I ricordi di Antonio sulla sua primissima infanzia

Sono nato a Pendio Grande in via Gialeto, più che una via era un vicolo, una traversa alla periferia sud della strada principale che percorre tutto il paese e prosegue verso Cagliari. I ricordi qua descritti fanno parte della mia prima infanzia (dai 3 ai 9 anni), e risalgono a prima degli anni ‘60 e sono legati al quartiere o al vicolo dove sono nato, ai ragazzi con cui ho condiviso le mie prime esperienze e i miei primi giochi e agli adulti che ruotavano attorno a quel microcosmo che caratterizzava la nostra comunità ed economia. Allora i ragazzini non mancavano e le famiglie erano più numerose di oggi, la mia era composta da sei figli, cinque femmine e io il più piccolo e unico maschio. Le esperienze di vita avvenivano in famiglia e poi per strada tra i ragazzi dello stesso circondario e possibilmente con i propri coetanei.
I racconti vogliono essere una testimonianza della vita sociale e culturale del tempo, nel rispetto delle tradizioni, con la percezione e la coscienza dei cambiamenti avvenuti negli anni successivi……..(Antonio Ledda)

Cop Ledda Esec

 

I racconti narrati da Antonio Ledda in questo libro acquistano un valore particolare perché sono ambientati in un periodo di grande trasformazione – gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso – quando la Sardegna intera si trasforma radicalmente e si avvia verso la “modernità”. Dopo quegli anni, nulla sarà come prima: tutte le realtà grandi e piccole subiranno una trasformazione profonda.
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L’Autore sceglie di non nominare direttamente il luogo dove è nato e ha trascorso la sua infanzia, forse proprio perché quel paese, quella precisa comunità, non esiste più se non nei suoi ricordi. In realtà quel luogo potrebbe essere ovunque in Sardegna e non solo, e molte persone – almeno quelle di una certa età – potrebbero riconoscersi nelle atmosfere e nelle vicende qui sagacemente descritte.

Anche molti dei personaggi del resto sono figure universali che, mutando le circostanze, potrebbero trovarsi ovunque. Quello che invece fissa inesorabilmente lo spazio geografico e culturale sono le parole tratte dalla lingua locale che vengono abbondantemente utilizzate nel testo per assegnare nomi e descrizioni precise, inequivocabili, rendendo uniche le storie qui riportate. (note dell’editore)

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Dalla Prefazione di Maria Grazia Cossu al volume di Antonio

“..…Ripercorrere a ritroso gli avvenimenti importanti del pro­prio vissuto è un’operazione complessa e di profondo  signi­ficato personale. Infatti non si tratta solo di ravvivare la me­moria di fatti e persone che quasi sempre non esistono più, ma costringe a ripensare alla propria esistenza, per riordinare e dare un senso ai ricordi, lieti e dolorosi, facendoli riaffiorare dalla mente e dal cuore, pienamente consapevoli che ciò potrebbe costare fatica e suscitare rimpianti.Raccontare esperienze autobiografiche e frammenti di vita può eccitare la curiosità dei lettori ma crea talvolta dubbio e imbarazzo in chi scrive, perché si finisce per fare anche un bilancio di sé e del proprio esistere. E poi si parla anche degli altri, i protagonisti e i testimoni della storia, quelli che prendono vita attraverso la scrittura e che perciò possono trarre da queste parole, vere o inventate, aspetti inconsueti della loro fragile umanità“.

I ricordi di Antonio sulla sua primissima infanziaultima modifica: 2019-01-14T21:02:20+01:00da piero-murineddu
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