Cosa significa essere genitore di un portatore di handicap,anzi,due

di Piero Murineddu

E’ con molto piacere e con senso di gratitudine che ospito questa testimonianza di Antonio Catta, ex vigile urbano in pensione di Sennori e padre di Maria e Giuseppe, due giovani e, da quel che mi dicono, dinamicissimi disabili che eccellono nelle discipline sportive che li vedono impegnati pressoché quotidianamente. Antonio ci fa un racconto toccante ed appassionato di ciò che comporta accompagnare  i propri figli ad acquisire giornalmente la loro individuale autonomia, aiutandoli a crescere e nel contempo crescendo con loro. Una coppia e una famiglia che con tenacia, seppur in mezzo ad inevitabili difficoltà e forse incomprensioni, riescono a trasformare giornalmente una “debolezza” in sicura forza. Antonio e Maria Agostina sono riusciti a non chiudersi in quella che comunemente viene considerata una “disgrazia”, qual’è il dare al mondo dei figli  “con problemi”. Con il loro carattere e sicuramente con alto senso di fiducia, oltre che cercando e trovando il sostegno di altre famiglie, sono riusciti e continuano ad essere un esempio per noi tutti.

Invito a leggere con attenzione le parole di Antonio.

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Prendiamo esempio dal coraggio dei nostri figli

di Antonio Catta, insieme alla moglie Maria Agostina

Cosa significa essere genitore di un portatore di Handicap? Vuol dire vivere certamente delle situazioni difficili, a volte di grande sofferenza e a volte di grande gioia, ma vuole anche dire la possibilità di trasformarla questa sofferenza, dar possibilità ad altri di conoscere e di emozionarsi per qualcosa di sconosciuto, e anche ribaltare concetti radicatisi nel tempo. Tutto questo per noi avviene nella quotidianità, quando ci si trova, decine di volte, a lottare contro i luoghi comuni legati all’handicap, quando questa parola fa paura e quando diventa una montagna invalicabile.

Noi genitori di persone disabili siamo i  Ministri delle Pari Opportunità dei nostri figli, quelli che di fronte al pregiudizio, all’ignoranza, alla preclusione, si indignano, protestano e combattono, ma senza per questo essere diversi dagli altri genitori che combattono per altre cose non di meno importanza. Trovarsi in questa situazione significa viverla giorno per giorno, anche quando sembra che non ci siano speranze, quando tutto sembra fermo, senza soluzione, quando tuo figlio non fa progressi o si ammala di continuo, quando le differenze fra lui e gli altri sono evidenti, macroscopiche, e il futuro diventa un gigantesco punto interrogativo. La fatica sta proprio li, nel vivere giorno per giorno, anche momento per momento, senza porsi tante domande, senza aspettarsi la risoluzione definitiva, il “miracolo”, ma vivendo secondo per secondo quanto ti chiede la vita di tuo figlio stesso.

Molte volte abbiamo tempestato di domande i medici, le insegnanti, gli impiegati di enti pubblici. Spesso ci siamo posti dei traguardi, degli obiettivi che puntualmente saltavano, ci interrogavamo continuamente sul futuro dei nostri due ragazzi, riuscendo solo a stressare tutti, familiari compresi.
Non c’è, nei portatori di handicap, una ricetta uguale per tutti, e quando qualche volta ci viene chiesto come abbiamo fatto a raggiungere certi risultati, rispondiamo che per noi la soluzione è stata non avere una ricetta, solo il buon senso ed una famiglia compatta che credeva ciecamente nei propri figli. Fin dall’inizio ci siamo messi in testa che dovevamo vivere giorno per giorno, senza pensare ossessivamente al futuro. Abbiamo sempre scelto di presentare i nostri figli al mondo intero per quello che erano e che sarebbero stati, affinché fossero accettati con i loro limiti ma soprattutto con le loro potenzialità.

Mentiremmo se dicessimo che la vita è stata tutta facile. Ugualmente non saremmo sinceri se negassimo le soddisfazioni.
Noi abbiamo scoperto che nei nostri figli un aspetto molto importante, è la tensione alla loro autonomia.

Essere autonomi non è una cosa che si inventa, ma una ginnastica continua, un’opera d’arte che prende forma giorno per giorno, imparando a contare sulle proprie forze, a prendere coscienza e fidandosi di se stessi. Quasi sempre l’autonomia di un figlio inizia con l’autonomia del genitore quando questo riconosce a se stesso una sua identità, una sua dimensione, e può essere sprone del figlio a fare altrettanto.

