Eugenio Melandri torna prete

Un grande abbraccio ad Eugenio

di Piero Murineddu

Immagino il grande disappunto dei vari Messori, Socci e numerosissime sentinelle della “purissima” Tradizione cattolica, che magari stanno schiumando di rabbia contro Francesco che, in linea col loro cervello, è considerato indegno di essere papa.

Eugenio, uno che ha sempre creduto che il Messaggio cristiano occore concretizzarlo nelle pieghe più nascoste dell’umanità, e non limitarlo alle cose vagamente “spirituali, e che per questo è stato “punito” da una Chiesa gerarchica che ha sempre mal sopportato e isolato ogni dissenso.

Tra l’altro, cosa per me inaccettabile, si continua ad usare il termine “ridotto allo stato laicale” quando al prete viene negata la possibilità di esercitare appieno il suo ministero – servizio. Come se il laico fosse in uno o più gradini inferiori rispetto al prete. Anche attraverso i termini viene perpetuato un clericalismo duro a morire

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di Giovanni Panettiere

Europarlamentare e deputato della sinistra radicale, esponente di spicco del mondo pacifista e non violento, il settantenne ravennate Melandri potrà di nuovo celebrare messa, ventotto anni dopo la “riduzione” allo stato laicale a causa delle sue scelte politiche.

Una decisione clamorosa, un segno del clima di misericordia che sta caratterizzando, non senza polemiche negli ambienti più conservatori, il pontificato di Francesco.

Più umanamente, un gesto di riconciliazione verso chi da qualche tempo sta combattendo una durissima battaglia contro il cancro.

Come annunciato dall’interessato sulla sua pagina Facebook, l’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, che riceverà la berretta rossa nel concistoro del 5 ottobre prossimo, ha deciso d’incardinarlo nel clero petroniano.

Il via libera è arrivato dalla Congregazione per il clero, presieduta dal cardinale Beniamino Stella, che ha archiviato la misura “punitiva” nei confronti di Melandri. L’ex deputato di Rifondazione comunista diventa così a tutti gli effetti un prete bolognese. La conferma arriva anche dalla congregazione saveriana.

Una vita rocambolesca quella di Melandri, impastata di fede, politica e passione civile.

Nato a Brisighella, là dove ha visto la luce anche un asso della diplomazia vaticana e del cattolicesimo riformista come il cardinale Achille Silvestrini, scomparso di recente,

Melandri entra nel 1974 nella famiglia missionaria dei saveriani. Vi rimane fino al 1989, quando decide con successo di candidarsi al Parlamento europeo nella lista di Democrazia proletaria.

La sospensione a divinis è implacabile, seguita un paio di anni dopo dalla ben più dura riduzione allo stato laicale, nonostante le resistenze dei vertici della congregazione.

Il destino per Melandri è lo stesso riservato in quel periodo dalla Santa sede ad altri uomini di Chiesa con il cuore a sinistra. Non solo a parole, ma anche nei fatti, paradigmatica la vicenda dell’ex abate di San Paolo fuori le mura, Giovanni Franzoni.

Prima del balzo in politica (nel 1992 farà il suo ingresso a Montecitorio nel gruppo di Rifondazione comunista) Melandri è tra i religiosi che sostengono il diritto all’obiezione di coscienza.

C’è anche lui a Comiso tra i manifestanti che dicono no all’installazione dei missili nella base Nato.

Già deputato, è fra i pochi parlamentari italiani che nel ’92 animano la marcia pacifista per rompere l’assedio di Sarajevo.

Negli anni dell’impegno politico e sociale il legame con i saveriani non è mai venuto meno per Melandri. Specie sul fronte dello slancio umanitario a favore dell’Africa.

A raccontarlo è il diretto interessato, la voce rotta dall’emozione di chi si sente finalmente a casa: «I saveriani mi hanno accolto qui nella comunità di San Pietro in Vincoli dopo la scoperta della malattia. Hanno accolto la mia richiesta, sanno che voglio vivere e mi stanno dando un grande supporto».

Così come papa Francesco che Melandri ha incontrato un anno fa, alla vigilia dell’inizio delle cure. «Accompagnavo un confratello in carrozzina, lui ha ascoltato la mia storia, il mio vissuto politico che non rinnego, il fatto che ho scelto di tornare tra i saveriani – spiega Melandri –. A un certo punto, sorridendo, mi ha stretto le mani e mi ha detto: ‘Lei ha fatto bene’. Non posso dire che abbia influito sul mio ritorno a prete, ma il clima da lui creato in questi anni nella Chiesa aiuta a sbrogliare situazioni come la mia».

Non si sa esattamente quando Melandri tornerà a presiedere la messa («Devo riprendere un po’ la mano», scherza). Su un un aspetto, però, non ci sono dubbi: «Quando sarà, voglio dirla sulla tomba di don Tonino Bello, il vescovo della pace». Quello che, già provato dal cancro, guidò la marcia su Sarajevo. E che «da lassù deve aver speso una parola per me».

