Ascolta questa triste storia, don Tonì……

di Piero Murineddu

Ciao don Tonì.

Allora? Dai, son certo che in quell’Altrove dove ti trovi và tutto ottimamente, come son sicuro che sai bene che qui, al contrario, le cose già da un bel po’ si son messe maluccio, con tutta quest’aria di  diffidenza  reciproca che abbiamo creato. E ciascuno c’ha messo del suo, sicuro….

Pensa che ormai siamo arrivati al punto di temere che se ci cerca qualche conoscente o amico che non vediamo da in po’ di tempo, siamo portati subito a pensare che in qualche modo ci vuole spillare una qualsiasi cosa. Immaginati se a farlo è uno dei tanti immigrati che si ritrova in questa nostra  presunta civilizzata società, costretto ad abbandonare la sua terra d’origine sicuramente non a cuor leggero.

La paura dilaga, e questi politici che ultimamente hanno preso in mano le redini del comando, è fin troppo evidente che fanno tuttaltro che operare per infondere nella gente benevolenza e accoglienza reciproca. La “legge” prima di tutto, e non l’uomo.

Tutto il contrario di quel che  diceva quel Tale duemila anni fa circa che ora, sono certo, tu conosci meglio di quanto ti sei sforzato di farlo in quegli ottanta e passa anni che hai trascorso in questa terra.

A proposito, ma sai che mi stava sfuggendo il fatto che lo scorso 18 di questo mese ricadeva il biennio dalla tua Partenza? No, non cercarmi delle attenuanti com’è stato sempre il tuo solito. Imperdonabile e boh mi sento! Come, è la ricorrenza di un evento così importante per un caro amico, ed io continuo a distrarmi con le solite cazzatelle quotidiane? Imperdonabile sono.

Va be’ che ormai per te il tempo ha un valore del tutto relativo e sei oltre le ricorrenze di noialtri ancora “mortali”, ma intanto il mio lo considero un atto d’indelicatezza nei tuoi confronti e di questo ti chiedo scusa.

Allora, vediamo di cosa ti posso parlare…….

Gli argomenti sarebbero tanti e ho solo l’indecisione sulla scelta. Facciamo così, rimaniamo nell’ambito in cui hai operato tu fin da giovanissimo.

No, non quello della musica. Chiesa, ambito della Chiesa intendo. Argomento vastissimo, lo so, ma volevo più che altro concentrarmi su un particolare aspetto. Precisamente quello che riguarda la conduzione di una parrocchia all’interno della Chiesa Cattolica.

Il rapporto del prete che è riferimento e dovrebbe essere “guida” per diverse persone che in questa confessione cristiana si riconoscono.

In particolare voglio riferirmi ad un fatto recente, avvenuto a valle di quel promontorio che ospita un monastero che tu conosci bene, e non solo per averlo periodicamente impreziosito facendo risuonare all’interno di quella bellissima e raccolta chiesa  le melodiose voci del coro che dirigevi, oppure facendo scorrere le tue  dita sulle tastiere dell’organo.

Come ben sai, Tonino caro, lì sotto, separati da un breve tratto con nel bel mezzo un cimitero in comproprietà, sorgono due paeselli, che visto l’esiguo numero di abitanti, credo siano stati  retti sempre da un unico parroco.

Alla fine dell’estate scorsa c’è stato un avvicendamento, cosa non presa proprio bene da chi vi aveva soggiornato per una tredicina d’anni, cercando nel miglior modo possibile d’instaurare un buon rapporto con tutti, non solo con i frequentatori delle Messe domenicali. Carattere gioviale e gentile,  amante della compagnia e pronto a fare amicizia con chi capitava.

Non l’aveva presa bene sia perchè è stata una decisione inaspettata da parte del responsabile della Diocesi, sia perchè, per me cosa comprensibile, dover ricominciare daccapo un ruolo che è sempre impegnativo, comporta inevitabilmente molta fatica, e se sono presenti problemi di salute la cosa diventa ancora più dura.

