 2019-11-12T20:18:16+01:00da piero-murineddu
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