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A nome anche della moglie Teresa, Giovanni Russo Spena, ex senatore e compagno di tante battaglie, scrive ad Eugenio, che decide di pubblicarla su FB.
Anch’io decido di allegare la lettera all’articolo sopra, come ulteriore strumento per conoscere meglio Eugenio e la sua lunga militanza politica (Piero)

LETTERA AD UN AMICO

Carissimo grandissimo Eugenio,

siamo felici per il tuo ritorno ufficiale nella Chiesa. (….) Lo hai desiderato tanto e lo hai ottenuto. Senza pentimenti, senza ” damnatio memoriae”. Del resto, di cosa avresti dovuto pentirti ?

Sei sempre stato un sacerdote,

hai sempre lottato per e con gli ” ultimi” ,

hai sempre, ogni giorno, costruito comunità includenti.

Ma sei stato anche, senza che mai lo rivendicassi, e sei tuttora, un grande dirigente politico, un ” intellettuale collettivo” di stampo gramsciano.

Non hai mai amato e non ami l’autonomia del politico, il suo farsi oligarchia, il suo separarsi dai bisogni, dalle aspirazioni, dai sogni, dagli amori.

Avremmo voluto essere lì con te, con voi, con gli amici e i compagni di cui sei punto di riferimento. Non ci siamo riusciti. Ma ci vedremo presto. Per parlare dei nostri vissuti, delle nostre affettività. Senza ritualità, senza nostalgia , ma con tanti ricordi, testimonianze di impegni sociali, laici, religiosi perfino.

Da dove partimmo tanti anni fa? E dove siamo ora? Continuiamo a pensare (e siamo in ottima compagnia con papa Francesco) che non è possibile che la crisi del collettivismo generi solo il libero mercato, aprendo la via ad una economia selvaggia e predatoria che porta con sé drammatici fenomeni di

emarginazione , disoccupazione, precarizzazione di massa, con forme gravi di intolleranza ,
xenofobia,
razzismo di massa.

Scrivemmo, caro Eugenio, 40 anni fa, “perché il mercato, il liberismo, il profitto, questo pensiero unico, è dominato dai valori del materialismo e dell’egoismo ( ed è, quindi, in profonda contraddizione con l’essenza del messaggio cristiano)”.

Ci ispirammo alla Teologia della Liberazione, a Camillo Torres, ai cristiani in lotta, spesso uccisi dai latifondisti, per la riforma agraria in America Latina.

Ci ispirammo alle esperienze dei preti operai, contribuimmo a fondare le comunità territoriali di base,anticoncordatarie e, poi, i “Cristiani per il Socialismo”.

Quale fu il punto di svolta che insieme vivemmo?

Lavorare tra gli ” ultimi”, condividere pratiche mutualistiche , ci fece comprendere che bisognava oltrepassare la fase della carità, della compassione per andare alle radici dello sfruttamento.

Così diventammo anticapitalisti. E scoprimmo il Marx della ” critica dell’economia politica”, . Capimmo che “il Capitale” ed i Vangeli erano complementari. Prendemmo, cioè, coscienza che lo sfruttamento è nei rapporti di produzione e nei rapporti sociali del capitale. Siamo fortunati, perché non abbiamo mollato, perché continuiamo a pensarlo e ad agirlo. E perché crediamo ancora al “disarmo unilaterale” , alla diplomazia dei popoli, alla cooperazione da popolo a popolo.

Vogliamo continuare a lottare con te. Ti vogliamo un mondo di bene.

Teresa e Giovanni

Eugenio Melandri torna preteultima modifica: 2019-09-19T19:30:08+02:00da piero-murineddu
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Commenti (2)

  1. Giambe Colombo

    Sono stato per un certo tempo compagno di strada di Padre Eugenio Melandri. Uomo appassionato ed appassionante. Ma il limite, a mio molto, molto sommesso avviso, della sua azione – come quella dei suoi meravigliosi confratelli Saveriani – era la mancanza quasi totale di conoscenza dei meccanismi della povertà e degli eventuali modelli per l sua mitigazione. Non erano, secondo me, le loro idee a favore dei poveri. Erano, giustamente forse, contro i ricchi. Non è essendo solo contro i ricchi che, automaticamente, ti posizioni in favore dei poveri. La storia e la cronaca dimostrano che non è così. Infatti i risultati, con questa ideologizzazione semplificata e molto “latina” sono deboli, if any. Ora Padre Eugenio è tra noi, ma in cielo. Credo si accorgerà che quello che ho scritto ha un barlume di verità. E potrà, con le sue preghiere, illuminare tutti noi, in primis quelli che hanno la tentazione di ideologizzare il Vangelo. Shalom Padre Eugenio.

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    1. piero-murineddu (Autore Post)

      Buongiorno. Sarebbe interessante conoscere questi “meccanismi della povertá” che dice. Se lo ritiene,in tutta libertà e in linguaggio comprensibile, può esporne il funzionamento ed io m’impegno a renderlo pubblico

      Rispondi

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