Son venuto a sapere che aveva in programma il restauro conservativo di una delle due parrocchie, progetto che la Curia aveva messo in lista per un finanziamento. Aveva aperto un mutuo per rinnovare l’impianto di amplificazione della parrocchiale, e in  buona parte aveva restituito il prestito.

«Diciamo grazie a Dio per don …….. Dimostrate a questo ministro di Dio che gli volete bene e diteglielo ogni giorno»

Queste parole son state pronunciate nel 2013, quando il vicario generale diocesano aveva presentato il nuovo parroco alla comunità di una località del territorio. Non so se al nuovo incaricato sia stata dimostrata benevolenza, tanto meno se glie l’abbiano detto quotidianamente. Si sa che per sentirsi dire  cose così impegnative, bisogna meritarsele, per cui lascio la cosa in sospeso.

Non so neanche se quest’assegnazione fosse provvisoria, fatto sta’ che l’anno dopo, 2014, lo stesso prete prese il posto come cappellano al Santissima Annunziata di Sassari dell’ottantacinquenne e buon don Orlando Ragaglia, che dal lontano 1974 nei vari reparti ospedalieri aveva dato attenzione e amicizia ai ricoverati e accompagnato con la sua presenza discreta e orante tanti che il letto d’ospedale l’hanno lasciato per raggiungere l’Ultima Dimora.

“Bisogna cambiare questo andazzo, altrimenti consegno le chiavi al vescovo” avrebbe tuonato con aspri toni il parroco davanti a una ristretta cerchia di attoniti fedeli durante un’omelia”.

L’ “andazzo” è che i parrocchiani contribuiscono volentieri alle varie questue per organizzare le feste paesane, ma non a quella “di chiesa”.

Questo è quanto lo scorso 17 dicembre Daniela Deriu scriveva sulle pagine de La Nuova Sardegna. Parole attribuite al nuovo parroco di questi due bei paeselli, posti ai piedi dell’ancor più bello monastero benedettino.

“Avrebbe tuonato”, dice l’articolo. Ha tuonato, dico io, avendo avuto la possibilità di ascoltare la registrazione di questa vera e propria filippica pronunciata con tono estremamente intimidatorio nel mezzo della parte introduttiva di una celebrazione liturgica. Aggressività verbale di uno che probabilmente non ha capito bene cosa comporta essere guida di una comunità.

Ma l’articolo omette altre parti dell’intervento tutt’altro che edificante del borioso prete.

Eccone una parte:

nella Chiesa cattolica è il sacerdote che comanda…. (comanda, che non vuol dire guidare)

quando parla il sacerdote è Cristo che parla (ohibò!)

“domani non voglio sentire critiche, altrimenti mi arrabbio veramente...”  (iiihhhhh, che paura!)

voi avete capito tutto, cioè niente…”  (cioè, praticamente siete degli imbecilli..)

No, non sorridere come al solito don Tonì. Per te, dalla tua Attuale Visuale, della cosa si potrebbero fare spallucce, ma a me, che ancora mi preme il massimo rispetto che si deve alle persone, mi si stragirano, e molto anche.

Ma come, individui adulti e consapevoli decidono di recarsi in chiesa per rafforzare la loro fede, e si ritrovano bacchettati dal prete – padrone come se fossero stati colti rubando la marmellata? “Padrone”, certo. Obbedienza alla chiesa vuol dire obbedienza al parroco“, ha detto. E di conseguenza, obbedienza al parroco vuol dire obbedienza al Maestro? Ma che stai a dire, prete!? Ma la notte precedente sei stato disturbato da incubi causati da quel popò di cibo che hai ingurgitato? Oppure l’andropausa ti sta creando particolari problemi? Ah no, questo non è possibile, dal momento che hai appena superato la quarantina.

