Fredo Olivero, prete

di Piero Murineddu

Immagino l’aria che si respira negli innumerevoli covi della Reazione Cattolica per l’incontro che c’è stato tra Francesco e l’ “apostata” Credo Olivero, non giovanissimo prete che opera a Torino, dove una piccola chiesa è il centro della comunità che si riunisce intorno a lui.

Perchè apostata? Non sono sicuramente io a dirlo, ma è gridato dai tanti siti che storcono il naso ogni qualvolta ci si permette di uscire dalle rigide linee dell’ortodossia gerarchica.

Sempre sensibile e impegnato nell’accoglienza Fredo, in particolare verso gl ‘immigrati, e questo non da quando all’orizzonte è apparso l’Essere Spregevole che sull’argomento migranti ha costruito la sua ascesa politica.

Accusato tra l’altro di piatto orizzontalismo il buon Fredo, soprattutto a motivo della recita, nel Natale di qualche anno fa, di un Credo non proprio canonico e con la sua ammissione di non capire alcuni passaggi presenti nel testo che ogni domenica si sente risuonare nelle chiese cattoliche.

A seguire questo testo  “piattamente orizzontale” che tanto disturbo provoca in chi mal sopporta qualunque stramberia liturgica, riporto un articolo del 2010 che aiuta a sapere qualcosa di questo anziano ed energico prete.

fredo

Il Credo contestato della Comunità di San Rocco a Torino

 

Sacerdote:”Crediamo in Dio Padre, nel Creatore che ha bisogno della nostra viva collaborazione perchè la sua compassione, la sua tenerezza giungano a ogni creatura?”

Fedeli:”Credo e mi impegno, o Signore”.

S: ” Crediamo nel Figlio Gesù Cristo, ci impegniamo con lui alla costruzione del regno, alla società alternativa, dove anzi che l’ansia di accumulare ci sia l’ansia di condividere, dove al posto della brama di comandare ci sia la libertà di servire?

F: ” Credo e mi impegno, o Signore”.

S: “Crediamo nello Spirito forza d’amore di Dio che se accolta fa fiorire in noi nuove possibilità di perdono, nuove capacità di generosa condivisione?”

F:” Credo e mi impegno, o Signore”.

S:”Crediamo nella Chiesa cattolica, cioé universale, spazio di amore e di libertà dove ogni persona possa sentirsi amata accolta, rispettata nella sua diversità”

F:” Credo e mi impegno, o Signore”.

S: Questa è la fede e la fede con cui ci siamo ritrovati questa notte a ricordare che Dio è nato in mezzo a noi ed è ancora qui.

La storia di Chiaffredo Olivero

Nel ’73 i primi che arrivavano erano donne somale e eritree e uomini dalla Nigeria”. “È molto dura in questo periodo, c’è in giro tantissima diffidenza, indifferenza, odio”

di Carlo Petrini (La Repubblica, 4 gennaio 2010)

La storia di Don Chiaffredo Olivero, meglio noto come Don Fredo, inizia sessantasette anni fa a Centallo, in provincia di Cuneo, quando nasce in una famiglia di agricoltori. Ha quattro sorelle e un fratello, sceglie di diventare prete e viene ordinato da Monsignor Pellegrino, che all’epoca era anche amico di suo padre.
Oggi Don Fredo è il Direttore regionale in Piemonte, e diocesano a Torino, della pastorale per i migranti. Infaticabile, negli uffici di Via Ceresole 42 a Torino accoglie, insieme a 18 collaboratori e una cinquantina di volontari, immigrati e rifugiati da tutto il mondo: «Negli ultimi cinque anni, lo so perché li registriamo tutti in un database, ne sono passati quasi 50.000, soltanto per fare le pratiche» ci dice. Un lavoro immenso, di cui forse si parla troppo poco e che anche soltanto a parlarne non rende comunque giustizia alla quantità di attività, persone aiutate, seguite, inserite. Si tratta di un lavoro che certo non è facile in tempi in cui lo straniero è facilmente visto come una minaccia, i clandestini sono addirittura criminalizzati, la cultura dell’accoglienza ha mai fatto così tanta fatica a farsi strada.

Don Fredo non dissimula le oggettive difficoltà cui va incontro quotidianamente «È molto dura, c’è in giro tantissima diffidenza, indifferenza, anche odio» ma non molla di un millimetro in questo suo prezioso essere missionario in casa propria. Il missionario è ciò che voleva fare. Ha studiato cinque anni per diventarlo, a Verona, per prepararsi ad andare in America Latina. La sua esperienza sudamericana fu molto breve però. Nel 1970 era nel Brasile, arrivato da poco dei generali tentarono di arrestarlo mentre era con Frei Betto, ma riuscì a scappare in maniera roccambolesca su una moto. Tornò in Italia, ma non ebbe più il visto e così la sua vita prese un’altra direzione. Erano i tempi dei preti operai, lui non lo era ma iniziò a lavorare un po’ come scelta un po’ perché gli serviva, prima facendo il doposcuola a Collegno e poi come bibliotecario a Nichelino. Fu proprio Monsignor Pellegrino a volerlo a Torino e fu lui a indirizzare il suo lavoro con gli immigrati e i nomadi. Iniziò nel ‘73, fino a quando nel ‘78 venne assunto in Comune per fondare l’Ufficio stranieri. Da quell’esperienza e dal lavoro di molti altri pionieri nacque l’attuale ufficio di Via Ceresole: quindi possiamo dire che Don Fredo è da 35 anni che si occupa di migranti.