Per noi genitori è importante capire che bisogna accettare gradualmente la condizione di disabilità di nostro figlio, aiutandolo però nella ricerca del suo miglioramento fisico e psichico.
Noi genitori di disabili possiamo essere una risorsa per gli “addetti ai lavori”siano essi insegnanti,  medici,  assistenti sociali… Mi piacerebbe che il rapporto con queste figure fosse un rapporto  fra persone che abbiano reciproca fiducia, sempre per il bene del disabile. E’ giusto che ognuna delle due parti riconosca i propri limiti e che nessuno si ostini in una posizione senza prima aver tentato anche delle alternative se quello che si sta facendo sembra non funzionare.

Un genitore vive giorno per giorno la diversità del proprio figlio, ed impara ad accorgersi di ogni suo cambiamento, quindi dovrebbe essere preso seriamente in considerazione come capace collaboratore sia per un medico, sia per insegnante e sia per un assistente sociale.

Lo Stato, le Regioni ed i Comuni stanno facendo tanto per i nostri figli. E’ necessaria però una maggiore informazione. Infatti molti genitori,non sanno neanche che vi sono tantissime Leggi sulla disabilità, prima fra tutte la Legge Quadro sull’Handicap n° 104/1992.  Leggi che riguardano soprattutto l’Assistenza Sociale,le Agevolazioni Lavorative, le Barriere Architettoniche, le Agevolazioni Fiscali,il Diritto alla Salute,il Diritto al lavoro e il Diritto allo Studio, e fare in modo che la normativa venga attuata nella sua interezza.

Sulla Scuola

Se un bambino diversamente abile viene iscritto a scuola, normalmente prima di lui arriva la diagnosi medica, rigorosamente da allegare agli atti. Quasi nulla di ciò che è scritto somiglia al bambino che realmente è. In nessuna di quelle pagine viene riportato quello che sa e potrebbe fare, ma solo e semplicemente quello che non può fare. Non è un buon inizio. “Anzitutto è da chiarire che dal punto di vista dell’azione educativa che la scuola deve compiere, non ha importanza tanto la classificazione tipologica dell’handicap, quanto l’analisi e la conoscenza delle potenzialità del soggetto che ne è portatore e la definizione dei suoi bisogni educativi” (da una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione). A noi genitori non dispiacerebbe se questo inizio del cammino scolastico dei nostri figli fosse intrapreso assieme. I genitori sanno come fare, devono solo trovare il modo di trasmettere la propria competenza. Voi (insegnanti) capite benissimo che per i nostri figli è fondamentale stare bene insieme ai compagni e in questo potete esserci di grande aiuto. I bambini imparano la sensibilità e la solidarietà dall’esempio di noi adulti.

Per programmare un futuro di qualità

 

Il futuro dei nostri figli sarà di qualità:

1. Quando verranno superati i pregiudizi sulla diversità (Principio di non Discriminazione)
2. Quando verranno garantiti e tutelati i diritti dei cittadini disabili (Diritto di Cittadinanza)
3. Quando si abbandonerà la mentalità per cui i professionisti prendono le decisioni a nome dei disabili (Nulla per i disabili senza i disabili e le loro famiglie)
4. Quando verrà riconosciuto il ruolo fondamentale della famiglia nella collaborazione e co-progettazione della vita del proprio figlio, insieme alle Istituzioni (Personalizzazione dei Servizi)
5. Quando si metteranno in atto tutte le azioni per attuare una vera integrazione sociale, e si considererà il disabile e la sua famiglia non come problema ma come risorsa, a vantaggio della collettività. Aumentare la qualità della vita di un disabile significa aumentare la qualità della vita di tutti i cittadini
6. Quando, e basterebbe solo questo, vedremo finalmente applicata in tutto e per tutto la Legge 104/1992 . “ La Legge – Quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”

Vi garantisco che se venissero applicate tutte queste cose non verrebbe a mancare il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia, per i nostri figli e per noi genitori. Ce n’è quanto basta per poter vivere con  dignità e serenità.

In conclusione, a tutti  gli altri genitori e familiari che vivono situazioni simili alla nostra dico che non vinceremo mai la guerra, ma con il nostro coraggio e la nostra testardaggine, tutti i giorni vinceremo le nostre piccole battaglie. Prendiamo esempio dal coraggio dei nostri figli.

Cosa significa essere genitore di un portatore di handicap,anzi,dueultima modifica: 2016-01-22T15:45:41+01:00da piero-murineddu
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