E allora? Indispettito dal debito che avrebbe lasciato il tuo predecessore? A parte che sarebbe tutto da dimostrare, ma ti sembra il modo di rivolgerti ad altre persone, specialmente in tale circostanza?

Ah, vedo che hai cambiato espressione don Tonì. Quindi convieni con me che certuni dovrebbero fare tuttaltro mestiere? Certo, una parrocchia, intesa come edificio, ha bisogno di spese. La cosa è del tutto comprensibile, e non solo per la corrente elettrica e per manutenzione varia. Ma intimare che nel cesto del questuante (“mandato dal parroco!”) devono per forza essere messi i soldini ( possibilmente soldoni) dei presenti, mi sembra indelicato, anzi, decisamente del tutto fuori luogo.

Diciamolo chiaramente, don Tonì. Anche la chiesa del “Cristo Risorto”, da te fondata nel 1970, dopo qualche anno dal tuo arrivo a Porto Torres, aveva bisogno di dinà. Di quelli se ne ha sempre bisogno. Ma sicuramente, essendotene sempre infischiato di puntare a costruire chissà quale chiesona, in quanto la parrocchia sono principalmente le persone e non l’edificio, a te è bastato avere una sala capiente dove le persone, per essere comunità, potessero riunirsi. E le persone, sentendosi membri attivi di una comunità, capivano che dovevano contribuire economicamente, senza bisogno del cestino passato durante le celebrazioni.

Ho sempre pensato che il tuo ministero lo svolgevi per quello che il termine indica, cioè servire gli altri, con umiltà ed estrema attenzione alle persone. Se questo spirito nelle guida c’è, si crea vera comunità. Non posso essere certamente io a dire a te che il prete deve uscire, andare nelle case e nei luoghi della convivenza , intrecciare relazioni con chi non si ritiene membro del gregge che gli è stato affidato dal vescovo. L’aspetto “amministrativo” può e deve essere affidato a persone disposte ad assumersi certi compiti. In molte parrocchie avviene e molti laici vorrebbero assolvere a tale compito. Ricordo, don Tonì,quando alle tue esequie, in quel giorno di dicembre di due anni fa, il tuo successore aveva raccontato che quando ti fu affiancato nella conduzione della parrocchia, gli avevi chiarito da subito che a te non piaceva comandare, e lui, evidentemente nella tua stessa lunghezza d’onda, aveva risposto che a lui non piaceva obbedire. E quale altra botta e risposta poteva esserci tra persone mature, responsabili ed intelligenti? Ma ci vuole così tanto a capire che una parrocchia non è una caserma?

Per tornare all’articolo di Daniela, vengo a sapere che il nuovo parroco –  che a mio parere, se nel frattempo non ha cambiato “testa”, ha bisogno di un luuuungo ritiro, spirituale e specialmente umano – avrebbe replicato nel paesello vicino, trovando però delle persone che, evidentemente preparate, hanno pensato di non subìre passivamente l’atteggiamento intimidatorio microfonato (ah, il potere di avere un microfono a portata di bocca!).

Qualche giorno dopo c’è stato un incontro pubblico, mediato dall’abate del monastero. Presenti i componenti dei comitati, coi quali sembra che la diatriba sia sorta. Voleva essere un momento di confronto. Indovinate chi mancava? Appunto. È la testa che questo giovanotto dovrebbe cambiare, e ammettendo che ciò sia ancora possibile, nel frattempo potrebbe fare altro, per esempio l’eremita e vivere coi prodotti dell’orticello curato con la sua fatica.

Scusami, Tonino, ma sai come son fatto. Se una cosa mi frulla dentro, ho bisogno di esternarla, e parlarne con te mi ha risollevato.

Ti lascio con un forte abbraccio, don Tonì, e stai tranquillo che so bene cosa pensi, anche se non ti sei sprecato in parole. Quel sorrisino che hai è più che sufficiente.

dn antonio 2

Ascolta questa triste storia, don Tonì……ultima modifica: 2018-12-28T20:35:02+01:00da piero-murineddu
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