L’ufficio pastorale migranti dell’Arcidiocesi di Torino, nella forma istituzionale in cui è oggi, è stato costituito nel 2001 e ha come settori d’azione gli stranieri, gli italiani all’estero, i Rom, il personale dei circhi e gli addetti alla navigazione, ma va da sé che il maggior settore di occupazione siano i tanti stranieri (si stima siano più di 400.000 tra regolari e non) residenti in Piemonte. Le attività, come detto, sono tantissime. Riguardano l’accoglienza, l’ascolto e il dialogo, l’informazione su servizi e risorse esistenti, la compilazione della modulistica, il dialogo ecumenico e interreligioso (il 50% di chi è stato registrato dall’ufficio è musulmano, il 30% ortodosso), collegamento con i centri di accoglienza, servizio per i rifugiati in collaborazione con la Prefettura. Inoltre svolge servizi per il lavoro, sia per la ricerca sia con la costituzione di piccole attività, come una sartoria o dei corsi di cucina per un servizio di catering a base di piatti dei Paesi di origine. Grande rilievo poi hanno i corsi d’insegnamento della lingua italiana e la formazione professionale, le attività con altre associazioni, la tutela dei minori e un progetto dedicato alle donne sfruttate con la prostituzione. Sono dotati di un centro di psicologia transculturale e svolgono una monumentale attività di documentazione multimediale, un giacimento ricchissimo, con una biblioteca sui temi dell’immigrazione e pubblicazioni nelle lingue di origine degli immigrati.

Una cosa mastodontica, che ci dà anche l’idea di tutta la rilevanza in termini quantitativi che oggi le comunità di immigrati hanno qui in Piemonte. «Nel ‘73 i primi che arrivavano erano soprattutto donne dalla Somalia ed Eritrea e uomini dalla Nigeria – ricorda Don Fredo – poi è stato il turno dei Nord africani, quindi l’Est europeo; prima gli albanesi mentre oggi invece il primato è dei romeni. Questi ora sono più di 50.000 soltanto in Provincia di Torino e più di 100.000 nel resto della Regione». È difficile pensare come non si possa fare finta di niente, avere paura e rinunciare all’accoglienza, a una vera politica di integrazione. Don Fredo è l’esempio che tutto ciò si può e si deve fare, ottenendo grandi risultati.
Lui ha donato la sua vita per questa causa, ma intanto ha sempre continuato a lavorare, tanto che dopo 36 anni è ora in pensione: se l’è guadagnata tutta. Era una questione d’indipendenza il lavoro, di sentirsi libero: «Io obbedisco, ma secondo la libertà dei figli di Dio. L’ho sempre pensato sin dal primo giorno». Una vita libera, ma passata a superare le difficoltà, come tutte le vite di chi è così generoso. Un brutto colpo lo subì con il sequestro in Kenya di sua sorella Maria Teresa, suora missionaria. Una vicenda che riempì le cronache nazionali, e che fu veramente drammatica. Don Fredo fece tutto il possibile per farla liberare, passando tre mesi d’inferno con la sorella continuamente minacciata di morte, sottoposta a finte esecuzioni. Temette sinceramente di perderla, come racconta, ma per fortuna le due suore sequestrate dopo 102 terribili e interminabili giorni poterono fare ritorno a casa.

Oggi Don Fredo ha molti incarichi ufficiali, anche perché è sicuramente uno dei massimi esperti d’immigrazione in Italia, tanto che ne ho approfittato anch’io per chiedergli una collaborazione con Terra Madre, per far incontrare gli stranieri residenti con le comunità dei loro Paesi che verranno a Torino in ottobre. Perché fa tutto questo? «Perché io credo al Vangelo, e nella Chiesa nessuno è straniero, mentre la Chiesa non deve essere straniera a nessuno».

Fredo Olivero, preteultima modifica: 2019-05-11T10:14:45+02:00da piero-murineddu
Reposta per primo quest’articolo

Commento (1)

  1. Piersilvano

    Complimenti a Don Fredo Olivero ultimo baluardo delle uguaglienze e riferimento a chi crede nel dialogo e non nelle guerre . No è un prete di frontiera ma bensì un grande prete ce ne fossero tanti come lui e Don Gallo e altri ancora…. , vi è sempre piu bisogno di dialogo abbattendo frontiere , muri e filo spinato . Lo ricordo bene Don Fredo era con me nella trasmissione “Parlato Semplice” su Rai 3 di tanti anni fa .Io ero un giovane rappresentante del Sindacato CUB .
    Grance Fredo

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato ma sarà visibile all'autore del blog.
I campi obbligatori sono contrassegnati *