“Animazione alla lettura” con le donne anziane di Sorso

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di Piero Murineddu

Non so se per Sorso il fatto che un gruppo di donne anziane si riunisse regolarmente alcuni pomeriggi della settimana per fare le cose che solitamente ciascuna fa nella propria casa, fosse una novità. Sicuramente era una gran bella cosa. Questo succedeva fino a quando è rimasto in piedi il Centro di Aggregazione comunale. Per la riapertura, il Se, il Quando e il Come non sono dati di saperlo. Cucire sopratutto, ma ogni tanto preparare e cucinare pane e dolci, festeggiare il compleanno di qualcuna, creare manufatti. Modo semplice e intelligente per superare l’abituale e pesante solitudine, specie per chi era rimasta vedova. Parlando e stando piacevolmente insieme. E’ possibile che, specie nelle serate invernali, ciò avvenga in alcune case private, e se così fosse, sarebbe segno che ancora un qualche senso comunitario si continua a conservare e ad alimentare.

Oltre le attività prettamente manuali animate dall’ improvvisate conversazioni (cosa che per le donne non richiede alcuna fatica!), nel Centro di via della Resistenza a volte si leggeva e si commentava qualche articolo di giornale, oppure qualche pagina dei due preziosissimi libri dell’indimenticabile Andrea Pilo “Ammenti…”. Come mi è stato riferito, una volta è capitato di leggere un libro di Anna Demuro, la maestra elementare in pensione e poliedrica artista, proveniente da Calangianus e stabilitasi a Sorso da tantissimo tempo. Anch’io l’ho letto e se non l’avete fatto vi consiglio di farlo.   “Catalina di Limbara – Alle origini della vita” , volumetto ambientato negli antichi stazzi galluresi. Se non riuscite a trovarlo in vendita, nella Biblioteca comunale dovrebbero averlo, altrimenti, se abitate nei paraggi, non esitate a chiedermelo in prestito.

Nelle prime pagine c’è la descrizione meticolosa di ciò che costituiva l’arredamento di questa tipica costruzione campestre, e al gruppo di donne sussinche riunite è proprio questo che da’ stimolo per fare paragoni con quello che si trovava nelle povere abitazioni della Sorso  della loro gioventù, manifestando la disarmante spontaneità delle simpatiche e veraci donne sussinche. Letta una parte, ci si soffermava per fare qualche considerazione:

“Si abìani una gamara e dui appusenti vò dì chi èrani ricchi. La gasa nosthra èra un fòndiggu e drummiami a misciapari in una cuscia….”.

Qualche pagina prima, era stato rilevato il grande senso di ospitalità, definita “specchio dell’anima” dalla mamma della giovane protagonista del libro, che si aveva verso chi bussava alla propria porta di casa. Ma anche su questo aspetto qualcuna delle presenti dissentiva:

Ma di gà ospitariddai seddi fabiddhendi!? Gandu vinìa caschunu zi cuabami tuttu achì si nò no nabanzaba a noi. E tandu, si v’èrani dui nozi li dubìu dà a ghiddhi e no ni rimanìa a noi? Lu matessi si abìami uniganti carigghi. Z’affrisciabami tuttu. A si pudìa fraziggà, ma no si dazìa nuddha a nisciunu….”.

Inutile insistere sulla tradizionale ospitalità  dei sardi:

Ma gosa, chi èrami tutti morthi di fami, macca…

L’accoglienza, la condivisione. A volte, chi ha troppo non da’ niente, ma chi ha poco è più propenso a condividere con chi è nel bisogno…..:

Eh, gia l’hai bona ià! Ma lu no si cumprendi chi noi  di chisthi ragsiunamenti non ni fazìami?  Sò beddhi parauri, ma la fami èra droppa. Mè sureddha cara, gandu màmma fazìa li dozzi, ghi èrani misuraddi achì dubìani durà da prima  a dabboi di Pascha, e li bischotti iscìani da lu forru, a lu sai cosa dizìani a li pizzinni? “Piglieddibi a manu denta e andeddi a la cantunadda pa vidè si s’intendi lu fiaggu beddhu”. Noi, abbaiddendi ghiddhu foggu beddhu cu li bischotti imbuffendisi, andaziami. “Mà, no s’intendi lu fiaggu…”  Ghi ti beghia assassinadda, vai più in fondu….

Facevano così per non far sentire il profumo dei dolci ai ragazzini, altrimenti ne avrebbero chiesto qualcuno.

E gussì gandu si fazìa lu bani. Furabami casche pezzu di pastha da la mesa e zi lu schaldhiami i lu furreddhu, achì dubìa durà e no zi ni daziani manc’appena. Gandu z’ischubriani, èrani mazzaddi. E ghi mazzaddi!

Però, qualche cosa alle bambine veniva dato:

“Lu bani chi  sottu iscìa nieddhu nieddhu, lu razziggabani. “Magneddu – zi dizìani – chi vi crescini li peri biondi…”

 

A questi piacevoli incontri, con scambi e racconti realmente corrispondenti a quello che succedeva nel passato, partecipava anche qualche signora “continentale” che faceva interventi in italiano corretto, la qual cosa, a volte, poteva creare disagio alle altre:

Sapete, anche se non capisco tutto  quello che dite, io mi trovo molto bene in mezzo a voi”

Ciò rassicurava la maggior parte delle presenti, che magari potevano patire qualche senso d’inferiorità per il loro esprimersi in dialetto molto stretto. Nello stesso tempo, venivano fatte allusioni che solo loro potevano capire, cosa che insieme a frequenti battute accompagnate da “lu cittu” (occhiolino), rimarcava la “differenza” con chi non aveva fatto le loro identiche esperienze. Una sorta di “autidifesa” di gruppo davanti alle accudidde, magari per supplire alla loro frequente bassa scolarità.

Particolare “animazione alla lettura”, quindi, e non tanto per entrare il più possibile nel racconto del libro, quanto per comunicare agli altri ciò che si è stati e, probabilmente, svelarsi come si è nell’oggi.

 

Questo e tanto altro ancora avveniva tra le mura del Centro di Aggregazione di Sorso, dove le persone anziane erano ben felici di recarsi, insieme a tanti ragazzi, attratte dalle varie attività che vi si svolgevano, ma sopratutto per rompere la solitudine alla quale oggi in molti si è costretti.

“Animazione alla lettura” con le donne anziane di Sorsoultima modifica: 2015-10-18T22:41:43+02:00da piero-murineddu
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